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Per sgonfiare i "palloncini" delle emissioni servono rinnovabili e concertazione pubblica

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L'ultimo World Energy Outlook è chiaro: gli stati hanno alzato la loro ambizione climatica, con le attuali promesse si arriverebbe ai 1,8°C per fine secolo. Solo se mantenute completamente, altrimenti resteremmo sui 2,5°C - comunque meno di quanto previsto con le politiche pre Accordo di Parigi. Questo serva da stimolo per aumentare l'impegno in rinnovabili, investimenti e ricerca, per tutti i governi, compreso quello italiano appena nato.

Crediti immagine: IEA World Energy Outlook

All’inizio del nuovo World Energy Outlook appena uscito dell’Agenzia internazionale per l’energia (IEA), dei palloncini colorati rendono bene l’idea di quanto sta accadendo: un miglioramento delle politiche climatiche ed energetiche dei paesi rispetto al periodo pre Accordo di Parigi.

Più il palloncino è gonfio più contiene emissioni di CO2 equivalente e più fa volare in alto la temperatura media di fine secolo. Le politiche correnti (STEPS) sono in ogni caso migliori di quelle prima del 2015 con un 2,5°C di aumento circa, gli ultimi impegni presi negli NDCs aggiornati (APS) si avvicinano a 1,8°C, ma per arrivare a 1,5°C serve pianificare meglio le azioni per lo zero netto (NZE).

L’Agenzia non manca di far notare come guerra e pandemia ci abbiano dato una bella botta: abbiamo capito che serve fuggire dalla dipendenza dei combustibili fossili, ma – vista la botta – siamo ancora storditi per farlo al meglio. Di seguito riportiamo in grafico le forti scosse nei mercati del gas, iniziate ben prima della guerra contro l’Ucraina. Varie sono le cause dell’innalzarsi dei prezzi. La rapida ripresa post-pandemia, la siccità che ha indebolito l’idroelettrico in Brasile, le ondate di caldo che hanno ridotto la disponibilità di nucleare in Francia, interruzioni non programmate negli impianti di liquefazione del GNL, semplici lavori di riparazione imprevisti e ritardi vari. Gli ancora scarsi passati investimenti in energie pulite hanno poi preparato il terreno per la crisi energetica al completo.

Crediti: IEA, World Energy Outlook

Si inizia adesso a intravedere il picco, o il plateau, dei combustibili fossili. Il massimo di emissioni dovrebbe arrivare nel 2025 con 37 miliardi di tonnellate di emissioni annue e poi scendere a 32 entro il 2050. Alcune cose buone:

  • «Se i Paesi rispetteranno i loro impegni in materia di clima, un'auto su due venduta nell'Unione Europea, in Cina e negli Stati Uniti sarà elettrica»
  • «Le catene di approvvigionamento di alcune tecnologie chiave - tra cui le batterie, il solare fotovoltaico e gli elettrolizzatori - si stanno espandendo a ritmi tali da sostenere una maggiore ambizione globale. Se tutti i piani di espansione produttiva annunciati per il solare fotovoltaico vedessero la luce, la capacità produttiva supererebbe di circa il 75% i livelli di diffusione previsti dall'APS nel 2030 e si avvicinerebbe ai livelli richiesti dallo scenario NZE», Net Zero Emissions.

Dice la IEA che bisogna portare gli attuali 2000 miliardi di dollari di investimenti (al 2030) a 4000 per arrivare allo zero netto. «I governi dovrebbero prendere l'iniziativa e fornire una forte direzione strategica, ma gli investimenti necessari sono ben al di là della portata delle finanze pubbliche. È fondamentale sfruttare le vaste risorse dei mercati e incentivare gli attori privati a fare la loro parte».

I buoni risultati influenzino quello che resta da fare

Qualche giorno prima dell’uscita del World Energy Outlook, l’IEA ha pubblicato l’aggiornamento annuale sulla transizione energetica, evidenziando che solo 2 su 55 “componenti del sistema energetico” sono in linea con lo scenario Net Zero: auto elettriche e illuminazione. 30 componenti hanno bisogno di più sforzi, 23 sono proprio fuori rotta. Il rapporto assegna a ciascun settore esaminato un pallino colorato: verde se sulla buona strada, giallo se con tendenze positive ma servono più sforzi per il Net Zero, rosso se non in linea o azioni insufficienti.

Il riassunto generale: ulteriori investimenti ed estrazioni di combustibili fossili non sono compatibili con la piena decarbonizzazione dell’economia, come per altro scritto anche dall’International Institute for Sustainable Development. Tra i combustibili fossili è compreso il gas, evidentemente: anch’esso è tenuto a restare sottoterra. Spiace notare come gli annunci della nuova Presidente del Consiglio italiana vadano in senso contrario; per altro le riserve italiane di gas sono trascurabili per assicurare indipendenza energetica.

Nel settore dell’energia, l’IEA individua vari componenti a sua volta. In generale, ricorda che i pilastri della decarbonizzazione sono «l'efficienza energetica, i cambiamenti comportamentali, l'elettrificazione, le energie rinnovabili, la bioenergia, l'idrogeno e i combustibili a base di idrogeno, la cattura e lo stoccaggio del carbonio». Di seguito lo stato dell’arte.

