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Dal Bosco della Fontana all'Alto Garda: lungo il Mincio e il Lago di Garda

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Varcare la soglia del Bosco della Fontana verso l'esterno è come proiettarsi al di fuori di un sacco amniotico fatto di ombra benefica, soprattutto oggi che luglio comincia con le sue calure, silenzio impenetrabile, specie ora che ferve la mietitura tra i campi di granturco, e, in sostanza, riparo, nel senso primordiale del termine. Ma dobbiamo tornare alla realtà. E proprio al di fuori del nostro rifugio alberato alla maniera pre-romana, ci sfila davanti un magnifico airone bianco in volo planato. Lo prendiamo come un segno positivo. La natura ci accompagna anche laddove essa sembra aver lasciato posto alla “civiltà agricola”.

La ciclabile del Mincio segue il corso di questo fiume incrociando canali che smistano le acque in mille e mille campi, a volte presidiati da piccoli edifici agricoli. Il percorso non offre molto dal punto di vista naturalistico; pochi gli uccelli che vediamo, anche se siamo lontani dalle strade percorse dalle automobili nonché dai centri abitati. “Un cormorano!”, grida alla truppa Gerri Stefani, il nostro ornitologo-ciclista. Poi, una gallinella che taglia la strada alle nostre bici, qualche germano reale in un canale secondario, alcuni tuffetti, così detti perché, appunto, si tuffano nell'acqua in maniera affatto equivoca. La ciclabile confluisce nel Parco del Mincio. Ormai prossimi al Lago di Garda, ci fermiamo a Borghetto sul Mincio, dove i mulini antichi perfettamente conservati ci ricordano che l'acqua non è buona solo da bere ma anche indispensabile all'uomo, e da tempo immemore, per produrre energia trasformata in lavoro di ogni genere, come la macina dei cereali in primis.

Arriviamo a Peschiera e i bastioni posti alla confluenza dei due canali emissari del Garda, dai quali in pratica nasce il Mincio, sembrano messi lì apposta per introdurci alla maestosità del “grande mare interno d'Italia”. Il Benaco, anche noto come Garda, è il lago con il maggior volume d'acqua del nostro paese. Ha una geomorfologia molto particolare: la parte meridionale è ampia e profonda poche decine di metri, mentre quella settentrionale è lunga, stretta e profondissima, quasi abissale, per essere solo un lago. La profondità tocca i 350 metri; svariate volte maggiore di quella del mare Adriatico ad una latitudine analoga. Il Garda è un “macrosito” (perché composto da più di una stazione di campionamento) della Rete LTER Italia. Responsabile delle ricerche ecologiche a lungo termine sul Garda è Nico Salmaso, che incontreremo questa sera.

Da Peschiera raggiungiamo Sirmione, la città natale del poeta Virgilio. Ma anche la sede di una importante stazione di ricerca ecologica di lungo termine, che si trova nella parte alta della penisola di Sirmione, proprio a ridosso delle rinomate terme di Virgilio. Claudia Giardino e Mariano Bresciani del CNR-IREA (Istituto Per Il Rilevamento Elettromagnetico Dell'Ambiente) di Milano ci accompagnano nella visita alla “Stazione Sperimentale del CNR Eugenio Zilioli", intitolata dal 2005 a colui che è stato il primo responsabile dell'Unità di Milano dell'IREA. La stazione si chiama così per ricordare questo scienziato, prematuramente scomparso, e l'immenso impegno che egli ha sempre dedicato alle attività di divulgazione ed educazione ambientale. Un piccolo edificio giallo, con molo annesso, qualcuno di noi si tuffa nelle acque chiare ma non troppo del lago per lavar via la fatica dei 50 e passa km fatti questa mattina sotto il sole. 

