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Le emissioni crescono meno: cosa fanno i ricchi e i poveri

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I paesi ricchi emettono meno, le loro emissioni stanno decrescendo, ma quelli in via di sviluppo fanno il contrario. È normale se si pensa alle diverse possibilità tecnologiche. In ogni caso, serve ridurle ancora. I fattori in gioco sono tanti, ma vanno tenuti tutti in considerazione per la transizione.

Dati immagine (emissioni globali annuali) da Our World in Data

I paesi ricchi, cioè i membri del G7, stanno riducendo le proprie emissioni anno dopo anno. E questo è un bene perché significa che chi ha maggiori possibilità tecnologiche ed economiche riesce a ridurre la propria presenza fossile nel mondo. Tuttavia, come già avevamo detto su Scienza in rete, estendendo il sottoinsieme planetario al G20, la situazione si modifica. Infatti, a far crescere ancora le emissioni globali sono proprio Cina e India: nel 2023 nel mondo sono aumentate dell'1,1% rispetto al 2022, ovvero aggiungendo 410 milioni di tonnellate equivalenti di CO2. Questo quanto scrive il recente rapporto dell’Agenzia internazionale dell’energia, relativamente alle emissioni provenienti dalla produzione di energia per lo scorso anno.

riduzioni emissioni a livello globale

Grafico IEA: Variazione delle emissioni di CO2 derivanti dalla combustione di energia e delle emissioni evitate grazie alla diffusione delle principali tecnologie pulite, 2019-2023. L'unità di misura sono i miliardi di tonnellate (Gt CO2eq).

La colpa è principalmente del carbone, che contribuisce al 65% di queste emissioni, con 270 milioni di tonnellate CO2 equivalenti: dal 2019 ha gettato in atmosfera 900 milioni di tonnellate.
In aggiunta, il cambiamento climatico è particolarmente seccante, purtroppo, quando indebolisce le tecnologie che dovrebbero mitigarlo: la siccità, infatti, ha colpito pesantemente la produzione di energia idroelettrica generando 170 milioni di tonnellate di CO2 in più, come illustrato nel grafico che segue. E le temperature più alte sono anche responsabili di una maggiore richiesta di energia per il raffrescamento (+50 milioni di tonnellate), ma di una minore energia per il riscaldamento (-170 milioni di tonnellate). Il bilancio, nel 2023, è stato negativo (quindi "positivo" per l'ambiente) nonostante sia stato l'anno più caldo mai registrato: è stato rilevante il modo in cui le temperature locali si sono distribuite.

fattori di riduzione e aumento emissioni, meteorologici e infrastrutturali

Grafico IEA

Il merito maggiore di un tasso comunque in diminuzione è innanzitutto di fotovoltaico ed eolico – che hanno generato 540 Gigawatt di potenza nel 2023, il 75% in più del 2022 – e, in misura minore, del nucleare. L’Agenzia sottolinea anche il ruolo importante delle nuove pompe di calore e dei veicoli elettrici (+35%). Senza tutte queste tecnologie pulite le emissioni sarebbero state ben tre volte maggiori.

Nel grafico che segue sono rappresentate le emissioni per tipo di combustibile (carbone, petrolio e gas) e per gruppi di paesi.

suddivisione contributi di emissioni per tipologia di combustibile e per gruppi di paesi

Grafico IEA

Nella fattispecie, le emissioni nei paesi ricchi sono diminuite del 4,5%: qui, la domanda di carbone è tornata ai livelli del 1900 e le emissioni annue sono scese ai livelli del 1973. Invece, le emissioni cinesi sono cresciute di 545 milioni di tonnellate nel 2023 (cioè +4,7%), più degli altri anni: il carbone domina ancora la fortissima crescita di rinnovabili in Cina. Infatti, nel 2023 la Cina ha contribuito a circa il 60% di produzione aggiunta tra impianti eolici e fotovoltaici e veicoli elettrici. 

In Cina, «dal 4% nel 2015, la quota di energia solare fotovoltaica e eolica nella generazione totale di elettricità ha raggiunto il 15% nel 2023, vicino al livello delle economie avanzate (17%). La quota di veicoli elettrici nelle vendite totali di auto della Cina era più del doppio rispetto al livello delle economie avanzate nel 2023».

Per l’India il discorso è analogo: il paese ha aggiunto 190 milioni di tonnellate di CO2 lo scorso anno, pur con delle emissioni pro capite di 2 tonnellate, cioè meno della metà della media mondiale di 4,6 tonnellate. Per altro, le temperature maggiori dovute ai monsoni hanno spinto in alto la domanda di energia.

influenza dei monsoni nella domanda indiana di energia

Grafico IEA

Tuttavia, non è affatto scontato che i paesi ricchi continuino a guidare la transizione energetica. Un’analisi di Carbon Brief mette in guardia dall’eventuale rielezione di Trump e dagli effetti nefasti che avrebbe sulle politiche climatiche. Far rientrare Trump nello Studio Ovale significherebbe, secondo le stime, «4 miliardi di tonnellate di CO2 equivalente in più entro il 2030, che causerebbe un danno globale di più di 900 miliardi di dollari» – stando al più recente “costo sociale” del carbonio che si aggira sui 230 dollari a tonnellata. Il think tank di approfondimento climatico ha effettuato l’analisi «aggregando modelli sviluppati da vari gruppi di ricerca statunitensi» e tiene conto delle politiche messe in atto da Biden e la maggioranza democratica, tra cui il noto Inflaction Reduction Act «che Trump ha promesso di eliminare». Non sono incluse le promesse come il «drill, baby, drill» (trivellare, baby, trivellare) di Trump che potrebbe peggiorare lo scenario, così come non sono conteggiate le eventuali politiche future di Biden se dovesse confermarsi Presidente.

Ecco il grafico che esplicita le due differenti stime sulle emissioni.

trump porterebbe a maggiori emissioni entro il 2030 rispetto a biden

È quindi necessario che gli attori globali più influenti si impegnino maggiormente per la transizione ecologica, senza limitarsi ad aggiungere energie rinnovabili al mix energetico, ma anche eliminando i combustibili fossili, senza cancellare i progressi fatti. L'Agenzia internazionale per l'energia segnala anche che, nonostante sia la Cina a dominare l'aumento di emissioni globali, sono ancora gli Stati Uniti a dominare la quantità di emissioni pro capite, seppure in diminuzione. L'Europa, invece, dal 2011 circa, produce meno emissioni pro capite anche della Cina. Insomma, il ruolo della produzione di energia nel grande marasma delle emissioni di gas serra è complesso, e vanno tenuti in considerazione tutti i fattori citati, compresa l'instabilità meteorologica, le possibilità tecnologiche e le responsabilità storiche, per programmare al meglio la transizione ecologica.

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