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Lise Meitner in mostra a Trieste

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Lise Meitner e Otto Hahn in laboratorio nel 1909. Per gentile concessione di Sissa Medialab. Licenza: pubblico dominio

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Quando si cita Lise Meitner, spesso la reazione è: "Lise chi?". Ed è proprio questa domanda a dare il titolo alla mostra dedicata colei che ha posto le basi teoriche della fissione nucleare. "Lise chi?" si terrà dal 7 novembre al 21 dicembre nello spazio Trieste Città della Conoscenza (all'interno della stazione ferroviaria triestina) ed è pensata per i ragazzi ma soprattutto per le ragazze, perché Lise Meitner ha fatto la storia della scienza in un'epoca in cui era doppiamente discriminata: prima come donna che vuole studiare (e vi riesce brillantemente) la fisica, e poi come ebrea, perseguitata dal regime nazista. E, nonostante ciò, ha fatto la storia della ricerca nucleare.

Lise Meitner è nata a Vienna del 1878; alla fine del 1938, in una lettera al collega Otto Hahn, ha posto le basi teoriche della fissione nucleare (il risultato scientifico per il quale è più nota, pubblicato nel 1939 in un breve articolo su Nature) ed è morta a Cambridge nel 1968. A fare qualche rapido calcolo, quindi, la mostra riesce a celebrare contemporaneamente più anniversari: i 140 anni dalla nascita, gli 80 dalla scoperta della fissione nucleare, i 50 dalla sua morte. Ma, al di là degli anniversari, la"Lise chi?" vuole ricordare un personaggio che "ha fatto la storia della scienza, oltre che umanamente straordinaria", come la descrive Simona Cerrato di Sissa Medialab, curatrice della mostra e autrice di una biografia per ragazzi "La forza dell'atomo. Lise Meitner si racconta".

«Nel 1907, dopo il dottorato con Boltzmann a Vienna, Lise Meitner si trasferisce a Berlino per lavorare nel gruppo di Max Planck e Otto Hanhn. Il suo interesse era per l'atomo e la radioattività, gli argomenti di punta del momento. All'epoca lavorava in una cantina, perché alle donne non era permesso l'accesso all'università. E tuttavia, nell'arco di undici anni e con la Prima guerra mondiale in mezzo, Lise è diventata direttrice della sezione di fisica nucleare berlinese grazie alla sua bravura sperimentale e teorica», racconta Cerrato. «È fuggita dalle persecuzioni naziste nel 1938, portando con sé soltanto una piccola valigia e un anello donatole da Otto Hahn, arrivando prima in Danimarca e poi in Svezia, dove è riuscita a ricostruirsi rapidamente una vita sia personale che scientifica». Sebbene lontana dal suo vecchio laboratorio, infatti, Lise Meitner continua il lavoro di ricerca e mantiene una fitta corrispondenza, quasi quotidiana, con Otto Hahn. Quando quest'ultimo le descrive gli strani risultati di un esperimento sull'irradiamento di uranio con neutroni lenti, chiedendole un parere, è lei a suggerire l'idea, rivoluzionaria per l'epoca, della fissione nucleare. Va anche oltre, calcolando l'energia che si libera nel processo. E teme, da subito, che la scoperta possa essere usata per fini bellici.

«Lise aveva servito come infermiera volontaria durante la Prima guerra mondiale, ed era tornata dall'esperienza segnata, giurando che mai il suo lavoro di scienziata avrebbe servito lo sforzo bellico. Per lei, la scienza doveva servire al bene dell'umanità; rifiutò di partecipare al progetto Manhattan e, al termine della Seconda guerra mondiale, s'impegnò attivamente per la pace e per la promozione delle donne nella scienza», racconta ancora Cerrato.

La mostra triestina ripercorre la vita della ricercatrice attraverso tre video, incentrati sui momenti e i luoghi che più l'hanno caratterizzata: il periodo viennese e la decisione di dedicarsi alla fisica, Berlino tra lo studio e la necessità di fuggire e, infine, la bomba atomica. Ogni video si chiude con una domanda di riflessione, come a instaurare un dialogo con lo spettatore. «Vogliamo parlare anche del fatto che la scienza non è neutrale ma fatta di persone che si trovano davanti a dilemmi», spiega Cerrato. Accanto ai video, pannelli e informazioni aggiuntive su Lise Meitner, la donna e scienziata che non ottenne il Nobel (andato invece a Otto Hahn e Fritz Strassman) e ancora troppo poco conosciuta.


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