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Reati ambientali: prevenire e reprimere con la governance

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Ottime riforme, buone normative, enti di ricerca eccellenti e competenze diversificate: strumenti necessari ma non sufficienti per traguardare gli obiettivi e vincere le sfide imposte dalla incessante evoluzione scientifica e tecnologica. Evoluzione che deve essere governata, perché se da un lato contribuisce allo sviluppo umano, allo stesso tempo mette a dura prova il contesto socio-ambientale e organizzativo in cui viviamo. L’equilibrio del sistema è affidato a organizzazioni pubbliche, nazionali e sovranazionali, che devono stare al passo con l’evoluzione - eventualmente prefigurandola - per tenere sotto controllo il consumo delle risorse e prevenirne il depauperamento. E’ compito dei governi creare e mantenere le condizioni affinché ciò possa verificarsi, evitando di introdurre continue riforme che spesso non arrivano neppure alla loro completa attuazione.  

La disciplina IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) è una direttiva quadro mirata ad ottenere un alto livello di protezione dell’ambiente in tutti i comparti ambientali attraverso l’attuazione delle politiche comunitarie in materia di prevenzione e riduzione integrata dell’inquinamento da fonte industriale. Emanata nel ’96, l’Autorizzazione Integrata Ambientale (AIA) è stata recepita nell'ordinamento ambientale nazionale nel 2005 ed è lo strumento principale di attuazione della disciplina IPPC. La prima AIA è stata rilasciata in Italia nel 2007 e dei circa 200 impianti industriali interessati, dieci (4 centrali termiche e 6 impianti chimici) sono ancora in attesa del rilascio della prima Autorizzazione da parte del Ministero dell’Ambiente.  

L’ISPRA (Istituto Superiore per la Protezione e la ricerca Ambientale) svolge attività di vigilanza e controllo tecnico amministrativo in campo ambientale per le verifiche inerenti l’attuazione dell’AIA sugli impianti industriali di competenza statale. Un’attività complessa che richiede competenze multidisciplinari e multisettoriali con una relativa discrezionalità nella valutazione delle implicazioni ambientali, sanitarie e socio-economiche dei contesti in cui sono ubicati gli impianti. Si tratta di centrali elettriche, impianti chimici, raffinerie, acciaierie, piattaforme di rigassificazione off shore...Impianti industriali inquinanti che devono essere gestiti da ISPRA con un livello di conoscenza, efficienza e efficacia almeno pari a quello delle organizzazioni (Eni, Enel, Ilva, …) con cui si confronta e con una struttura organizzativa adeguata, sia a livello centrale che sul territorio nazionale.

Il direttore generale di ISPRA Stefano Laporta, intervenuto in audizione alla Camera dei Deputati il 12 giugno scorso (Commissione Ambiente e Attività Produttive) - in una seduta dedicata allo stato di applicazione del DL 61/2013 con cui è stata commissariata l’ILVA di Taranto - ha precisato che “le AIA devono contenere prescrizioni basate sui 3 principi cardine della direttiva: adozione delle migliori tecniche disponibili (MTD), valutazione delle condizioni ambientali locali, approccio integrato”.

Cosa si deve intendere con “valutazione delle condizioni ambientali locali” e in quale fase autorizzativa debba avvenire questa valutazione?

S.L. La valutazione si fa ex ante ed ex post per vedere se il rispetto delle prescrizioni ha ottenuto il risultato che l’AIA si prefiggeva di ottenere. Noi parliamo di molti casi in Italia in cui la normativa prevede che anche per gli impianti di nuova costruzione l’AIA sia richiesta preventivamente. In questi casi siamo in grado di osservare in maniera compiuta e precisa l’evoluzione ambientale del sito. Si costruisce un insediamento produttivo e in maniera parallela si attuano tutti quegli accorgimenti utili a tutelare l’ambiente. Nel caso dell’Ilva ad esempio la valutazione ex ante è complessa perché l’AIA interviene nel 2011 e quell’impianto data da quarant’anni prima. Una valutazione ex ante implica dunque di risalire al momento dell’insediamento che risale ai primi anni ’60.

Per gli insediamenti industriali preesistenti la normativa AIA non può pertanto decretare l’incompatibilità di una certa lavorazione, sulla base della valutazione delle condizioni ambientali locali?

Al contrario, le prescrizioni ambientali devono dirci se il processo industriale che si svolge all’interno di uno stabilimento è ambientalmente sostenibile e compatibile. Il che può anche portare a dire che certe lavorazioni non debbano essere effettuate.

