fbpx Mezzogiorno di Scienza: raccontare gli scienziati del Meridione | Scienza in rete

Mezzogiorno di Scienza: raccontare gli scienziati del Meridione

Marco Taddia racconta Mezzogiorno di Scienza. Ritratti d’autore di grandi scienziati del Sud (Dedalo, 2020), il libro curato da PIetro Greco e uscito poco prima della sua morte. Un libro nel quale si cerca di correggere l'anomalia per la quale, nota Greco nella prefazione, della scienza realizzata nel Meridione si parla come di “un fatto autonomo se non marginale”.

Crediti immagine: Tatiana Rodriguez/Unsplash

Tempo di lettura: 5 mins

Il nostro Pietro Greco, nella concisa ma densa prefazione a un libro uscito poco prima della sua morte (Mezzogiorno di Scienza. Ritratti d’autore di grandi scienziati del Sud, Dedalo, 2020), fa una giusta osservazione che riguarda in primo luogo gli storici della scienza. Egli ci fa notare che mentre della scienza realizzata in Toscana, o da toscani, in Emilia-Romagna o da emiliani e romagnoli, in Lombardia o da lombardi si parla -giustamente- di scienza e scienziati italiani, della scienza realizzata nel Meridione si parla come di “un fatto autonomo se non marginale”. Il libro da lui curato s’incarica di correggere questa anomalia ed è convinzione di chi scrive che dovrebbe essere meglio conosciuto, specialmente dai giovani.

Non è il primo che meriterebbe questo riconoscimento. Recentemente, nel corso di una trasmissione radiofonica andata in onda su Radio 3, abbiamo ascoltato la scienziata Lucia Votano parlare di “Femminile futuro” per la rubrica Uomini e Profeti. Votano, come si sa, è un’esperta di fisica extraparticellare ed è stata direttrice dei laboratori del Gran Sasso dal 2009 al 2012. Il suo intervento si può riascoltare qui. Nel corso della trasmissione sono stati letti alcuni brani della premessa del primo dei cinque volumi  della collana La scienza e l'Europa di Pietro Greco (1955-2020), e Votano ha affermato che anche questi libri dovrebbero essere letti nelle scuole. L’ultimo della serie, uscito nel 2019 (Scienza in rete ne ha parlato qui) riguarda il periodo che va dal secondo dopoguerra a oggi.

Ricordiamo che a partire più o meno dalla metà degli anni Ottanta, Pietro Greco ha firmato, oltre a un numero imprecisato di articoli giornalistici (più di trecento solo su Scienza in rete), anche tanti libri il cui elenco si può leggere qui. In una decina di essi compare come coautore, mentre di Mezzogiorno di scienza è stato, come si diceva, solo il curatore. Negli ultimi tempi il suo impegno di scrittore si era ancor più intensificato, visto e considerato che, oltre al volume qui recensito, nel solo 2020 sono usciti altri sette libri, quattro dei quali a firma unica. Questo libro si interessa soltanto di scienza e scienziati di una specifica parte del nostro Paese ma, come scrive Greco “vuole aprire l’orticello meridionale, non chiudersi al suo interno” e dimostrare che il Sud non è un deserto pietroso ma un terreno quanto mai fertile per la sua capacità di dare i natali e formare grandi intellettuali e scienziati.

La sua convinzione, più volte ribadita, è che siamo testimoni del passaggio verso la società della conoscenza e dunque dell’economia fondata sulla conoscenza. La scienza, scrive Greco, “ha un ruolo centrale nella nostra società e nella nostra economia: è il primum moves”. Però, come scrive anche Joseph Stiglitz (Nobel per l’economia 2001), molte sono le promesse infrante della società e dell’economia (globalizzate) della conoscenza. In primo luogo le disuguaglianze, che impongono l’evoluzione verso una società democratica della conoscenza. Il nostro Meridione presenta un quadro di perdurante inadeguatezza delle strutture istituzionali, le sue università continuano a lamentare carenze strutturali, molti giovani si spostano altrove per laurearsi e una volta terminati gli studi sono costretti a migrare verso il Centro e il Nord del Paese, se non all’estero. Conclude Greco: “La società democratica e l’economia solidale della conoscenza sono uno dei pochi-se non l’unico- strumento che ha oggi il Mezzogiorno d’Italia per uscire fuori dalle sue rinnovate difficoltà”.

