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Un'agenzia per la ricerca

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Quando si toccano le leve qualificanti il futuro, proprio e collettivo, come la conoscenza, la formazione, l’innovazione, occorre avere buon senso, capacità critica, autonomia di giudizio, umiltà, coraggio, immaginazione. Le future politiche scientifiche del Paese dovranno essere mosse da queste energie e non da visioni di parte, aspettative immediate, motivazioni tiepide. E dovranno poter contare su risorse significative. La creatività, il valore e le competenze dei nostri ricercatori, la cui qualità dell’impegno scientifico è internazionalmente riconosciuto, sono tra i punti di forza più originali e potenti per rimettere in moto il Paese, accelerarne la crescita, innalzarne qualità e tenuta competitiva. Da anni – troppi – la ricerca italiana è stata ispiratrice e oggetto di maldestri tentativi di riforma che hanno ottenuto, quasi sempre e nonostante le buone intenzioni dei proponenti, effetti discutibili se non peggiorativi.

Il mondo dei saperi e della formazione è ormai asfissiato da un fitto groviglio normativo e procedurale, dal precariato elefantiaco, dalla progressiva perdita di consenso e valore sociale, dall’impossibilità di programmare il proprio futuro. E non basta affidare il rilancio alla sola valutazione, quando ancor prima di vederne applicazioni ed effetti, la distinzione con le funzioni di indirizzo e programmazione non è sempre del tutto chiara. Al punto in cui siamo, poi, il sistema non è in grado di autoriformarsi: troppe le beghe e gli interessi interni, i narcisismi, i condomini. Non abbiamo più tempo. Altri Paesi, anche in questi tempi difficili, vanno facendo scelte coraggiose e in controtendenza, che in pochi anni li porteranno a controllare domini scientifici e tecnologici, a creare nuovi mercati ai quali detteranno le regole, determinando costi e benefici. Occorre ripartire insieme, ricostruendo una forte solidarietà sociale attorno alle scienze per riportare al centro di ogni azione politica il tema della crescita competitiva costruita sull’avanzamen to e sull’uso dei saperi. Una crescita che sia garanzia di inclusione e mobilità sociale, sostenuta, principalmente, ma non esclusivamente, da politiche e risorse pubbliche: gli investimenti in formazione e ricerca, in un periodo di tagli importanti al welfare, devono evidenziare l’alto significato morale, politico ed economico che esercitano per la vita e il futuro di ognuno. Bisogna avviare una azione di riordino, delegificazione e semplificazione per restituire libertà, energia, creatività all’intera filiera della formazione, della ricerca e dell’innovazione. Occorre aggregare, tagliare, riscrivere, attribuire con chiarezza funzioni e competenze, separare nettamente l’indirizzo dalla gestione, monitorare, premiare, scegliere, dismettere e investire. Vanno adottati nuovi modelli di governo: l’autonomia, di cui in alcuni casi è stato svilito l’originario significato e valore, è da recuperare e de-ideologizzare, associandola a responsabilità e capacità di fare rete.
In una visione di governo sistemico, agenzie e strutture pubbliche deputate a intervenire sul mondo dei saperi sono da ricondurre sotto l’egida di un’unica realtà collegata direttamente ai più alti vertici istituzionali, riconosciuta per trasparenza, autorevolezza, competenze e funzioni da tutte le comunità scientifiche, nazionali e internazionali. Una sorta di meta-agenzia attuatrice delle politiche pubbliche su ricerca e innovazione, capace di promuovere, su scala internazionale, il Sistema Ricerca Italia; accedere competitivamente a risorse e programmi comunitari; rafforzare il trasferimento dei risultati scientifici ai sistemi produttivi e dei servizi; sostenere la nascita di spin off; attrarre capitali privati; favorire l’esplorazione di nuovi campi scientifici e tecnologici.

Una Struttura agile nella governance, affidabile nelle relazioni con i governi locali, i settori finanziari, gli apparati produttivi; veloce nell’individuare, selezionare, valutare interventi strategici per la diffusione dell’in novazione e l’avanzamento dei saperi. Per fare questo occorre disporre, accanto a politiche e risorse finanziarie, anche di capitale umano. Per questo è indispensabile riportare il turnover al 100% delle risorse liberate dai pensionamenti, abbinandovi un piano straordinario di assunzioni al fine di garantire continuità e qualità al lavoro delle decine di migliaia di ricercatori pronti ad accedere a qualunque sistema di selezione o valutazione comparativa. Probabilmente, a precariato ridimensionato e a comportamenti interni alla comunità scientifica modificati, potrà essere ripensato completamente anche il sistema degli accessi. È indubbio che vadano scovati, attratti e formati nuovi talenti, di conseguenza occorre fluidificare i canali di accesso agli studi, migliorare i servizi complementari, garantire un reale ed efficace diritto allo studio nelle politiche nazionali e regionali. Gestione, manutenzione e potenziamento delle grandi infrastrutture, delle attrezzature dei laboratori e delle biblioteche vanno ripensate transitando dalla attuale presenza frammentata sul territorio e fra le diverse strutture secondo una logica esclusiva di possesso, a forme più funzionali di clusterizzazione e di accesso condiviso.

L’elenco delle proposte supera di gran lunga lo spazio disponibile sul giornale. Questi primi spunti sono il pretesto per aprire e sollecitare un confronto franco, generoso, numeroso, che ridia speranza ed energia a quanti, con passione, fanno della ricerca la loro ragione di vita.

Tratto da: Il Fatto Quotidiano

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