fbpx Aerosol e strumenti a fiato | Scienza in rete

Strumenti a fiato e aerosol: limitare la diffusione di SARS-CoV-2 in orchestra

Come posizionare i musicisti in orchestra per limitare che si diffondano particelle di aerosol contenenti il virus SARS-CoV-2? Un gruppo di ricercatori del dipartimento di ingegneria chimica dell’Università dello Utah ha studiato il comportamento del flusso d’aria e della concentrazione di particelle di aerosol all’interno di due sale da concerto, per cercare di elaborare strategie di mitigazione nella diffusione di Covid-19 tra musicisti di strumenti a fiato.

Immagine: Pixabay.

Tempo di lettura: 6 mins

I concerti al chiuso, com’è noto, sono e sono stati tra le rappresentazioni culturali più colpite dalle chiusure durante la pandemia, anche a causa della loro natura aggregante. Chi frequenta i concerti con pubblico ridotto oppure chi ha seguito le dirette streaming di eventi musicali importanti, si sarà sicuramente reso conto della diversa disposizione dei musicisti sul palco – se non addirittura in platea.

Quasi sempre violini, viole, violoncelli e contrabbassi indossano la mascherina, assieme alle percussioni, alle arpe e a un eventuale pianoforte. Durante le prove è generalmente presente plexiglass tra i musicisti e si evita di darsi la mano con il direttore a inizio e fine concerto. Attenzioni che servirebbero a prevenire il contagio soprattutto tra chi la mascherina non può inevitabilmente metterla: non tanto cantanti e coristi (che pure talvolta l’hanno usata!), ma anzitutto gli strumentisti a fiato, e cioè flauti, oboi, clarinetti, fagotti, trombe, tromboni, tube, ...

Ma oltre al plexiglass in prova e le mascherine per coloro che non soffiano dentro uno strumento, come si possono disporre i componenti dell’orchestra per far sì che l’aerosol prodotto persista in sala il meno possibile?

Aprire le porte e spostare i musicisti

Un gruppo di ingegneri chimici della University of Utah coordinato da Tony Saad ha cercato di dare una risposta con un articolo pubblicato lo scorso 23 giugno su Science Advances.

Saad e colleghi hanno calcolato il posizionamento ottimale dei musicisti sul palco – e la configurazione ottimale di porte e impianti di aerazione delle sale da concerto – considerando due aspetti fondamentali: il flusso d’aria nell’ambiente orchestrale e la concentrazione di aerosol attorno agli strumenti a fiato. Lo studio ha analizzato in particolare due specifiche sale, la Abravanel Hall e il Capitol Theater dello stato dello Utah. Questi due luoghi presentano differenti caratteristiche dal punto di vista architettonico, che quindi definiscono flussi d’aria diversi.

Come avevamo già scritto su Scienza in rete, il ruolo dell’aerosol in ambienti chiusi rappresenta un fattore importante nella diffusione di SARS-CoV-2, soprattutto quando il tempo di permanenza all’interno è prolungato, cosa che per definizione avviene durante un concerto. Come ricordano Hedworth e colleghi, oggi sappiamo che la produzione di aerosol – che può raggiungere anche più di due metri di diffusione – può provenire da «starnuti, tosse, canto, conversazione o suonando strumenti a fiato». Ecco perché è importante studiare la dinamica del flusso d’aria per capire come questo possa intrappolare in un ambiente chiuso particelle contenenti SARS-CoV-2.

Per semplicità, i cinque ricercatori hanno considerato solo l’area del palco, concentrandosi quindi solo sul rischio di infezione che corrono i musicisti, ignorando il ruolo – pur non trascurabile – del pubblico. Il risultato è intuitivo: per minimizzare la probabilità di contagio, bisogna collocare gli strumenti che producono più aerosol vicino alle bocchette di aerazione, sfruttare i flussi d’aria aprendo le porte e finanche usare strutture fisiche aggiuntive per facilitare il ricambio d’aria.

La fluidodinamica per gli strumenti a fiato

I ricercatori hanno impiegato delle simulazioni di fluidodinamica computazionale – utilizzando dati relativi ai vari strumenti a fiato già categorizzati da uno studio pubblicato sul Journal of Aerosol Science a gennaio e coordinato da Jiarong Hong della University of Minnesota – per stimare la concentrazione di aerosol emessa da ciascuno.

aerosol

Rielaborazione della Table 2 dell’articolo di Hedworth et al., Science Advances 7(26), eabg4511. La colonna “Rischio” è stata aggiunta considerando la categorizzazione eseguita dallo studio di He et al., Journal of Aerosol Science 151, 105669 (come si può immaginare, in funzione della concentrazione). Sono inoltre presenti la portata volumetrica di ciascuno strumento e il raggio della campana (la parte finale dello strumento da cui esce l’aria).

Saad e colleghi hanno inoltre assunto che durante il tempo di simulazione, gli strumenti a fiato suonassero a un tasso costante; in genere, ciò non avviene durante un’esecuzione, quando invece i momenti di “pausa”, soprattutto per i fiati, sono frequenti. In più, per valutare l’efficacia delle misure di mitigazione proposte, il gruppo di scienziati ha «analizzato la riduzione della concentrazione media di aerosol nella regione tra 0,9 e 1,3 metri di altezza, che corrisponde alla zona di respirazione dove si trova la testa dei musicisti».

