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“The best is yet to come”: speriamo

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La rielezione di Barack Obama permette di continuare ad avere speranze di arrivare, finalmente, ad un mondo libero da armi nucleari. Non mi sembra che in tutta la sua campagna elettorale Barack Obama abbia mai fatto riferimento al fatto che nel 2009 gli era stato assegnato il Premio Nobel per la Pace, con una motivazione che è opportuno rileggere: «ha dato grande importanza all'impostazione di Obama ed ai suoi sforzi per un mondo senza armi nucleari. Obama da presidente ha creato un nuovo clima nelle relazioni internazionali. La diplomazia multilaterale ha riguadagnato centralità, evidenziando il ruolo che le Nazioni Unite ed altre istituzioni internazionali possono svolgere. Il dialogo ed i negoziati sono preferiti come strumenti per risolvere i conflitti, anche quelli più complessi. L'immagine di un mondo libero dalle armi nucleari ha fortemente stimolato il disarmo ed i negoziati sul controllo degli armamenti». Credo questo silenzio sia riprova delle difficoltà interne agli Stati Uniti che incontravano ed incontrano le iniziative diplomatiche avviate nel 2010 (un solo esempio tra i tanti possibili: “President Obama is working to realize the leftist dream of unilateral nuclear disarmament. This will leave the United States pitifully weak and create conditions for catastrophic deterrence failure.”, Washington Times, 16 Febbraio 2012, e può essere comprensibile questa cautela a fini decisamente ed esclusivamente elettorali.

Adesso, però, ci aspettiamo davvero “che venga il meglio” e che il Presidente Obama riprenda il suo impegno a favore del disarmo. Dopo il “New START”, entrato in vigore il 5 Febbraio 2011, non mi sembra siano stati fatti ulteriori passi significativi verso il disarmo, nonostante le tante aspettative di eliminare tutte le armi nucleari. Lo scorso 22 Ottobre, per esempio, 34 Stati Membri della Commissione Disarmo e Sicurezza Internazionale delle Nazioni Unite (Algeria, Argentina, Austria, Bangladesh, Bielorussia, Brasile, Cile, Colombia, Costa Rica, Danimarca, Ecuador, Egitto, Iceland, Indonesia, Irlanda, Kazakhstan, Liechtenstein, Malesia, Malta, Isole Marshall, Messico, Nuova Zelanda, Nigeria, Norvegia, Perù, Filippine, Samoa, Sierra Leone, Sud Africa, Swaziland, Tailandia, Uruguay, Zambia e Svizzera ed anche Santa Sede come “osservatore”) hanno approvato una risoluzione nella quale si ribadisce che “è della massima importanza che le armi nucleari non siano mai più usate, in nessuna circostanza. L’unico modo per garantire che questo non avvenga è la totale, irreversibile, verificabile eliminazione di tutte le armi nucleari sotto controllo internazionale...Tutti gli Stati debbono intensificare i loro sforzi per mettere fuori legge le armi nucleari e ottenere un mondo libero da armi nucleari”. La FAS (Federation of American Scientists) ha appena pubblicato un “memorandum di raccomandazioni” per prevenire danni catastrofici alla sicurezza degli Stati Uniti, tra le quali anche precise indicazioni su come e quanto ridurre gli arsenali nucleari strategici e tattici (in particolare concordando con la NATO l’eliminazione delle armi nucleari tattiche dall’Europa e la riduzione del numero di testate a 500 su altrettanti sistemi di lancio strategici, con un tetto massimo di 300 missili intercontinentali, ICBM) ed intraprendere iniziative, alcune anche unilaterali, per prevenire la proliferazione e il terrorismo nucleare. In questi giorni si discute molto sulla possibilità che venga rimandata – o addirittura cancellata – la conferenza internazionale che dovrebbe tenersi ad Helsinki per arrivare a creare una Zona Libera da Armi di Distruzioni di Massa (WMDFZ, Weapons of Mass Destruction Free Zone) in tutto il Medio Oriente. Il Segretario Generale delle Nazioni Unite, gli Stati Uniti, l’Inghilterra e la Federazione Russa hanno il compito di sostenere e facilitare questo incontro, previsto e richiesto da 198 Paesi al termine della Conferenza di Rassegna del Trattato di Non Proliferazione del 2010.

Oggi il Presidente Obama può giocare un ruolo decisivo, soprattutto nei confronti di Israele, e contribuire in maniera determinante al successo di questa iniziativa, di importanza vitale per tutti i Paesi del Medio Oriente e premessa fondamentale per avviare la soluzione pacifica e diplomatica del caso dei programmi nucleari dell’Iran. L’Iran ha annunciato che parteciperebbe alla Conferenza, ma è essenziale che, come ha dichiarato il “Facilitatore” finlandese Jaakko Laajava, tutti i Paesi della regione siano presenti. Anche solo rimandare la Conferenza significherebbe rendere ancora più precario il regime di non proliferazione delle armi nucleari e favorire ulteriori tensioni nello scacchiere medio-orientale. Credo sia urgente anche risolvere il nodo del progetto di installazione di un sistema di difesa antimissile in Europa, la pericolosità del quale, nonostante l’insita inaffidabilità tecnico-scientifica, è già stata discussa su “scienzainrete”. Nello scorso mese di Settembre Vladimir Putin si era dichiarato ottimista circa la “flessibilità” del Presidente Obama una volta rieletto, ma rimane il fatto che la Russia – nonostante le riassicurazioni di Washington – considera il sistema di difesa una minaccia per il proprio deterrente nucleare. Anche in questo caso non c’è tempo da perdere.


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