fbpx Cuore di cristallo | Scienza in rete

Cuore di cristallo

Read time: 2 mins

Uno studio riconduce lo strano comportamento delle onde sismiche attraverso il nucleo centrale della Terra alla presenza di particolari forme cristalline del ferro. L'orientamento dei cristalli permetterebbe la maggiore velocità delle onde nel percorso da polo a polo.
Il lavoro, recentemente pubblicato su PNAS, è opera di un team di ricercatori coordinati dal geologo Maurizio Mattesini dell'Universidad Complutense de Madrid e ha preso in esame, grazie a dettagliati e innovativi modelli, il comportamento delle onde sismiche in presenza di differenti forme di cristallizzazione degli atomi di ferro, l'ingrediente principale del nucleo più interno del nostro pianeta.
I modelli solitamente impiegati, infatti, descrivono la cristallizzazione del ferro del nucleo secondo un reticolo esagonale compatto (hcp – hexagonal close packed). Mattesini e colleghi, invece, hanno aggiunto nei loro modelli un guscio esterno dello spessore di un centinaio di chilometri costituito da ferro cristallizzato nel sistema cubico a corpo centrato (bcc – body centered cubic). Secondo i ricercatori circa un quarto di questo guscio sarebbe orientato lungo l'asse di rotazione terrestre mentre il resto avrebbe un orientamento casuale e si mescolerebbe sia con gli strati silicei esterni al nucleo sia con il ferro hcp del nucleo più interno.
Sarebbe proprio l'allineamento con l'asse di rotazione terrestre all'origine del differente comportamento delle onde sismiche, che risultano muoversi più rapidamente quando viaggiano da un polo all'altro mentre sono più lente nel percorso est-ovest.

Wired

Autori: 
Sezioni: 
Geofisica

prossimo articolo

Pubblicare in medicina: un libro sui problemi (e le possibili soluzioni) dell'editoria scientifica

Un’industria ipertrofica cresciuta a spese dei meccanismi di produzione culturale della scienza. Un’industria dai profitti enormi e senza margini di rischio, capace di farsi credere indispensabile da chi la ingrassa credendo di non avere alternative. Il libro di Luca De Fiore, documentatissimo e spietato, procede per quattordici capitoli così, con un’analisi di rara lucidità sui meccanismi del, come recita lo stesso titolo, Sul pubblicare in medicina. Con il quindicesimo capitolo si rialza la testa e si intravede qualche possibile via d’uscita. Non facile, ma meritevole di essere considerata con attenzione soprattutto da chi, come ricercatore, passa la vita a “pubblicare in medicina”, o a cercare di.

A spanne il problema lo conosciamo tutti. Per fare carriera, un ricercatore ha bisogno di pubblicazioni. Le pubblicazioni, per definizione, devono essere pubblicate, e a pubblicarle sono le riviste scientifiche. Ma siccome, dicevamo, il ricercatore ha bisogno di pubblicare, i suoi articoli li regala alla rivista, anzi li manda speranzoso di vederli in pagina.