«Qui facciamo tantissime cose» comincia Mariano, «questa porzione di lago è una importante area di test dove si compiono attività di calibrazione e validazione dei dati satellitari; ovvero sia, i dati rilevati da satellite inerenti, ad esempio, la clorofilla inclusa nelle microalghe che popolano il lago sono confrontati con i valori rilevati direttamente campionando l'acqua». Qui si studia il fitoplancton, ovvero la componente vegetale della comunità di organismi microscopici che vivono sospesi nelle acque di fiumi, laghi, mari ed oceani: il plancton. Organismi minuscoli ma con un'importanza immensa per la terra e i suoi abitanti, noi compresi: il plancton produce complessivamente la metà dell'ossigeno che respiriamo ed è alla base della catena alimentare acquatica, alla quale noi stessi attingiamo, tanto per fare un paio di esempi.

«Ma qui non studiamo solo il plancton, analizziamo anche come cambiano nel tempo le comunità di macrofite sommerse (un gruppo eterogeneo di organismi vegetali, tanto piante quanto alghe macroscopiche) e la vegetazione costiera, come quella composta dai canneti», continua Mariano. Come se ciò non bastasse, i nostri amici del CNR-IREA fanno anche monitoraggio di parametri bio-fisici macro descrittori della qualità dell'acqua, come ad esempio i metalli pesanti ed inquinanti organici (come composti del benzene), ma lo fanno partendo da serie d’immagini prese da satellite ed aerei. Per finire, i ricercatori raccolgono dati chimici e fisici delle acque nelle zone costiere campionandole direttamente. Grazie al monitoraggio costante dell'ambiente costiero attraverso un approccio integrato e la collaborazione con il Comune di Sirmione, i ricercatori del CNR-IREA sono tra i principali fautori del colore blu della bandiera che sventola sulle acque del basso Garda, letteralmente invaso da bagnanti, in gran parte stranieri.                           

Concludiamo il nostro incontro con Mariano Bresciani e i ricercatori della Stazione Zilioli di Sirmione sul traghetto che ci condurrà in Trentino. Mariano, che ci segue per un tratto di navigazione, ci mostra il WISP, ovvero uno strumento user-friendly per il monitoraggio della qualità dell'acqua che prende a riferimento, ad esempio, la clorofilla prodotta dalle microalghe; anche se benefiche per molti aspetti, le microalghe del plancton possono dar vita ad esplosioni demografiche, i cosiddetti bloom, che creano problemi di vario genere, dei quali vi parleremo fra poche righe. In pratica, lo strumento WISP rileva, attraverso misure spettrometriche, il “colore” dell'acqua e traspone questa misura in concentrazione di clorofilla, senza la necessità di campionare direttamente ed analizzare il campione in laboratorio.

Lasciamo Mariano, ribattezzato “il pistolero della clorofilla” (lo strumento sembra infatti un grossa pistola) e proseguiamo verso l'Alto Garda, verso il Trentino “di mare” dove la navigazione a motore è interdetta. Da qui in poi, traghetto a parte, si va solo a vela. E, durante la lunga tratta, alcuni dei nostri ciclo-scienziati, circondati da turisti in assetto balneare, approfittano per raccogliere qualche campione di plancton calando un retino di campionamento dal ponte del battello – mentre altri (come i sottoscritti) aggrediscono le tastiere per scrivere questo reportage. I “bravi campionatori” sono Davide Di Cioccio ed Andrea Zignin, ecologo marino il primo, educatore con un passato da limnologo (studioso di laghi) il secondo.

Nico Salmaso, ricercatore della Fondazione Edmund Mach, già Istituto Agrario di S. Michele all'Adige, ci accoglie nella splendida cornice di “Palazzo dei Panni” ad Arco (TN), dove l'Associazione Rotte Inverse, in collaborazione con il Parco Fluviale della Sarca, ha organizzato una conferenza pubblica. Nico è a capo del gruppo “Idrobiologia” della FEM e ci parla delle indagini a lungo termine che conduce sul Garda da ben 25 anni, con un campionamento mensile nella parte più profonda del lago. In pratica, il dott. Salmaso ha trascorso gran parte della sua vita a studiare questo lago, prima all'Università di Padova e poi alla Fondazione Mach, e le sue ricerche sono memoria storica dei cambiamenti avvenuti in questo ambiente che è la maggior riserva d'acqua dolce d'Italia.

