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Il problema dei cibridi

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Nell’ambito della ricerca sulle cellule staminali umane, le preoccupazioni di natura etica si intrecciano spesso con ostacoli di tipo tecnico. Tra questi ultimi la scarsità di cellule uovo umane ha spinto alcuni gruppi di ricerca nel Regno Unito a tentare strade alternative e a richiedere il permesso alle autorità nazionali competenti di creare linee di cellule staminali a partire da un embrione non interamente umano, detto ibrido citoplasmatico o cibrido. Una delle tecniche che finora si sono dimostrate più efficienti per ottenere cellule staminali embrionali umane è il cosiddetto Somatic Cell Nuclear Transfer, che consiste nel sostituire il nucleo di una cellula uovo con quello di una cellula qualsiasi del corpo, cioè somatica (per esempio della pelle) Per il momento le cellule così ottenute vengono utilizzate al fine di comprendere il loro comportamento e il loro potenziale terapeutico, ma in futuro questa tecnica potrà essere utilizzata per creare tessuti “su misura” per il singolo paziente. Come si diceva però, il numero di cellule uovo umani necessari per praticare tale tecnica è totalmente insufficiente rispetto alle esigenze dei laboratori impegnati in questo promettente ramo della medicina molecolare.

L’idea dei gruppi di ricerca inglesi è dunque quella di utilizzare come “recipienti” del nucleo somatico umano, cellule uovo prelevati da altre specie animali (per esempio da bovini), ampiamente disponibili e più facilmente manipolabili. L’embrione che ne risulterebbe è tecnicamente un cibrido (o cybrid, Cytoplasmic hybrid) in quanto composto da materiale biologico in parte umano (il nucleo della cellula somatica) e in parte non umano (la membrana, il citoplasma e il DNA mitocondriale della cellula uovo), ma verrebbe lasciato sviluppare esclusivamente in provetta e solo per il tempo necessario alla formazione delle cellule da prelevare.

La tecnica appena descritta ha ottime chances di successo, ma ha sollevato numerose obiezioni etiche. Ne elenchiamo solo alcune tra le più caratteristiche.

Alcuni hanno sostenuto che questo tipo di esperimenti ci mette in una posizione ontologicamente ambigua: non possiamo infatti stabilire con certezza se questi embrioni siano umani o non-umani. Questo potrebbe essere causa di confusione morale, e tanto sarebbe sufficiente a sollevare dubbi sulla creazione di questo tipo di embrioni. Un’altra obiezione fa ricorso alla presunta ripugnanza morale che questo tipo di ibridi suscita in molti come ragione sufficiente per vietarne la creazione.

Entrambe queste obiezioni possono tuttavia essere respinte. Esse infatti mancano di indicare per quale motivo reazioni pur comprensibili, come la confusione o il disgusto, rappresentino guide morali affidabili per affrontare le sfide odierne della biomedicina. Sembra infatti che in queste posizioni giochino un ruolo del tutto marginale considerazioni legate al benessere dei malati che un giorno potranno beneficiare delle ricerche in questione. Assumere la confusione e il disgusto come criteri assoluti per la condotta morale significa rinunciare i a curare gravi e penose malattie.

La scienza procede velocemente, e le nostre considerazioni morali faticano a tenere il passo. Tuttavia questo non è un buon motivo per scegliere senza adeguati motivi opzioni morali difensive e conservatrici, che limitano il potenziale della scienza e della morale stessa.


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