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L’Universo simulato di Illustris

Tempo di lettura: 10 mins

Gli strumenti osservativi di cui dispongono gli astronomi hanno loro permesso di farsi un’idea meno vaga dell’Universo che ci circonda. E’ pur vero che, stando agli ultimi risultati che ci ha consegnato il satellite europeo Planck, abbiamo imparato che nel nostro Universo la materia ordinaria – quella di cui siamo composti noi, la Terra e le stelle – non ammonta neppure al 5% del suo contenuto globale, che circa il 27% è costituito dall’enigmatica materia oscura e che la parte rimanente (poco più del 68%) è l’ancora più enigmatica energia oscura. Gli ingredienti dell’Universo, insomma, per la massima parte ancora ci sfuggono, ma questo non significa che gli astronomi brancolino nel buio. Tutt’altro.

Le osservazioni sempre più profonde hanno permesso di ricostruire la struttura su larga scala dell’Universo visibile, mostrando la presenza di una sorta di ragnatela cosmica: lunghissimi filamenti di materia che collegano le regioni in cui si sono formate le galassie. Secondo alcuni modelli, all’origine di questa struttura vi sarebbe la particolare distribuzione assunta dalla materia oscura nei momenti iniziali dell’evoluzione dell’Universo, una distribuzione che ha vincolato la materia ordinaria a riprodurre un identico andamento.

Oltre l’osservazione

Ma non è solamente attraverso l’osservazione del cielo che oggi gli astronomi provano a ricostruire la struttura dell’Universo. La disponibilità di macchine di calcolo sempre più potenti e la conoscenza sempre più dettagliata dei meccanismi fisici che agiscono nel cosmo hanno permesso ad alcuni team di intraprendere la strada della simulazione numerica. Tra queste simulazioni occupa un posto privilegiato il Progetto Illustris, un insieme di simulazioni cosmologiche su larga scala che comprende anche la più ambiziosa simulazione della formazione delle galassie mai eseguita. Nei calcoli si tiene conto dell'espansione dell'universo, dell'attrazione gravitazionale sia della materia ordinaria che della materia oscura, del movimento o “idrodinamica” dei gas cosmici, come pure della formazione di stelle e buchi neri.

L’insieme di questi processi fisici e dei componenti su cui agiscono viene modellato a partire da condizioni iniziali molto simili a quelle che caratterizzavano l’Universo pochi milioni di anni dopo il Big Bang e la simulazione procede fino a raggiungere la situazione attuale, cioè coprendo 13.8 miliardi di anni di evoluzione cosmica. Il volume simulato (un cubo di 350 milioni di anni luce di lato) contiene decine di migliaia di galassie che coprono una vasta gamma di masse, forme, dimensioni, tassi di formazione stellare e altre proprietà che sono in buon accordo con la popolazione di galassie osservate nell'Universo reale.

Finora il Progetto Illustris ha reso possibile la pubblicazione di oltre 30 articoli scientifici, ognuno dei quali si basa sullo studio di un aspetto differente della simulazione. Uno degli ultimi, pubblicato su MNRAS a fine febbraio dal gruppo di studio coordinato da Markus Haider (Universität Innsbruck), si occupa di valutare quale possa essere la distribuzione della massa cosmica su larga scala. Già precedenti analisi avevano messo in luce come anche nelle simulazioni emergesse la ragnatela cosmica suggerita dalle osservazioni. Una distribuzione di massa assolutamente non uniforme, insomma, che Haider ha provato a studiare (sia nella componente ordinaria, sia in quella oscura) seguendo quanto i dati di Illustris suggerivano delle differenti epoche dell’evoluzione dell’Universo.

Vuoti cosmici non così vuoti

Dall’analisi di quei dati emerge anzitutto che, considerando sia la componente oscura che quella ordinaria (barionica), circa il 45% della massa è concentrata in quelle regioni che sono caratterizzate dalla presenza delle galassie. Regioni estremamente ricche di materia, ma il cui volume non è neppure lo 0,2% dell’intero volume dell’Universo che vediamo oggi. Un ulteriore 45% della massa si concentrerebbe negli imponenti filamenti che costituiscono la struttura del cosmic web. Facile notare come all’appello manchi il 10% della materia: secondo lo studio risiederebbe nei vuoti che si estendono tra i filamenti, immense voragini che, in volume, ammontano a circa l’80% del totale.

Lo studio di Haider entra anche nei dettagli di questa distribuzione, valutando separatamente la situazione sia della materia ordinaria che della materia oscura. Limitandoci, per esempio, alla situazione presente nelle immensità dei vuoti cosmici, dallo studio emerge che lì vi si troverebbe poco più del 6% del totale della materia oscura, mentre la materia ordinaria ammonterebbe a più del 30% del suo totale. Una presenza dal valore inaspettatamente elevato, che porta inevitabilmente a chiedersi come possa la materia ordinaria essere approdata in quei vuoti, eludendo parzialmente il vincolo gravitazionale con la materia oscura.

