Un gruppo di scienziati dell'Indiana
University negli Stati Uniti sta studiando come le persone valutano e
prevedono le conseguenze delle loro azioni future. Domenica 6 luglio al Forum
FENS di Neuroscienze, Joshua Brown
ha mostrato alcune simulazioni in grado di chiarire come il cervello anticipa,
riconosce, valuta, ed evita gli errori.
“Il cervello crea aspettative rispetto a ciò che dovrebbe succedere, e le
confronta con quello che accade realmente” spiega il ricercatore. “Stiamo
esaminando come il cervello prevede effetti non ancora avvenuti, e come questo
ci aiuta nell’evitare errori futuri o situazioni pericolose”.
Brown e colleghi hanno sviluppato una complessa simulazione informatica che
riproduce le regioni del cervello che sono maggiormente coinvolte nel momento
in cui le persone regolano inconsapevolmente i loro comportamenti. Il modello conferma
che alcune specifiche zone si attivano durante il riconoscimento degli errori.
Questi dati, combinati con le tecniche di imaging, hanno permesso al gruppo
di Brown di dimostrare che la valutazione e la previsione degli errori
coinvolge regioni diverse del cervello all’interno della corteccia prefrontale
mediale (mPFC), e in particolare nella corteccia cingolata anteriore (ACC). Queste
aree sono in grado di fare proiezioni sugli eventi futuri, sia positivi che
negativi.
Studi precedenti avevano già mostrato un’attivazione dell’ACC durante o
subito dopo il riconoscimento di un errore: è così che alcuni scienziati hanno
iniziato a parlare di questa parte del cervello come una sorta di ‘centro
dell’errore’. Ma ora il modello informatico proposto dall’Indiana University
suggerisce che la corteccia cingolata anteriore regola anche il tentativo di evitare
errori futuri, come un sistema di prevenzione delle situazioni rischiose.
Questa scoperta suggerisce anche che eventuali danni all’ACC potrebbero
compromettere la capacità del cervello di valutare i pericoli in arrivo. Già
sappiamo che le disfunzioni della corteccia cingolata anteriore sono legate a
diversi disturbi mentali, come l’autismo o la dipendenza da droghe, che spesso
portano i pazienti a sottovalutare i pericoli. Al contrario, l’eccessiva
attivazione dell’ACC è associata a disturbi ossessivo-compulsivi, che invece
amplificano la percezione dei rischi incombenti.
Lo sviluppo di modelli informatici che spiegano questi processi potrebbero
portare quindi ad avanzamenti nella ricerca clinica su disturbi legati alla
disfunzione della corteccia cingolata anteriore. La sofisticata simulazione
messa a punto da Brown e colleghi è stata realizzata a partire da dati
esistenti raccolti con le tecniche più avanzate: neuroimmagine, registrazione
dell’attività elettrica del cervello e analisi comportamentali. “Una volta che
abbiamo sviluppato il modello, lo abbiamo utilizzato per fare previsioni
sull’attivazione delle strutture cerebrali in diversi contesi. Poi abbiamo
confrontato queste previsioni con i dati reali” spiega il ricercatore.
“Effettivamente, il computer ci ha aiutato a ‘prevedere’ i meccanismi neurali
che sono alla base della previsione umana”.
È così che i modelli informatici stanno diventando strumenti sempre più
efficaci per migliorare la comprensione del cervello. “La nostra ricerca
dimostra che i computer possono portare a scoperte importanti. Unendo i dati
con i modelli, siamo in grado di verificare l’accuratezza delle teorie sul
cervello” conclude Brown.