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Intervista a Ilaria Capua

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Prosegue il nostro viaggio tra i protagonisti del Festival della Scienza, questa volta abbiamo incontrato Ilaria Capua, la strong lady della ricerca scientifica. Secondo Scientific American è tra i 50 scienziati più importanti al mondo. Grazie alle sue ricerche ma anche alle sue idee sul mondo della ricerca, la rivista americana Seed, l’ha eletta “mente rivoluzionaria” per il 2008.

Uno dei suoi interventi qui al Festival ha come titolo:”Immaginazione, differenza, personalità”, ci può dare il significato per lei di questi tre parole?

L’immaginazione è credere in quello che non vedi, ma che però riesci a percepire. La parola differenza è molto importante nel mondo della scienza, l’incontro di persone con idee e caratteri diversi è fondamentale per riuscire a portare avanti una ricerca di alto livello. Ma per poter aver successo c’è bisogno di personalità, essere determinati a raggiungere il proprio obiettivo.

Il tema del dibattito sono le donne e il loro contribuito alla scienza e all’innovazione, come mai in Italia ancora non riescono ad emergere?

Le donne sono una risorsa. Studiano di più, si laureano prima ma per poter emergere, come racconto anche nel mio ultimo libro, devono essere eroiche. E’ un peccato che molto spesso questo potenziale rimanga inespresso. Diventano facilmente ricercatori ma puoi vuoi per maschilismo, burocrazia o altre motivazioni non riescono ad andare avanti. Donne portate nel mondo della ricerca ce ne sono tante ma spesso si perdono per strada o non riescono a farsi carico della fatica. Se si vuole emergere bisogna mettersi in gioco per far si che tutto ciò che si desideri diventi realtà, bisogna osare di immaginare di vincere il Nobel, di essere in grado di individuare nuovi orizzonti.

Come si può cambiare questa situazione?

La strada da seguire è quella della valorizzazione del merito, solo tenendo conto delle competenze e dei risultati le donne avranno la possibilità di poter uscire dall’anonimato. Noi donne però dobbiamo fare anche autocritica, non bisogna pensare perché si fa parte del sesso definito debole, ci devono essere abbonate alcune tappe. Nessuno ci fa sconti. Solo le donne hanno la fortuna di vivere la maternità, ma molte la subiscono, la vivono come una malattia. Durante questo periodo non bisogna spegnare il cervello perché poi al ritorno al lavoro nessuno ci regala niente. Le donne che hanno talento devono capire che ci sono momenti cruciali, occasioni da prendere al volo, il problema che la maternità in Italia è ipertutelata. Non bisogna “abbandonare” la propria vita di donna, si può riuscire a conciliare il “lato A” insieme al “lato B”. 

E’appena uscita, sulla rivista Journal of Virology, la sua ultima ricerca, nella quale viene dimostrato che i virus dell'influenza di tipo A sono capaci di crescere nel pancreas umano, suggerendo un possibile legame tra l'influenza e il diabete di tipo 1. Come siete arrivati a tale conclusione?

Il nostro punto di partenza è stato quello di utilizzare un approccio interdisciplinare, abbiamo osservato infatti che negli animali i virus influenzali crescono nel pancreas. Ci siamo chiesti allora, se la stessa cosa accade nell'uomo. Innanzitutto è stato necessario rispondere alla questione: può un virus influenzale favorire il diabete? Abbiamo coltivato i virus influenzali su tessuti di pancreas umano provenienti da donatori afferenti al Centro del San Raffaele di Milano. Costatato che i virus crescono sull'intero tessuto, abbiamo utilizzato un modello animale come il tacchino, l'animale più sensibile ai virus influenzali. Gli animali sono stati infettati con virus influenzali non letali, simili a quelli che colpiscono l'uomo. Tutti gli animali hanno sviluppato pancreatite e alcuni anche il diabete di tipo I. L'ipotesi che, nei soggetti predisposti, l'influenza possa essere un fattore scatenante del diabete, potrebbe aprire nuove strade. Se l'ipotesi verrà confermata, l'impatto potrebbe essere enorme: considerando i costi sociali ed economici del diabete, poter ridurre anche solo il 5% dei casi del diabete di tipo 1 sarebbe una vittoria per la salute pubblica.

Come sta il mondo della ricerca in Italia?

In Italia non ci sono mai stati tanti soldi per la ricerca, si è sempre investito poco e questo lo paghiamo e lo pagheremo come Paese. Ma i ricercatori italiani devono essere più pronti a confrontarsi in una dimensione almeno europea, vendere le loro idee all’estero. La ricerca per essere competitiva deve essere di livello internazionale. Ma anche in Italia ci sono ricercatori molto validi che riescono comunque a trovare fondi all'estero. Ci sono dei centri di eccellenza gestiti da eroi. Se sei un eroe riesci a fare. Ecco bisognerebbe tutelare questi eroi, se lasciassero il nostro Paese sarebbe una tragedia. Bisogna preservare queste “coraggiosi” come se fossero una specie in via di estinzione.


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