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Spegnere l'ictus

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Bloccando la cascata del complemento si possono limitare i danni di un ictus ischemico. E per farlo, ci potrebbe essere una finestra temporale maggiore rispetto alle quattro ore e mezza utili per intervenire con l'attivatore tessutale del plasminogeno, l'unica terapia efficace fino  a oggi a disposizione dei medici. Uno studio condotto all'Istituto Mario Negri di Milano, infatti,  mostra che c'è anche un altro modo, oltre alla trombolisi, per curare le vittime dell'ictus, terza causa di morte e prima causa di invalidità nei paesi sviluppati. «Abbiamo verificato su due modelli animali l'efficacia dell'inibitore del C1» precisa Maria Grazia De Simoni, che ha coordinato il lavoro. «L'effetto protettivo tuttavia non sembra derivare tanto dal blocco del C1 quanto dall'interazione con la proteina del complemento MBL (Mannose Binding Lectin)». Negli animali il trattamento ha ridotto le conseguenze dell'ischemia anche quando veniva somministrato 18 ore dopo l'evento: solo l'avvio di trial con questo prodotto, peraltro già utilizzato nella pratica nei casi di angioedema ereditario e acquisito, permetterà di sapere se ciò vale anche per gli esseri umani.

Annals of neurology pubblicato online l'11-5-2009

 

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Medicina

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Il progetto  Onfoods in prehistory ha voluto comprendere e ricostruire l’eredità di una agricoltura sostenibile nata nella preistoria, migliaia di anni, fa e in grado oggi di rappresentare un modello di riferimento. E lo ha fatto con particolare attenzione alla condivisione di questi valori con un pubblico più ampio possibile, sottolineando quanto si può imparare dalla ricerca archeologica e dalle comunità dell’età del Bronzo in termini di alimentazione sostenibile. Ce ne parla il gruppo di ricerca che ha portato avanti il progetto.

Nell'immagine: attività di archeologia sperimentale dimostrativa con cottura di una zuppa di lenticchie e una di roveja, con ceramiche riprodotte sperimentalmente sulla base dei reperti ceramici del villaggio dell’età del Bronzo di Via Ordiere a Solarolo (RA).

Pluridecennali ricerche sul campo, condotte da Maurizio Cattani, docente di Preistoria e Protostoria dell’Università di Bologna, e dal suo team, hanno permesso di riconoscere nell’Età del Bronzo il momento in cui si è definito un profondo legame tra la conoscenza del territorio e la sostenibilità della gestione delle sue risorse. Questa caratteristica ha infatti consentito alle comunità dell’epoca di prosperare, dando vita a villaggi sempre più stabili e duraturi nel corso del tempo.