fbpx Cyber Brain: il centro di ricerca sulla neurocibernetica | Scienza in rete

Cyber Brain: il centro di ricerca sulla neurocibernetica

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins

Non basta aprire una finestra sulla mente. Da quella finestra i ricercatori coinvolti nel progetto Cyber Brain intendono entrare per influenzare direttamente l’attività cerebrale e curare così le malattie neurologiche e psichiatriche in modo del tutto innovativo. Più di 12 milioni di euro di investimento, nove partner (tra cui l’Istituto Euro-Mediterraneo di Scienza e Tecnologia di Palermo, la “Federico II” di Napoli, l’Università di Bologna, l’Albany Medical College Hospital di New York, e aziende del calibri di General Electric e Telespazio) e un nuovo centro di formazione per un totale di sessanta nuovi ricercatori.
Insomma, Cyber Brain si candida a essere la prima piattaforma biotecnologica dedicata alla neuro-cibernetica del Mezzogiorno; anzi, per quantità e qualità di specializzazioni addirittura unica in Europa. Ambizioso anche il cronoporogramma, dettato per altro dalla tempistica del finanziamento europeo: entro 30 mesi dovranno essere realizzati e potenziati quattro laboratori: un laboratorio di neuro-protesica e di interfaccia uomo-computer; un laboratorio di neuro-anatomia; uno di chirurgia robotica e di imaging avanzato; e infine uno specializzato nella telediagnosi e nel telecontrollo.

Promosso dall’Istituto di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (Ircss) Neuromed di Pozzilli, in provincia di Isernia, il nuovo polo di eccellenza negli studi e nelle cure del cervello avrà sede ad Avellino, dove pochi giorni fa è stato presentato presso la Camera di Commercio da Fabio Sebastiano, responsabile del progetto Cyber Brain e direttore del Dipartimento di Ingegneria clinica dell’Istituto Neuromed, Gerwin Schalk e Anthony Ritaccio, entrambi ricercatori del Laboratorio di Neurofisiologia dell’Albany Medical College, e da Marcello Palmieri, presidente della Fondazione Neuromed. Presente all’incontro, tra gli altri, il presidente del Cnr Luigi Nicolais.
“Il progetto Cyber Brain intende potenziare le strutture di ricerca della Fondazione Neuromed – spiega Sebastiano – attraverso la realizzazione di una piattaforma biotecnologica con sede in Campania e, attraverso l’Istituto Euro-mediterraneo di Palermo, anche in Sicilia. Si tratterà della prima piattaforma mai realizzata in Italia, e per molti aspetti in Europa, dedicata interamente alla neurocibernetica”. Scienza a vocazione interdisciplinare, la neurocibernetica è la scienza che studia i fenomeni di autoregolazione e comunicazione dei segnali neurali sia negli organismi naturali quanto nei sistemi artificiali. “È una sorta di ponte tra la neurologia e la più avanzata ingegneria”, sintetizza lo scienziato.
In Europa una struttura simile esiste solo a Reading, in Inghilterra, dove da anni il “cyborg-prof” Kevin Warwick stupisce l’intero mondo scientifico (e non solo) con protesi bioniche applicate al cervello e interfacce uomo-computer che neanche nei film di fantascienza. “Noi già lavoriamo da anni su cose simili, ora avremo modo di concentrarci su aspetti ancora più specifici di questa scienza, sia dal punto di vista della ricerca di base sia da quello clinico”.

L’obiettivo di Cyber Brain è diventare un polo di innovazione specializzato nello sviluppo di dispositivi impiantabili e di neuroprotesi in grado di acquisire e trasmettere segnali neurali utili allo studio di patologie neurodegenerative come l’Alzheimer e la malattia di Parkinson. Non solo, i ricercatori di Cyber Brain svilupperanno protesi cerebrali a forte scala di miniaturizzazione in modalità wireless da utilizzare sia per il monitoraggio non invasivo dei pazienti, sia per la loro cura. “Uno degli aspetti più interessanti del progetto – sottolinea Sebastiano – è infatti proprio questo, la possibilità di unire la ricerca alla terapia. A differenza delle strategie terapeutiche attuate sinora in gran parte dei disturbi del movimento, nella depressione maggiore farmacoresistente e in altri disturbi psichiatrici come il disturbo ossessivo-compulsivo, i dispositivi wireless potranno registrare i segnali elettrici dei pazienti e inviare tali informazioni su sistemi in remoto per una accurata diagnosi, per il monitoraggio dei parametri vitali e, di qui, per un ulteriore sviluppo della tecnologia che prevede non solo di registrare l’attività cerebrale ma anche di influenzarla tramite stimolazione attivabile tra cervello e computer, il che permetterebbe di curare i disturbi funzionali tramite modalità del tutto nuove”.

