Cari Amici, sin dal primo annuncio
della mia nomina a Presidente del CNR ho iniziato a ricevere messaggi
di auguri e attestati di stima. Mi hanno particolarmente
colpito quelli provenienti dalla comunità scientifica e dai giovani
ricercatori precari. Il livello di aspettativa
e di attenzione è decisamente alto, forse anche troppo, rispetto
alle reali possibilità del ruolo oltre che personali. Dal canto mio, sono ben
consapevole delle difficoltà del mandato e dei suoi limiti, così
come dei problemi del CNR e più in generale della ricerca nel nostro
Paese. Ma sono ottimista e
fiducioso. La mobilitazione di
entusiasmi e credito espressi può diventare patrimonio comune con il
quale costruire una più solidale e presente comunità scientifica
sui territori e nelle istituzioni. I laboratori vanno
aperti, liberati dai vincoli di burocrazie miopi e mortificanti.
Va riscoperto il piacere
di fare e far fare ricerca, di condividerla, confutarla, migliorarla.
Ma soprattutto di sceglierla come attività lavorativa, possibile e
qualificante, perché socialmente riconosciuta e apprezzata, e non
mortificata dalle precarietà, dai tempi dilatati per le
stabilizzazioni, da contratti risicati e risibili per importo
economico, da fondi insufficienti e apparecchiature obsolete.
Creatività e vocazione
da sole non possono più bastare, occorre altro. E di questo altro deve
farsi carico l’intera collettività comprendendo che la Scienza è
una delle forme più inclusive di solidarietà che l’umanità possa
esprimere. Per questo sarà
necessario fare rete e usare tutte le nuove e possibili forme di
comunicazione per rendere sempre più familiare e prossima la
Scienza, soprattutto ai non addetti ai lavori. Riducendo le distanze
impareremo a conoscerci e farci conoscere, e questo potrà aiutarci
anche a cambiare in meglio. Ma occorre sapersi
incontrare e comprendersi.
Purtroppo, proprio in
questo campo, registriamo luoghi comuni e ritardi sanati in parte
solo grazie alle capacità comunicative e creative di singoli
ricercatori. Ma se davvero si vuole
essere incisivi occorrerà agire come sistema e saper valorizzare e
capitalizzare tutte le migliori esperienze. Confido nel prezioso
aiuto di Scienza in rete che nel corso di questi anni è
diventata una vetrina e un riferimento importante, non solo per il
Gruppo 2003 e il suo numeroso seguito, ma anche per tanti cittadini.
CNR: riscopriamo il piacere di fare ricerca
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La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.
Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.