Ennesimo esame per la Relatività generale ed ennesima promozione a pieni voti. Questa volta a decretare che la teoria di Einstein è corretta ci hanno pensato oltre 70 mila galassie.
Lo studio è opera di un team di astrofisici delle Università di Princeton, Berkeley e Zurigo. I ricercatori hanno messo alla prova le conseguenze cosmologiche della Relatività e di altre teorie "concorrenti" proposte in questi ultimi anni soprattutto per togliere di mezzo l'ingombrante presenza della materia oscura. Nello studio sono stati analizzati i dati di decine di migliaia di galassie individuate dalla Sloan Digital Sky Survey che si trovano entro una distanza di 3 miliardi e mezzo di anni luce dalla Terra. In particolare i ricercatori hanno valutato la quantità chiamata EG, un parametro che descrive come le galassie si sono aggregate e come questa aggregazione, a causa dell'azione gravitazionale della materia, distorce le loro immagini.
Valutazione molto delicata, ma che permette di decidere se una descrizione teorica dell'universo trovi o meno conferma nella realtà. Differenti teorie della gravità, infatti, prevedono valori di EG diversi da quello suggerito dalla Relatività generale.
Nello studio, pubblicato qualche giorno fa su Nature, gli autori confermano che il loro risultato si adatta perfettamente al valore previsto dalla teoria di Einstein. I dati osservativi, insomma, dicono che, almeno entro tre miliardi e mezzo dalla Terra, la Relatività generale è corretta e affidabile.
Nature - Berkeley University - Princeton University
Einstein promosso ancora
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Uno studio pubblicato su Behavioral Sciences mette in discussione l’idea di un cervello rigidamente “maschile” o “femminile”, proponendo una lettura basata sulla complessità delle reti neurali: le differenze legate al sesso biologico, spiega l'autore, esistono ma si sovrappongono ampiamente, mentre il genere lascia tracce più diffuse, legate a emozioni e cognizione sociale. L’identità emerge così come il risultato dinamico di biologia, esperienza e contesto culturale.
Un anno fa, su queste pagine, si raccontava di uno studio che aveva fatto molto discutere: in quasi cinquemila preadolescenti, sesso biologico e genere sembravano lasciare “impronte” in reti neurali in parte diverse, suggerendo che ciò che chiamiamo sesso e ciò che chiamiamo genere non coincidono neppure nel cervello.