Haider e collaboratori puntano il dito verso i meccanismi di feedback che regolano le dinamiche dei nuclei galattici attivi, complesse e violente interazioni nelle quali giocano un ruolo decisivo i buchi neri supermassicci che vi risiedono. Parte della materia che precipita in questi pozzi senza fondo verrebbe convertita in energia e trasferita al gas circostante che sarebbe in tal modo soffiato via dal buco nero. Il risultato di questi immani uragani cosmici sarebbe un imponente flusso di materia espulso a centinaia di migliaia di anni luce di distanza dai buchi neri, dunque ben oltre i confini delle stesse strutture galattiche.

Secondo i ricercatori, questo flusso di materia iniettata nelle regioni di vuoto che separano le strutture della ragnatela cosmica potrebbe rendere conto di oltre i 2/3 della presenza di materia ordinaria in tali regioni. Non solo questa presenza suggerisce che il vuoto cosmico possa essere meno vuoto di quanto ci si aspettasse, ma l’elevata presenza di massa barionica nei vuoti del cosmic web potrebbe anche aiutare gli astronomi a risolvere il cosiddetto “problema della massa barionica mancante”. Mentre a grandi distanze, infatti, la componente barionica (cioè la materia ordinaria) risulta in accordo con quanto previsto dai modelli, nell’Universo più prossimo sembrerebbe in quantità inferiore rispetto alle attese. Secondo le stime pubblicate alcuni anni fa da Michael Shull (University of Colorado) e collaboratori, nell’Universo locale mancherebbe all’appello circa il 30% della massa barionica.

Problema tutt’altro che secondario, dunque, che i meccanismi proposti da Haider potrebbero riuscire a risolvere. Innescando, però, una domanda altrettanto stringente: sarà mai possibile avere una conferma osservativa di questa elusiva presenza?

 

L’intervista

Per approfondire alcuni aspetti della scoperta e del Progetto Illustris, abbiamo contattato Federico Marinacci. Astrofisico perugino, laurea e dottorato presso l’Università di Bologna, dal 2014 è in forza al gruppo di ricerca di Mark Vogelsberger presso il Kavli Institute al MIT, dove si occupa del codice AREPO, il cuore delle simulazioni di Illustris.

Dott. Marinacci, andiamo subito al sodo di questo ambizioso progetto. Qual è la caratteristica principale che distingue Illustris da altre precedenti simulazioni cosmologiche? Quali sono i suoi punti di forza?

Ci sono varie caratteristiche che contraddistinguono Illustris dalla precedente generazione di simulazioni cosmologiche. La più importante, però, è il fatto di includere una descrizione per quanto più possibile completa dei processi fisici che governano l'evoluzione della materia ordinaria - i cosiddetti barioni - nell'Universo. Nonostante rappresentino soltanto una minima parte (all'incirca il 5%) del contenuto totale di massa nell'Universo, i barioni sono indispensabili nei processi di formazione ed evoluzione delle strutture che popolano l'Universo, come ad esempio le galassie. In effetti è proprio grazie all'emissione di radiazione elettromagnetica da parte della materia barionica presente nelle stelle e nei gas all'interno e attorno alle galassie che gli astrofisici ricavano informazioni sulle proprietà delle stesse. Considerare l'evoluzione dei barioni è perciò di fondamentale importanza se si vogliono fare previsioni teoriche da confrontare poi direttamente con le osservazioni disponibili dell'Universo reale.

Un altro punto di forza delle simulazioni è il fatto che in Illustris è stato simulato un volume abbastanza grande, tale da essere rappresentativo del nostro Universo. Questo ha permesso di modellare contemporaneamente l'evoluzione di circa 40 mila galassie e studiare statisticamente le loro proprietà, poi confrontate con quelle ottenute dalle più recenti surveys osservative. Infine, Illustris utilizza un codice numerico, chiamato AREPO, unico nel suo genere. La particolarità di AREPO è che la griglia che utilizza per risolvere le complesse equazioni che governano l'evoluzione dei gas nell'Universo non è statica, come nella stragrande maggioranza degli altri codici cosmologici, ma si può muovere con il gas adattandosi alle caratteristiche del suo moto; il tutto a vantaggio dell'accuratezza delle simulazioni. 

Nelle simulazioni di Illustris sono stati introdotti numerosi processi fisici e chimici. Qual è stato quello che, più di altri, ha dato grattacapi in fase di simulazione?

 Diciamo che quasi tutti hanno dato dei grattacapi, sia in fase di implementazione sia in fase di simulazione. Simulazioni cosmologiche così avanzate come Illustris sono estremamente complesse e ciò è dovuto al fatto che i processi fisici cruciali per capire la formazione e l'evoluzione delle galassie agiscono su scale temporali e spaziali piccole - in termini astronomici - ma influenzano le proprietà su larga scala dell'Universo. In linea di principio, occorrerebbe simulare tutte queste scale contemporaneamente, ma questo non è possibile neppure con i supercomputer più potenti disponibili attualmente. L'unico approccio praticabile è quello di approssimare ragionevolmente quello che accade su piccola scala in modo tale da poter catturare gli aspetti essenziali di tali processi alle scale che possono essere effettivamente risolte nei calcoli.

