fbpx Alcool e tumore alla mammella | Page 3 | Scienza in rete

Alcool e tumore alla mammella

Read time: 2 mins

Una nuova revisione su alcool e il tumore della mammella è stata pubblicata su Alcohol and Alcholism. Le analisi hanno mostrato che anche bassi consumi di bevande alcoliche - un bicchiere al giorno - possono aumentare  del 5% il rischio di tumore della mammella. Un consumo elevato di alcool, definito come 3 bicchieri al giorno o più, aumenta il rischio del 40/50%. L’alcool è responsabile di circa il 5% di tutti i tumori della mammella in Nord Europa e Nord America, e fino al 10% in Paesi come l’Italia e la Francia, dove il consumo di alcool è diffuso tra le donne. La revisione è stata condotta dal gruppo di Carlo La Vecchia, dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” e dell’Università di Milano, di Vincenzo Bagnardi dell’Università Milano Bicocca e di Helmut K. Seitz dell’Università di Heidelberg, e considera sia i dati epidemiologici che i meccanismi della carcinogenesi mammaria da alcool. “Abbiamo rivisto e incluso nelle nostre analisi - spiega Claudio Pelucchi dell’Istituto di Ricerche Farmacologiche “Mario Negri” - 113 articoli che hanno fornito dati sul tumore della mammella nelle bevitrici moderate, per un totale di 44.552 casi in non bevitrici  e 77.539 in bevitrici moderate”. 

Su questi dati - aggiunge Pelucchi - abbiamo stimato un aumento del 5% di rischio di tumore della mammella nelle bevitrici moderate, e ulteriori aumenti di rischio con l’aumentare della dose di alcool, con un trend altamente significativo”.  “Il tumore della mammella è diverso dagli altri tumori associati all’alcool perché anche piccole dosi possono aumentare il  rischio - commenta Carlo La Vecchia. Il rischio è più forte nei tumori positivi per i recettori agli estrogeni (aumento del 27%) rispetto a quelli negativi (aumento del 14%). Questa osservazione sottolinea il ruolo patogenetico degli estrogeni nel tumore alla mammella associato all’alcool”.

Autori: 
Sezioni: 
Tumori

prossimo articolo

Alimentazione sostenibile: imparare dalla preistoria

Dimostrazione cottura preistorica

Il progetto  Onfoods in prehistory ha voluto comprendere e ricostruire l’eredità di una agricoltura sostenibile nata nella preistoria, migliaia di anni, fa e in grado oggi di rappresentare un modello di riferimento. E lo ha fatto con particolare attenzione alla condivisione di questi valori con un pubblico più ampio possibile, sottolineando quanto si può imparare dalla ricerca archeologica e dalle comunità dell’età del Bronzo in termini di alimentazione sostenibile. Ce ne parla il gruppo di ricerca che ha portato avanti il progetto.

Nell'immagine: attività di archeologia sperimentale dimostrativa con cottura di una zuppa di lenticchie e una di roveja, con ceramiche riprodotte sperimentalmente sulla base dei reperti ceramici del villaggio dell’età del Bronzo di Via Ordiere a Solarolo (RA).

Pluridecennali ricerche sul campo, condotte da Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’Università di Bologna, e dal suo team, hanno permesso di riconoscere nell’Età del Bronzo il momento in cui si è definito un profondo legame tra la conoscenza del territorio e la sostenibilità della gestione delle sue risorse. Questa caratteristica ha infatti consentito alle comunità dell’epoca di prosperare, dando vita a villaggi sempre più stabili e duraturi nel corso del tempo.