Il libro raccoglie quattordici brevi biografie di scienziati e scienziate del nostro Meridione, firmate ciascuno da uno studioso della stessa parte d’Italia. Quasi la metà sono campani, nati a Napoli e provincia, cui si aggiunge la chimica Maria Bakunin (1873-1960) che, pur essendo nata in Siberia (Krasnojarsk), ha vissuto per tutta la vita, a partire dai tre anni di età, nella città partenopea. Oltre ai campani troviamo quattro siciliani, tre di Palermo e uno di Catania, due leccesi e un catanzarese. I chimici prevalgono (Cannizzaro, Bakunin, Marotta, Giordani), insieme ai matematici (Picone, Caccioppoli, De Giorgi). Seguono due fisici (Majorana, Caianiello), un ingegnere-geologo (Ippolito), un biologo (Dulbecco), uno zoologo-entomologo (Costa) e un medico-naturalista (Cirillo).

È volutamente rimasta fuori da questa sommaria classificazione, visto il profilo interdisciplinare, Filomena Nitti (1906-1994), autrice con il marito Daniel Bovet (1907-1992) di Structure et activité pharmacodynamique des médicaments du système nerveux végétatif (1948), un pietra miliare della chimica terapeutica, frutto delle ricerche condotte presso l’Istituto Pasteur di Parigi. Nella recensione di Science, apparsa nel 1951, si legge che dovrebbe trovarsi in ogni biblioteca e che è raccomandato a chiunque lavori nel campo. I due erano tornati in Italia l’anno prima e diedero inizio ad una esaltante avventura scientifica presso l’Istituto Superiore di Sanità, che porterà il marito al Nobel nel 1957. Il ritratto di Filomena, firmato da Francesca Buoninconti, naturalista di formazione e giornalista a Radio3 Scienza, è probabilmente uno dei meglio riusciti dell’intera serie, con un sapiente dosaggio delle proporzioni fra vicenda umana, scientifica e valutazione della posizione femminile della scienza.

Spiace non poter citare tutti i ritratti e i relativi autori, tra cui troviamo lo stesso Greco, che si è occupato del chimico palermitano Stanislao Cannizzaro (1826-1910). A proposito degli assenti ci sarebbe piaciuto ritrovare nella galleria anche il calabrese Raffaele Piria (1814-1865), che con la sua Scuola di Pisa diede origine alla chimica italiana moderna.

Tornando alla trasmissione citata all’inizio, è una felice coincidenza che pure Lucia Votano (Villa S. Giovanni, 1947), liceo a Reggio Calabria, sia un ottimo esempio del contributo a quello che Greco, nel suo libro, ha definito “grande ecosistema cognitivo globale”, tuttora in grado di ricavare anche dal nostro Meridione la sua linfa vitale.

 

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Alimentazione sostenibile: imparare dalla preistoria

Dimostrazione cottura preistorica

Il progetto  Onfoods in prehistory ha voluto comprendere e ricostruire l’eredità di una agricoltura sostenibile nata nella preistoria, migliaia di anni, fa e in grado oggi di rappresentare un modello di riferimento. E lo ha fatto con particolare attenzione alla condivisione di questi valori con un pubblico più ampio possibile, sottolineando quanto si può imparare dalla ricerca archeologica e dalle comunità dell’età del Bronzo in termini di alimentazione sostenibile. Ce ne parla il gruppo di ricerca che ha portato avanti il progetto.

Nell'immagine: attività di archeologia sperimentale dimostrativa con cottura di una zuppa di lenticchie e una di roveja, con ceramiche riprodotte sperimentalmente sulla base dei reperti ceramici del villaggio dell’età del Bronzo di Via Ordiere a Solarolo (RA).

Pluridecennali ricerche sul campo, condotte da Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’Università di Bologna, e dal suo team, hanno permesso di riconoscere nell’Età del Bronzo il momento in cui si è definito un profondo legame tra la conoscenza del territorio e la sostenibilità della gestione delle sue risorse. Questa caratteristica ha infatti consentito alle comunità dell’epoca di prosperare, dando vita a villaggi sempre più stabili e duraturi nel corso del tempo.