La comunicazione tra computer e cervello ė già una realtà collaudata. Lo spiega nel suo “letterario” intervento Antony Ritaccio, direttore dell’Epilepsy and Human Brain Mapping Program presso l’Albany Medical Center. Cita Publio Virglio Marone, Umberto Boccioni e Filippo Tommaso Marinetti, “L’uomo si evolve verso la macchina e la macchina verso l’uomo – dice ricordando Boccioni – e quello che facciamo adesso non è altro che una verifica di queste parole”. E poi, entrando più nello specifico, spiega: “Il posizionamento di elettrodi intracerebrali miniaturizzati consente di sviluppare una nuova generazione di neuro protesi, di monitorare e mappare l'attività elettrica del cervello, consentendo a pazienti che hanno subito ictus o affetti da patologie neurologiche degenerative come le sclerosi laterale amiotrofica di usare protesi attivabili solo grazie al pensiero. Ad Albany – conclude – grazie a questi sistemi persone paralizzate stanno sviluppando capacità vocali perse e la computazione della parola”.
Aveva ragione Publio Marone: Mens agitat molem (Lo spirito vivifica la materia). La tipologia di studi della funzione cerebrale adotta nell’ambito di Cyber Brain può inoltre fornire dati di eccezionale valore anche per l’analisi matematica della funzione cerebrale, l’elaborazione di nuovi protocolli di interazione cervello-computer e la creazione di dispositivi di intelligenza artificiale modellati sull’esatto funzionamento dei network neuronali.

I 12 milioni di euro previsti per la realizzazione della piattaforma promossa dalla Fondazione Neuromed saranno destinati sia alla realizzazione di nuove strutture, per esempio la creazione di laboratori per lo studio di interfacce uomo-macchina, di laboratori per l’analisi del movimento di imaging avanzato (tra cui Ac a 256 strati, Rmn e Pet), sia all’acquisizione di tecnologie innovative, tra cui un esoscheletro e lo sviluppo di arti e protesi robotizzate. Su questo aspetto interviene Nicolais. “La ricerca vive di infrastrutture – dice il presidente del Cnr –  e la Campania ha attuato politiche che oggi sono centrali nel sistema delle reti di ricerca tra discipline diverse che ci rendono leader in Europa”.
Il cronoprogramma impone tappe forzate. “Entro 30 mesi – afferma Sebastiano – contiamo di realizzare di realizzare il nostro progetto”. Un progetto che oltre alla ricerca a alla cura prevede anche una forte attività di formazione. In coerenza con le prescrizioni dell’avviso del Miur, verrà avviato un intervento di alta formazione mirato alla creazione di figure professionali specializzate nell’utilizzo delle strutture e delle attrezzature nei settori trasversali di operatività della piattaforma. Il piano è articolato in quattro obiettivi formativi, diretti a formare altrettante figure specialistiche per un totale di 60 formandi, ricercatori selezionati attraverso bando pubblico e destinatari di una borsa di studio. “Abbiamo pensato di formare organizzare specifici corsi di formazione anche nell’ottica di fornire competenze manageriali, tecniche e specialistiche oggi necessarie per inserirsi con professionalità in settori ad elevato contenuto di innovazione”. In particolare, da Cyber Brain si candida a sfornare specialisti nel settore del monitoraggio dei segnali Eeg, del Brain computing interface, dell’imaging e delle telecomunicazioni connesse alla biomedicina.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Biodiversità urbana: com'è cambiata e come proteggerla

Anche le metropoli possono essere ambienti ricchi di specie: secondo un recente studio sono ben 51 le specie di mammiferi che vivono a Roma, alcune di esse sono specie rare e protette. Nel corso degli ultimi due secoli, però, molte specie sono scomparse, in particolare quelle legate alle zone umide, stagni, laghetti e paludi, habitat importantissimi per la biodiversità e altamente minacciati.

Nella foto: Parco degli Acquedotti, Roma. Crediti: Maurizio.sap5/Wikimedia Commons. Licenza: CC 4.0 DEED

Circa la metà della popolazione mondiale, vale a dire ben 4 miliardi di persone, oggi vive nelle città, un fenomeno che è andato via via intensificandosi nell’epoca moderna: nell’Unione Europea, per esempio, dal 1961 al 2018 c’è stato un costante abbandono delle zone rurali e una crescita dei cittadini, che oggi sono circa i