fbpx Sonno e divertimento: ecco le chiavi della creatività | Scienza in rete

Sonno e divertimento: ecco le chiavi della creatività

Primary tabs

Tempo di lettura: 3 mins

Con la saggezza serena dei suoi quasi 90 anni e lo sguardo di chi non ha perso il gusto della curiosità, Oliver Smithies, premio Nobel per la medicina nel 2007, ha partecipato, insieme alla moglie Nobuyo Maeda anch’ella ricercatrice, alla sesta edizione del Meeting le “2 culture”, annuale appuntamento promosso, tra il 3 e il 7 settembre, dal centro di Biogem di Ariano Irpino, per favorire il dialogo tra cultura scientifica e cultura umanistica,  verso una terza via del sapere, fondata sul dialogo e la condivisione di approcci ed esperienze.
In questa intervista il genetista inglese tocca temi di grande attualità.

Oliver Smithies, incontrando i giovani ricercatori di Biogem, lei ha affermato che dormire bene e divertirsi sono attività che contribuiscono a creare le condizioni mentali per far sviluppare la creatività facendo scattare intuizioni e scoperte. Qual è la ragione scientifica?
“Dormire bene è importante e necessario per svolgere proficuamente il proprio lavoro. Perché durante la fase di veglia, il cervello riceve numerosi input dall’esterno, informazioni vocali, visuali, emozioni, che devono essere rielaborate, sistematizzate, archiviate. Per fare tutto questo il cervello ha bisogno di tempo. Ed è proprio durante il sonno che la nostra mente svolge queste operazioni fondamentali”

Quanto crede nella cosiddetta “medicina personalizzata” basata sui test genetici predittivi? Verso quali scenari ci proietta?
Penso che l’approccio genetico sia molto importante per il progresso della medicina. Anche se siamo soltanto all’inizio degli studi in questo campo e se non conosciamo ancora tutti i geni che intervengono nell’insorgenza di alcune patologie multifattoriali, perché vastissima è la platea di geni potenzialmente coinvolti in queste dinamiche, va detto che ci sono segnali incoraggianti. Ad esempio un gruppo di ricercatori francesi con cui collaboro ha individuato una correlazione tra i soggetti affetti da diabete e la predisposizione alle malattie al rene. Noi adesso sappiamo, grazie agli studi genetici, perché ciò accade. Ma ci vorrà ancora tempo per arrivare ad una vera medicina personalizzata. Aprirà una nuova era.

Quale conquista più eclatante ci aspetta nel futuro grazie all’uso delle cellule staminali?
Se lo sapessi vincerei un altro Nobel. Le cellule staminali sono di capitale importanza perché possono diventare tante cose. Da esse possiamo ricavare tessuti di ogni genere. Quello che gli scienziati hanno cercato di fare ultimamente, e devo dire con un certo successo, è di ottenere cellule cardiache da cellule staminali.

Smithies, lei è inglese, naturalizzato statunitense. Quali differenze ci sono tra Stati Uniti ed Europa nel settore della ricerca. E cosa il vecchio continente può imparare dalle best practice d’oltreoceano?
Il mondo della ricerca è fondato sul mutuo scambio di opinioni, sull’interazione, per cui ci sono cose fatte meglio negli Stati Uniti, ma anche difetti nella ricerca americana. Ad esempio uno dei problemi negli Stati Uniti è che è difficile ottenere finanziamenti per esperimenti coraggiosi, dall’esito incerto e non prevedibile, pertanto dotati un forte potenziale innovativo. In Europa invece è più facile avere sostegno per idee di questo tipo.  

C’è un errore nel suo percorso scientifico che avrebbe volentieri evitato?
Se avessi saputo di sbagliare non lo avrei fatto. E senza errori non sarei la persona che sono.

Lei che ha raggiunto una veneranda età, crede che la longevità dell’uomo possa essere estesa ben al di là dei 100 anni?
E’ certamente possibile. Oggi ho visitato un paesino irpino che si chiama Zungoli e abbiamo riscontrato che nel corso degli ultimi anni la vita si è notevolmente innalzata. Da poco più di 50 anni a punte centenarie. E’ dunque possibile raddoppia re la lunghezza della vita media dell’uomo, ma certamente questo non è un processo che indica una tendenza che, evidentemente, non può andare avanti all’infinito.

In questi giorni ha visitato Biogem, che è un centro di eccellenza della ricerca italiana. Che idea si è fatto?
Biogem è una grande avventura di successo. L’impressione è che sia un posto dove c’è molto entusiasmo e ho apprezzato l’intenzione di farne anche un luogo esteticamente bello e culturalmente stimolante. Cose che migliorano la ricerca.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Intelligenza artificiale ed educazione: la ricerca di un incontro

Formazione ed educazione devono oggi fare i conti con l'IA, soprattutto con le intelligenze artificiali generative, algoritmi in grado di creare autonomamente testi, immagini e suoni, le cui implicazioni per la didattica sono immense. Ne parliamo con Paolo Bonafede, ricercatore in filosofia dell’educazione presso l’Università di Trento.

Crediti immagine: Kenny Eliason/Unsplash

Se ne parla forse troppo poco, almeno rispetto ad altri ambiti applicativi dell’intelligenza artificiale. Eppure, quello del rapporto fra AI ed educazione è forse il tema più trasversale all’intera società: non solo nell’apprendimento scolastico ma in ogni ambito, la formazione delle persone deve fare i conti con le possibilità aperte dall’IA.