«Nel corso delle nostre ricerche abbiamo rilevato cambiamenti piuttosto marcati nelle acque di questo lago, sia dai punti di vista fisico e chimico, tanto da quello biologico. Ad esempio, mettendo in rete i nostri dati con quelli raccolti in moltissimi altri laghi in tutto il mondo, abbiamo dimostrato che questi ambienti, a causa del cambiamento climatico, si sono riscaldati molto più rapidamente dell'aria ad essi sovrastante», afferma Nico. Ciò può avere effetti importanti a livello biologico, come la proliferazione di microalghe che producono tossine pericolose per la salute umana, come i cianobatteri. Queste tossine possono infatti risalire la catena alimentare planctonica ed arrivare fino ai pesci che mangiamo.

Nico ci racconta in maniera appassionata e quasi “umanistica” alcune delle ricerche che lui e il suo gruppo hanno condotto sul Garda. Ci mostra come, da quanto emerso da trattati di botanica lacustre conservati all'Università di Padova e da lui recuperati, alcuni tra i più pericolosi cianobatteri siano comparsi solo agli inizi del novecento nelle acque del lago. Facendo parte del fitoplancton, i cianobatteri sono in grado di “colorare” le acque dei laghi, ovvero di modificare la loro trasparenza e quindi il grado di penetrazione della luce nell'acqua. «In origine, le misure di trasparenza sono state introdotte da Padre Pietro Angelo Secchi, poliedrico gesuita ottocentesco, inventore del cosiddetto Disco Secchi», continua Nico. E' questo uno strumento semplicissimo, in pratica un disco bianco legato ad una cima che, calato da una barca, consente di avere una stima della trasparenza dell'acqua semplicemente contando i metri di profondità fino ai quali il disco stesso è visibile. «Abbiamo confrontato i dati di trasparenza raccolti alla fine dell'Ottocento dal Garbini con quelli attuali: oggi la trasparenza nelle acque del Garda è praticamente dimezzata, a causa dell'aumento di microalghe», conclude Nico.

L'aumento di microalghe comporta una maggior probabilità di bloom di cianobatteri pericolosi per l'uomo. Il principale imputato è il fosforo, un nutriente essenziale alla vita delle microalghe e cosiddetto “fattore limitante” la loro proliferazione. Gli incrementi “innaturali” di fosforo nei laghi (ma anche nei fiumi e nel mare) sono legati allo scarico dei reflui della attività umane, anche quando “depurati”. «Anche per il fosforo siamo andati indietro nel tempo», continua Nico, «arrivando fino a 300 anni fa, attraverso l'indagine paleo-limnologica che sfrutta osservazioni sui sedimenti del lago: la concentrazione di questo elemento chimico è quasi triplicata in questo lasso di tempo». I cianobatteri, così come il resto del fitoplancton, anche se pericolosi per le diverse tipologie di tossine che producono, sono anche microorganismi molto belli, e Nico ce ne mostra alcuni in diapositiva. Proprio queste immagini sono il preludio per quello che avviene dopo, quando il dott. Salmaso, concluso il suo intervento e risposto ad alcune domande, ringrazia il suo ex-allievo Andrea Zignin, il quale prende la scena tirando fuori due microscopi. Piccoli e grandi, si ritrovano con gli occhi carichi di meraviglia attaccati agli oculari, per l'evento denominato “La vita in una goccia d'acqua”.       

Sorseggiando una tisana alle erbe, concludiamo questa tappa, lunga e faticosa più per i nostri occhi che per le nostre gambe, per via della varietà di ambienti che abbiamo attraversato. Il castello di Arco domina sulle nostre teste di viaggiatori a pedali. Domani si lascia l'ultimo lembo di mediterraneità, il Garda e i suoi limoneti, il suo turismo velico e balneare e i suoi cianobatteri. Si va a nord.

Foto di Antonio Bergamino

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