L’ISPRA è un ente pubblico di ricerca istituito nel 2008 dalla fusione di tre enti, l’Agenzia per la Protezione dell’Ambiente e per i servizi Tecnici (APAT), l’Istituto Nazionale per la Fauna Selvatica (INFS) e l’Istituto Centrale per la Ricerca scientifica e tecnologica applicata al Mare (ICRAM) che sono stati soppressi. Nella relazione sul risultato del controllo sulla gestione finanziaria dell’Istituto (6/2013), la Corte dei Conti ha evidenziato come “l’impossibilità di dotarsi di un’idonea struttura organizzativa” e la “progressiva riduzione delle risorse” condizionino negativamente la coerente realizzazione delle iniziative Istituzionali. Al proposito, nel corso dell’audizione alla Camera dei Deputati, Laporta ha ricordato che solo nel 2010 è stato emanato il Regolamento d’Istituto e che è ancora in via di definizione lo Statuto

Quali sono le conseguenze della mancanza di uno Statuto?  

Non avere lo statuto significa non avere la cornice normativa per realizzare un’organizzazione unica in cui innestare tutte le competenze disponibili e utili ad assolvere ai compiti che l'Ispra complessivamente ha, sia come sommatoria dei tre istituti precedenti sia come nuovi compiti che nel frattempo sono stati assegnati all’Istituto. Abbiamo realizzato l'armonizzazione da un punto di vista strutturale, creando un’unica sede all’Eur e nuovi laboratori a Castel Romano, che saranno inaugurati a fine Luglio. Accanto a questo, abbiamo bisogno anche dello statuto per definire l’organizzazione  interna dell’istituto, quanti dipartimenti, con quale composizione.

Rispetto all’attività di vigilanza e controllo tecnico amministrativo per le verifiche inerenti l’attuazione dell’AIA (dl 128/2010) nel corso dell’audizione lei ha fatto rilevare che la materia dei controlli ambientali non ha ancora una propria disciplina organica a livello statale. Questo significa che lo sviluppo del sistema nazionale delle Agenzie (ARPA) e dei controlli in materia ambientale” previsto dal Regolamento è ancora di là da venire?

Come istituto nazionale abbiamo una competenza e un ruolo di coordinamento tecnico scientifico. Noi abbiamo la necessità di stabilire una relazione funzionale con le agenzie regionali per aderire al dettato normativo che ci richiede di fare i controlli ambientali. La vicenda dell'Ilva è emblematica di come ISPRA e ARPA Puglia stiano lavorando sinergicamente e a stretto contatto per garantire il rispetto dello prescrizioni ambientali, tanto che la relazione preliminare inviata al Ministro Orlando è stata firmata congiuntamente da me e dal direttore dell'Arpa. Stiamo lavorando per creare un codice uniforme dei controlli in modo che quello che si verifica in Puglia possa poi verificarsi ovunque, con una gestione univoca su tutto il territorio nazionale e un quadro di riferimento stabile. Siamo certi che il ministero accompagnerà il percorso verso il coordinamento complessivo.

Recentemente è stata presentata una proposta di legge di "riforma organica del settore” e “Istituzione del Sistema nazionale per la prevenzione e la protezione dell’ambiente…) con l’obiettivo di raggiungere una maggiore efficienza e di creare una struttura più funzionale e con un efficace sistema di condivisione delle informazioni ambientali. Nella proposta di legge è scritto che le agenzie dovranno essere considerate “produttrici di sistemi ufficiali di conoscenza” e ne dovrà essere agevolata l’interconnessione in un sistema di rete. Lo scambio e la condivisione delle informazioni, in attuazione dei princìpi affermati dalla Convenzione di Aarhus (1998) sull’accesso alle informazioni, dovranno facilitare la partecipazione del pubblico ai processi decisionali e l’accesso alla giustizia in materia ambientale. “Alle agenzie - si legge - dovrà essere riconosciuto un ruolo obbligatorio nei processi di accesso e di diffusione dell’informazione ambientale, in posizione di terzietà, sia rispetto alle istituzioni, sia rispetto al pubblico”.
E' questa la soluzione che lei auspica? E qual è il problema oggi rispetto all’indipendenza delle Agenzie?

