Non è ancora un trattamento capace di far sparire tutti gli effetti provocati da quel cromosoma 21 in più che provoca la sindrome di Down: per ora i ricercatori statunitensi e canadesi che hanno pubblicato i loro risultati su Nature hanno solo corretto il difetto in colture di cellule staminali prelevate a questi pazienti. Ma non è poco come primo passo per la cura di una condizione che finora sembrava difficile trattare, così come le altre in cui l’anomalia non riguarda un solo gene ma un intero cromosoma. «Abbiamo preso spunto da quel che accade normalmente nello sviluppo degli embrioni femminili sani, in cui l’espressione genica di uno dei due cromosomi X viene bloccata» spiega Jeanne B. Lawrence, dell’Università del Massachusetts, che insieme con Fyodor Urnov, della californiana Sangamo BioSciences, ha coordinato la ricerca. Ciò avviene grazie a un singolo gene chiamato XIST, che produce una molecola di RNA non codificante ma capace di rivestire il cromosoma X mettendolo a riposo. «Abbiamo quindi provato a inserire questo stesso gene nel cromosoma 21 di cellule staminali pluripotenti con l’anomalia tipica della sindrome di Down, cioè la trisomia del cromosoma 21» prosegue la ricercatrice, «e abbiamo ottenuto lo stesso risultato: il cromosoma in eccesso è stato per così dire “impacchettato” e messo fuori uso. E, quel che è più interessante, ciò ha provocato subito la scomparsa delle anomalie di crescita delle cellule staminali, e, soprattutto, la loro difficoltà a differenziarsi verso il tessuto nervoso». Roberta Villa
Nature, published online 17 July 2013
