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In ricordo di Enrico Bellone

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Il 16 aprile scorso si è spento nella sua città natale, Tortona, Enrico Bellone, uno storico e filosofo della scienza di valore, un serio e impegnato divulgatore, un intellettuale militante come ce ne sono pochi oggi nel nostro Paese che pure ne avrebbe soverchio bisogno.

Nato il 14 agosto del 1938, Bellone si era laureato in fisica a Genova nel 1962 con Antonio Borsellino uno dei pionieri della biofisica e della cibernetica italiane. Proprio nel gruppo di biofisica, diretto da Borsellino nell’allora Istituto di Fisica di Genova, Bellone era stato ricercatore CNR tra il 1963 e il 1966. Questi suoi interessi scientifici giovanili segneranno il suo approccio maturo alla storia e alla filosofia della scienza, come emerge chiaramente dalla sua produzione scientifica, a partire in particolare dal 1992, nel Saggio naturalistico sulla conoscenza edito da Bollati Boringhieri e fino alla suo ultimo libro, uscito solo un mese fa per i tipi della Codice Edizioni, Qualcosa, là fuori. Come il cervello crea la realtà.

Dopo il 1966 Bellone aveva rivolto le sue ricerche alla storia e alla filosofia della scienza, formandosi alla scuola di Ludovico Geymonat insieme ad alcuni dei maggiori esponenti del settore come Ettore Casari, Marisa Dalla Chiara, Giulio Giorello. Nel 1980 vince il concorso a cattedra di prima fascia per la storia della scienza e insegna storia della fisica prima a Lecce (tra il 1980 e il 1982) e poi a Genova. Dal 1994 viene chiamato sulla neonata cattedra “galileiana” di storia della scienza dell’Università di Padova (una delle quattro cattedre istituite da Antonio Ruberti nelle quattro “città galileiane”: Firenze, Padova, Pisa e Roma) dove rimane fino al 2000. Dal 2001 si trasferisce sulla cattedra di storia della scienza dell’Università Statale di Milano, dove ha continuato a insegnare, anche dopo il pensionamento anticipato del 2007, fino a quest’anno.

Nel frattempo, dal 1996, Bellone era succeduto a Felice Ippolito nella carica di direttore editoriale della rivista Le Scienze (la versione italiana della famosa rivista Scientific American), e dal 2003 aveva diretto anche la rivista Mente&Cervello da lui ideata, lasciando la direzione di entrambe nel 2008.

Personaggio di vasta cultura, dall’eloquio affascinante che ne faceva un ottimo didatta e un conferenziere assai apprezzato, Bellone si era occupato degli sviluppi della scienza dalla rivoluzione scientifica dei secoli XVI e XVII fino al XX secolo. E aveva raggiunto vertici di raffinatezza esegetica e argomentativa specialmente nei suoi contributi centrati sull’opera di Galileo e sulla sua eredità, in quelli che trattano della seconda rivoluzione scientifica (memorabile il saggio Il mondo di carta. Ricerche sulla seconda rivoluzione scientifica, Mondadori 1976), e nelle pagine dedicate alla relatività di Einstein e all’evoluzione delle nozioni di spazio e tempo. Ma la storia e la filosofia della scienza erano per Bellone anche strumenti preziosi della sua militanza intellettuale che si è esplicata prima di tutto nella direzione di Le Scienze e di Mente&Cervello. I suoi interessi di ricerca erano infatti da lui interpretati anche come la chiave di volta per realizzare la diffusione di cultura scientifica in Italia, un Paese che proprio a causa di una scarsa valorizzazione della scienza e della tecnica è “un paese in via di sottosviluppo”, come amava ripetere citando le parole di un collega e amico, Giuliano Toraldo di Francia.

Grazie al suo impegno la rivista Le Scienze aveva enormemente ampliato la sua tiratura. Questo successo era dovuto in larga parte al fatto che, mentre fino al 1996 Le Scienze erano essenzialmente costituite dalla traduzione italiana degli articoli che comparivano su Scientific American, con Bellone viene dato uno spazio crescente a contributi originali provenienti da ricercatori italiani. In questo non c’era nessun intento sciovinista: Bellone sapeva bene infatti che la cultura scientifica è un patrimonio dell’umanità e non di questo o quel campanile. C’era invece in questa sua scelta la volontà di valorizzare le eccellenze che il nostro Paese era stato ed è in grado di esprimere in numerosi settori della scienza agli occhi di un’opinione pubblica distratta e di una classe politica sempre più inadeguata di fronte alle esigenze di una moderna democrazia. E, simmetricamente, c’era in questa sua politica editoriale l’intento di stimolare gli scienziati italiani a impegnarsi nella diffusione di cultura scientifica, troppo spesso considerata, a torto, marginale dalla nostra comunità scientifica.

Mentre il malessere del nostro Paese aumenta, mentre cresce il disprezzo di larga parte della classe politica per la cultura, e segnatamente per la cultura scientifica, mentre presunte epocali riforme della scuola, dell’università e degli enti pubblici di ricerca cominciano a palesare i loro nefasti esiti, mentre la libertà di insegnamento e di ricerca viene ipotecata, il drappello di coloro che perseguono un’inversione di tendenza perde con Bellone un autorevole punto di riferimento. A noi e alle giovani generazioni l’onere di farsi carico di una rinascita italiana alla quale per tutta la vita Enrico Bellone si era dedicato.

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