La proposta di legge cui lei fa riferimento - che è stata riproposta in questa legislatura ma che era stata discussa ed esaminata già nella precedente – è un disegno di riforma che istituisce di fatto un vero e proprio sistema agenziale e quindi ridefinisce i rapporti tra ISPRA e le agenzie regionali nel senso da noi auspicato. Per quanto attiene l’indipendenza delle agenzie regionali, queste hanno requisiti di autonomia sotto il profilo del controllo e del monitoraggio ambientale. La proposta di legge intende sacralizzare questo requisito dell’indipendenza, della terzietà dei controlli rispetto al comparto sanitario, cui le Arpa, a differenza dell’ISPRA, appartengono, ed evitare che, nel caso dovessero intervenire delle riforme in uno o nell’altro comparto, venga meno questo requisito che è fondamentale per garantire la proprietà dei controlli, la terzietà, l’indipendenza, l’integrità  e anche la trasparenza nei confronti dei cittadini.

Il caso Ilva non è isolato ed è emblematico di quanto sempre più spesso siano le Procure a intervenire, su sollecitazione dei cittadini, nei numerosi casi di reiterata inosservanza delle normativa ambientali. Il Procuratore Raffaelle Guariniello, che ha definito “insoddisfacente l’intervento dell’autorità giudiziaria” propone da tempo la costituzione di una Procura Nazionale per i reati ambientali “Un’organizzazione altamente specializzata – ha precisato il Procuratore – non condizionata da realtà locali, che non guardi in faccia nessuno”. Il Procuratore ha anche aggiunto che “gli organi di vigilanza – ASL, ARPA, Ispettorati lavoro – operano in condizioni di forte scoordinamento, anche in ragione di carenze di organico e scarsa professionalità di chi va a fare i sopralluoghi e le ispezioni. Gli ispettori che fanno attività di vigilanza vanno promossi, non puniti, e le ispezioni non devono essere preannunciate. E’ necessario un codice etico dell’attività di vigilanza. Occorre evitare confusione tra attività di vigilanza e consulenza a favore delle aziende: le stesse persone non possono interpretare entrambi i ruoli. Infine i sopralluoghi non devono essere numericamente significativi ma devono permettere l’approfondimento di ogni questione.”
Qual è il suo pensiero in proposito?

La proposta del Procuratore Raffaelle Guariniello, da sempre impegnato su questi temi e che abbiamo avuto l’onore di ospitare nell’ambito di seminari organizzati da ISPRA,  tende a centralizzare a livello investigativo le attività di indagine affinché  si possano creare - come avviene per la procura nazionale antimafia  - le necessarie sinergie tra gli operatori per scoprire e perseguire le violazioni in campo ambientale  che hanno rilevanza in campo penale.  Per quanto attiene la responsabilità degli operatori a livello professionale, ci sono regole codificate che prevedono all’interno della Pubblica Amministrazione specifiche autorizzazioni (con requisiti di legge) per l’assolvimento di incarichi esterni. Il fatto che un dipendente eserciti attività di consulenza non è vietato purché non ci siano incompatibilità con i doveri di ufficio. Aspetto che poi si verifica, almeno per quanto riguarda l’Ispra. Nella mia esperienza di tre anni non è mai capitato che chi fosse in possesso della qualifica di ispettore abbia esercitato un’attività di consulenza in conflitto con i compiti dell’Istituto.  Certo un intervento normativo che istituisse la procura nazionale e codificasse queste situazioni per il settore ambientale sarebbe benvenuto. 

Come dimostrano gli “incidenti ambientali” che si verificano con regolarità quotidiana, nel nostro paese non ci sono ancora le condizioni per ridurre, prevenire e reprimere in modo sistematico, e uniforme a livello nazionale, i comportamenti che contrastano con l’obiettivo di un “alto livello di protezione dell’ambiente”. E’ sempre di stretta attualità il warning lanciato nel 2000 dall’OCSE “Anziché introdurre riforme in modo continuo, è necessario creare le condizioni affinché le organizzazioni pubbliche siano in grado di adattarsi al cambiamento” (Government of the future, OCSE, 2000). Una politica innovativa, oggi, si dovrebbe occupare della manutenzione dell’esistente, sia a livello normativo sia organizzativo.

Riferimenti normativi: 

Disciplina IPPC - Direttiva 96/61/CE poi codificata nella direttiva 2008/1/UE 

Normativa AIA - D.lgs. n.59/2005 oggi confluito nel TU ambientale  - D.lgs.152/06 come modificato dal D.lgs. 128/10, art. 29

Istituzione dell’ISPRA - Art.28, comma 1, DL 25/6/2008 n. 112, convertito con modificazioni dalla L. 6/8/2008, n. 133.

Emanazione del Regolamento d’Istituto  - DM n. 123 del 21/5/2010

Norme per l’attuazione dell’AIA – DL n. 128 del 29 giugno 2010 (Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, recante norme in materia ambientale, a norma dell'articolo 12 della legge 18 giugno 2009, n. 69)

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