  • Efficienza energetica: non in linea. «Per raggiungere lo Scenario Net Zero, il tasso di miglioramento dell'intensità energetica globale deve essere da due a tre volte superiore ai tassi storici e aumentare a poco più del 4% all'anno tra il 2020 e il 2030».
  • Cambiamenti comportamentali: non in linea. Serve aumentare «la disponibilità di infrastrutture (come le piste ciclabili e le ferrovie ad alta velocità)» e le opportune «norme socioculturali» che «influenzano la probabilità che i consumatori modifichino i loro comportamenti energetici».
  • Rinnovabili: servono più sforzi. «I recenti progressi sono stati promettenti e le prime stime indicano che il 2022 sarà un anno record per le aggiunte di capacità rinnovabile, con una capacità annuale prevista di circa 340 Gigawatt. Le politiche chiave annunciate quest'anno, in particolare REPowerEU e l'Inflation Reduction Act degli Stati Uniti, forniranno un ulteriore sostegno per accelerare la diffusione dell'elettricità rinnovabile nei prossimi anni».
  • Per elettrificazione, bioenergia, idrogeno, collaborazione internazionale, digitalizzazione servono più sforzi; con la cattura e stoccaggio di carbonio non siamo in linea.

Essenziali la ricerca e l’innovazione, per cui servono più sforzi. Riferisce l’IEA che «i governi stanno spendendo sempre di più per la ricerca e lo sviluppo nel settore dell'energia – che potrebbe raggiungere i 40 miliardi di dollari nel 2022, ipotizzando una crescita costante – e gli investimenti di venture capital nelle start-up dell'energia pulita hanno raggiunto un massimo storico nel 2021». Nemmeno la ricerca ha trovato posto nel discorso di insediamento del nuovo Governo italiano, per altro.

Per quanto riguarda il settore elettrico, servono maggiori sforzi (pallino giallo) su sostanzialmente tutte le componenti.

La produzione totale di elettricità da fonti rinnovabili ha raggiunto un massimo storico nel 2021, superando gli 8000 TWh, 500 TWh in più rispetto al 2020. L'aumento è stato determinato soprattutto dall'incremento della produzione eolica e solare fotovoltaica, cresciuta rispettivamente di 270 TWh e 180 TWh, mentre la produzione di energia idroelettrica – che rimane la maggiore fonte di elettricità rinnovabile al mondo – è diminuita di 14 TWh a causa dell'impatto della siccità, in particolare negli Stati Uniti e in Brasile. La quota delle rinnovabili nella produzione globale di elettricità ha raggiunto il 28,6%, con un aumento dello 0,4% rispetto al 2020.

Dice l’IEA che serve aumentare la quota di fotovoltaico, che deve essere la prima fonte per capacità installata entro il 2025; l’eolico al secondo posto. Deve altresì diminuire velocemente il carbone dal 36% di oggi al 13% entro il 2030. Dopo un picco a fine anni Venti, il gas deve scendere al 14% del mix nel 2030.

Senza addentrarci ulteriormente nei dettagli tecnici, si tenga conto che anche il settore dei trasporti non è in linea (pallino rosso), così come quello industriale.

Inflation Reduction Act e Fit for 55: meno Friedman e più Keynes

Massimo Nicolazzi, docente di economia delle risorse energetiche all’Università di Torino, al recente convegno MaCSIS "Questioni aperte della transizione energetica", ha detto, riferendosi al futuro energetico:

Domani sarà Bengodi, però bisogna arrivarci: senza sostegno statale, senza concertazione pubblica, la transizione che ci manca da fare non va neanche a incominciare se la lasciamo al mercato. L’economia è spesso un fatto di mode cicliche: il mio incondizionato consiglio è che sarebbe il caso di mettere in cantina Friedman e rimettersi a leggere Keynes.

E infatti, i grossi provvedimenti che il Direttore esecutivo Fatih Birol ha preso a esempio, sono l’Inflation Reduction Act e il Fit for 55 europeo. Il primo in particolare, «amplia il sostegno alle energie rinnovabili attraverso crediti d'imposta e altre misure e si prevede che darà un impulso significativo agli investimenti nei prossimi dieci anni». Tra le misure statali: incentivi per la produzione di idrogeno green e per la cattura del carbonio, un prezzo più alto per le emissioni di metano, incentivi per l'uso di elettricità a basso contenuto di carbonio nell'industria con investimenti fino a 6 miliardi di dollari in tre anni per sostenere la decarbonizzazione dell'industria pesante. Grazie al pacchetto, «la capacità annuale di energia solare ed eolica negli Stati Uniti crescerà di due volte e mezzo rispetto ai livelli attuali, mentre le vendite di auto elettriche saranno sette volte superiori».

Interessante notare – a latere – come queste azioni siano comunicate come uno strumento per ridurre l’inflazione. Forse conviene prendere nota. Ma poi, anche fuori dalle Americhe si registrano passi avanti – mettendo insieme quanto scritto nei due report IEA di cui parliamo. L’India ha annunciato alla COP26 500 Gigawatt di capacità rinnovabile di rinnovabili per il 2030 ed emissioni nette al 2070 (un po’ troppo in là). A fine 2021 «si è aperta la quarta tornata di aste per il programma di sostegno del governo britannico "contracts for difference" per le tecnologie a bassa emissione di carbonio» per «garantire 12 Gigawatt di capacità» (soprattutto per eolico offshore, eolico onshore, solare, energia dalle maree ed eolico offshore galleggiante). Un aumento dal 30% al 33% di energia elettrica rinnovabile nel 14° piano quinquennale della Cina.

In vista della COP27 di Sharm el-Sheikh in Egitto dal 6 al 18 novembre prossimi, Fatih Birol ha esortato i paesi ricchi a fare la cosa più ovvia che si possa obiettivamente pensare: aiutare quelli poveri con finanziamenti e tecnologie per la transizione. Definendo il già citato Inflation Reduction Act come «la più importante azione in materia di energia e clima da parte di qualsiasi Paese dopo l'Accordo di Parigi del 2015», davanti al Global Clean Energy Action Forum di Pittsburgh, ha ricordato a tutti i presenti che alla COP27 si dovrà rialzare l’ambizione climatica indebolita dalla guerra. Speriamo che anche l’Italia sia all’altezza.

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