fbpx Intelligenza collettiva | Scienza in rete

Intelligenza collettiva

Read time: 2 mins

Una ricerca mette in evidenza come all'interno di ogni gruppo di lavoro affiatato esista una intelligenza collettiva che va al di là della semplice unione delle abilità cognitive dei singoli individui.
Quando si parla di intelligenza, insomma, l'intero può essere maggiore della somma delle sue parti. E' quanto emerge dalla ricerca coordinata da Anita Wolley (Tepper School of Business presso la Carnegie Mellon University) e pubblicata nei giorni scorsi su Science.
Suddivisi in gruppi di lavoro composti da due a cinque persone, ai 699 individui coinvolti nella sperimentazione veniva chiesto di portare a compimento compiti di vara natura, che andavano dalla risoluzione di semplici giochi a problemi di negoziazione o attività di brainstorming. I ricercatori hanno notato che le prestazioni dei gruppi più affiatati non erano correlate solo alle abilità individuali (rilevate chiedendo a molti partecipanti di svolgere compiti analoghi individualmente), ma si manifestava una sorta di intelligenza collettiva in grado di migliorare la prestazione del gruppo anche del 30 o 40%.
Nello studio si evidenzia come questo fattore di intelligenza collettiva sia correlato alla sensibilità sociale dei singoli membri del gruppo, cioè alla capacità di percepire ciascuno le emozioni degli altri. Gruppi nei quali una persona esercita una sorta di “dominio” si sono mostrati meno intelligenti di altri gruppi nei quali lo scambio di idee e i turni di conversazione erano distribuiti più uniformemente.
Lo studio non contemplava una analisi della composizione del gruppo rispetto al genere ed è stata dunque una grossa sorpresa per i ricercatori notare in modo evidente come una maggiore presenza femminile tra i membri del gruppo giochi un ruolo chiave nel manifestarsi di questa intelligenza collettiva.

MIT

Autori: 
Sezioni: 
Indice: 
Scienze sociali

prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.