Comunque, se proprio devo scegliere un processo fisico, allora dico l'accrescimento di materia da parte dei buchi neri supermassicci all'interno dei nuclei galattici attivi e il feedback associato alla conseguente liberazione di energia che può influenzare gas che si trova a centinaia di migliaia di anni luce dal nucleo della galassia. Si può dire che questo sia il caso più estremo dell'enorme varietà di scale da simulare a cui accennavo prima e ci sono voluti numerosi tentativi prima di arrivare al modello che è stato poi utilizzato in Illustris.

Dai risultati finora pubblicati, mi pare emergano sia significative conferme del modello sia incongruenze e credo che entrambe siano di cruciale importanza per affinare sempre più il modello stesso. Inevitabile però chiedersi quale possa essere il grado di affidabilità di simulazioni così complesse e delicate come quelle di Illustris. Qual è la sua opinione?

Quello dell'affidabilità e dell'accuratezza di simulazioni cosmologiche così complesse è un aspetto molto importante. E' infatti indubbio che la complessità dei fenomeni da simulare porti inevitabilmente ad adottare approssimazioni che a loro volta hanno un'influenza non trascurabile sui risultati finali. Proprio questa influenza è il punto su cui si concentrano molto spesso le discussioni tra gli addetti ai lavori. Nonostante queste limitazioni, possiamo comunque considerare le simulazioni numeriche lo strumento più potente per comprendere da un punto di vista teorico ciò che è successo nei circa 14 miliardi di anni di vita del nostro Universo.

Ciò deriva anche dal fatto che, a differenza di altre scienze, in Astrofisica non è possibile fare esperimenti, almeno non nel senso classico del termine. Come astrofisici non possiamo entrare in un laboratorio e fare esperimenti in modo controllato per capire tutte le particolarità di un fenomeno celeste. Di solito abbiamo osservazioni che registrano un istante o alcuni istanti di un fenomeno, che magari è iniziato centinaia di milioni o addirittura miliardi di anni fa e che può durarne altrettanti. Da queste osservazioni dobbiamo ricavare una spiegazione teorica di quanto è successo ed essere in grado di prevedere ciò che potrà succedere e che dovrà essere confermato dai dati osservativi.

Ma cosa accade se le condizioni cambiano? La teoria che abbiamo elaborato è ancora valida? E' proprio qui che entrano in gioco le simulazioni, pur con tutte le loro limitazioni. Grazie ad esse siamo in grado di testare le nostre predizioni in scenari differenti, in modo simile a quanto viene fatto nei tradizionali esperimenti scientifici. Non a caso alcuni astrofisici definiscono le simulazioni esperimenti numerici. Da questo punto di vista, quindi, le incongruenze o, se vogliamo, le cose che non funzionano in una simulazione sono molto importanti (certe volte più delle conferme) perché ci forzano ad avere una visione critica dei risultati ottenuti e a cercare spiegazioni che si adattino meglio alla realtà dei fatti. Ed è su questa continua ricerca di modelli migliori nel descrivere la realtà che ci circonda che in definitiva si basa il progresso scientifico.

Nell’ultimo studio pubblicato su MNRAS si evidenzia come il disegno su grande scala dell’Universo sia caratterizzato, in linea con i risultati osservativi, da una struttura filamentosa e da grandi vuoti. Illustris suggerisce però che tali vuoti non siano proprio così vuoti. Ritiene possa essere possibile ottenere un riscontro osservativo per questo inaspettato risultato di Illustris?

Lo spero davvero! Il fatto è che questo genere di osservazioni è molto difficile da compiere anche con gli strumenti di ultima generazione, date le bassissime densità del gas e la quasi totale assenza di galassie nei vuoti cosmici. C'è, però, un grande interesse per queste regioni del nostro Universo perché, proprio a causa della loro densità molto bassa, sono laboratori ideali per studiare l'influenza dei meccanismi di feedback - che ricoprono un ruolo fondamentale nel determinare le proprietà delle galassie - sulla distribuzione di materia su scale cosmologiche.

Sono sicuro che in un futuro prossimo avremo riscontri osservativi che potremo utilizzare per capire se gli scenari che abbiamo ipotizzato a partire dalle nostre simulazioni siano compatibili con quanto effettivamente si osserverà. Nel caso non dovessero esserlo, ci aspetta molto lavoro da fare: dobbiamo capire quali siano le cause di questa discrepanza e, a partire da esse, elaborare un modello migliore che tenga conto dei nuovi vincoli osservativi.

Claudio Elidoro intervista Federico Marinacci

Per chi desidera consultare i risultati di altre simulazioni di Illustris:
Nature (maggio 2014) - Properties of Galaxies
MNRAS (agosto 2014) - Dark and visible matter
MNRAS (settembre 2014) - Evolution of galaxy population
MNRAS (luglio 2015) - Evolving black population of black holes
Astronomy and Computing (novembre 2015) - Public Data Release
Un elenco di pubblicazioni relative ai risultati di Illustris è consultabile alla pagina
A questo link un interessante filmato di presentazione del Progetto Illustris.


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