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Dov'è finita la Susy?

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Anche le teorie della fisica conoscono diverse età. Prendete il caso della teoria supersimmetrica (SUSY sia per gli amici che per i detrattori). Nata trent’anni fa per rispondere al problema fenomenologico di come “trattenere” la massa del bosone di Higgs al corretto valore senza compiere innaturali aggiustamenti dei parametri, questa teoria ha conosciuto una travolgente giovinezza in cui le sue ricche predizioni di nuove particelle hanno spesso suscitato entusiasmi di scoperta  poi rivelatisi falsi allarmi.

Arriviamo poi al momento della “maturità” di questa teoria: lo schema teorico si fa meglio definito e, soprattutto, gli esperimenti raggiungono una sensibilità che permette di ben sperare di vedere almeno alcune delle nuove particelle predette da SUSY. Ma né al LEP (CERN), né al Tevatron (Fermilab) risuona il grido “Terra SUSY in vista”! Ormai SUSY arriva ai suoi trent’anni che, per una teoria, è già una bella età e si profila anche il momento decisivo per decidere della sua esistenza: LHC entra in azione. Gli occhi di tutti, SUSY fans e scettici, si appuntano sui primi risultati che provengono dal CERN con LHC che procede ancora ad un’energia che è la metà di quella che raggiungerà nel suoi massimo sviluppo. E’ previsto che LHC possa avere una produzione copiosa in particolare di particelle SUSY che sono i partner dei quark e della colla nucleare (gluoni) che costituiscono i nuclei degli atomi.

Con una certa ansia, guardiamo ai primi risultati che vengono da LHC, ma non vediamo nessun segnale né di queste né di altre particelle SUSY. Ed ecco che allora quel nervosismo per SUSY che già serpeggiava negli anni di LEP, ora diventa più manifesto con i primi risultati di LHC. E, infatti, pochi giorni fa Nature News (http://www.nature.com/news/2011/110228/full/471013a.html) fa emergere questa “crisi di mezza età” dell’ormai “matura” signora SUSY. Tuttavia, va detto con molta chiarezza che SUSY non predice con precisione quale massa dovrebbero avere le nuove particelle. Non siamo, purtroppo o per fortuna, nella stessa situazione in cui si trovava Carlo Rubbia quando, insieme alla sua collaborazione, andava a caccia del bosone W: in quel caso si conoscevano in grande dettaglio proprietà e massa del “ricercato”.

Qui noi possediamo un identikit accurato delle particelle SUSY, ma in cui manca l’elemento più importante, il valore delle loro masse. Sappiamo che, proprio per svolgere la funzione di “stabilizzare” correttamente la massa del bosone di Higgs, senza dover ricorrere ad eccessivi aggiustamenti fini dei parametri, la scala delle masse SUSY non deve andare oltre qualche TeV (teraelettronvolt). Al momento LHC non ha ancora sondato tutta questa regione. Quello che è importante, però, è che alla fine del presente run, cioè alla fine del 2012, LHC ci permetterà di vedere se esistono SUSY quark o SUSY gluoni di massa sino al TeV. E’ chiaro che se tra un paio di anni non si vedrà traccia della “Terra SUSY” all’orizzonte, allora bisognerà interrogarsi seriamente sull’esistenza di SUSY.

Un mio professore diceva che quando una teoria è “bella”, la Natura non può non realizzarla. Temo che questa affascinante affermazione non sia un teorema. In questa appassionante sfida per svelare che cosa stia al di là del Modello Standard, la Natura sembra darci segnali contraddittori: da una parte  SUSY ci strizza l’occhio provvedendo il miglior candidato che abbiamo sinora per render conto della Materia Oscura dell’Universo e mostrandoci che la presenza delle particelle SUSY con massa nell’intervallo di cui sopra garantisce un’eccellente unificazione delle interazioni fondamentali. Dall’altra, però, SUSY si ritrae timidamente nascondendosi ai nostri occhi che si sono chiamati LEP e Tevatron e che ora si chiamano LHC.

Ma è solo timida o è un nostro sogno? SUSY rimane una grande sfida, una delle più belle che la nostra mente abbia concepito e un mistero il cui velo sta per alzarsi grazie alla fisica di LHC.   


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Crediti: Foto di Katie Rainbow/Unsplash

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