Per quanto riguarda le diverse configurazioni dell’orchestra, sia per la Abravanel Hall che per il Capitol Theater, la disposizione iniziale partiva in ogni caso dal distanziamento fisico di due metri circa tra gli strumentisti, tenendo le porte chiuse e l’impianto di aerazione acceso. Le configurazioni successive differiscono a seconda della sala da concerto (semplice redistribuzione degli strumentisti vicino alle bocchette, apertura delle porte, aggiunta di plenum sopra le porte posteriori, …).

Il comportamento del flusso d’aria dalle bocchette e dalle porte è stato analizzato grazie alle equazioni di Navier-Stokes, e per modellare la turbolenza generata dai sistemi di aerazione (che si è osservata per esempio poco sotto le bocchette del soffitto di Abravanel Hall, con le porte chiuse) è stata usata una metodologia di simulazione dei grandi vortici (Large Eddy Simulation, LES).

Il caso dell'aerosol all'Abravanel Hall

A titolo esemplificativo, riportiamo di seguito alcuni dei risultati specifici relativi all’Abravanel Hall. Anzitutto si può osservare di seguito il diverso comportamento della velocità di flusso d’aria nell’ambiente del palco a seconda che le porte laterali siano aperte o chiuse.

aerosol

A: sezioni al centro e a sinistra del palcoscenico con le porte chiuse. B: vista frontale della velocità a metà palco con le porte chiuse. C: sezioni al centro e a sinistra del palcoscenico con le porte aperte. D: vista frontale della velocità a metà palco con le porte aperte. La mappa dei colori varia da 0,01 a 0,5 metri al secondo su una scala logaritmica. Immagine originale.

Salta all’occhio come l’apertura delle porte laterali indebolisca il ricircolo d’aria che si forma a porte chiuse al centro del palco (confronto tra B e D), così come indebolisca la turbolenza in alto (confronto tra A e C).

Di seguito è invece possibile osservare quanto la concentrazione di aerosol vari se, nella configurazione al centro, si spostano gli strumenti di emissivi vicino alle bocchette e lontani da ricircoli d’aria e, nella configurazione a destra, se si aprono anche le porte.

aerosol

Le concentrazioni di aerosol nell’intervallo di altezza tra 0,9 e 1,3 metri. A: configurazione standard con il solo distanziamento fisico di due metri. B: redistribuzione degli strumentisti più emissivi vicino alle bocchette e lontani da ricircoli d’aria. C: stessa configurazione di B con anche le porte aperte. La mappa dei colori varia da 0,1 a 100 particelle per litro su una scala logica. Immagine originale.

Secondo i calcoli del gruppo di ricercatori, con il solo distanziamento fisico ma porte chiuse il 70% del volume della zona di respirazione è occupato da concentrazioni tra 0,1 e 10 particelle per litro. Invece, riposizionando gli strumentisti più emissivi vicino alle bocchette e lontano dai ricircoli d'aria, il 70% della zona di respirazione ha una concentrazione tra 0,01 e 1 particella per litro. Infine, aprendo le porte con gli strumentisti riposizionati, il 70% della zona di respirazione è occupata da concentrazioni più basse di 0.001 particelle per litro. È quindi sensato ipotizzare che la dose infettante si riduca degli stessi ordini di grandezza, essendo dose e concentrazione correlate approssimativamente in modo lineare. L’analisi è stata analoga anche per Capitol Theater, con la peculiarità che in questa sala da concerto non era sufficiente spostare gli strumentisti o aprire le porte per avere risultati simili, ma si è dovuta simulare l’aggiunta di un plenum sopra le porte posteriori del palco.

Ulteriori approfondimenti

Ogni sala da concerto ha delle caratteristiche di aerazione diverse, per cui servirebbe innanzitutto disporre di profili fluidodinamici per ogni teatro, per quanto si possano usare le indicazioni elaborate da questo studio nelle sedi che assomigliano a quelle analizzate. In più, come fanno notare i ricercatori, bisognerebbe anche prendere in considerazione il ruolo del pubblico, della «temperatura, dell'umidità relativa e della galleggiabilità sui pennacchi emessi dagli strumenti». Potrebbe poi non essere possibile aggiungere strutture ulteriori all’interno del palco, ma, suggeriscono gli scienziati, si potrebbero usare più agevolmente attrezzature presenti nei teatri, come le macchine per la nebbia. In ogni caso, come si è visto, tenere semplicemente i musicisti distanziati di due metri è una strategia di mitigazione insufficiente.

 

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Trump mette il miliardario Isaacman a dirigere la NASA. Cosa succederà?

Rompendo la tradizione che vuole che la scelta dell’Amministratore della NASA cada su un politico oppure su un astronauta di lungo corso, Trump ha nominato un miliardario di 41 anni che è stato nello spazio due volte come astronauta privato. Ecco la storia rocambolesca di questo outsider che probabilmente ci stupirà. Nell'immagine, l’equipaggio di Inspiration4 da sinistra Chris Sembroski, Sian Proctor, Jared Isaacman e Hayley Arceneaux, la prima astronauta con una protesi.  (credito Inspiration4)

Tra le nomine annunciate della prossima amministrazione Trump ce n’è una assolutamente fuori dagli schemi che però sta ricevendo apprezzamenti da più parti. Rompendo la tradizione che vuole che la scelta dell’Amministratore della NASA cada su un politico oppure su un astronauta di lungo corso dell’agenzia, il presidente eletto ha annunciato che la poltrona sarà occupata da Jared Isaacman, un imprenditore miliardario di 41 anni, che è stato per due volte nelle spazio come astronauta privato.