fbpx L'antico dialogo dell'uomo con la natura | Scienza in rete

L'antico dialogo dell'uomo con la natura

Read time: 3 mins

Capita spesso di leggere articoli o di incontrare persone che sostengono che i cibi naturali sono preferibili, anzi sono gli unici che rispettano la salute e l'ambiente. Non voglio qui ricapitolare o riaffrontare il dibattito più che bimillenario su cosa sia naturale (e quindi su cosa riteniamo sia la natura) ma preferisco in questo contesto limitarmi alla definizione che va per la maggiore e cioè che è naturale quello che avviene spontaneamente, senza l'intervento umano. Se prendiamo per buona questa definizione, allora occorre affermare con forza che le piante coltivate non sono naturali.
Come si arriva a questa conclusione? Ci si arriva semplicemente ripercorrendo il cammino dell'uomo a partire dal momento in cui ha cominciato a fare l'agricoltore, cosa che è avvenuta per la prima volta circa 10.000 anni fa nella zona della mezzaluna fertile.

Questo percorso è il filo rosso che tiene insieme la mostra "Naturaleartificialecoltivato. L'antico dialogo dell'uomo con la natura". Scopo della mostra è di aiutare a recuperare alcuni semplici fatti che caratterizzano la storia dell'agricoltura, la nascita delle piante coltivate e il rapporto dell'uomo con la natura. Il visitatore impara il concetto di domesticazione (il rendere piante ed animali adatti a vivere con l'uomo e per l'uomo) e il fatto che essa comporta la modifica di alcuni geni cruciali. Le piante coltivate, a differenza dei loro progenitori selvatici, non riescono a riprodursi facilmente e quindi dipendono dall'uomo per sopravvivere (propagarsi e diffondersi). L'opera di selezione dell'uomo se da una parte ha reso più difficile la riproduzione, dall'altra ha decretato il successo mondiale di alcune specie un tempo confinate in areali piccoli, come la soia, il mais, il riso o il pomodoro.
Lungo la storia dell'agricoltura ci sono stati molti "salti quantici" come l'invenzione dell'aratro, la scoperta della fertilizzazione, la lotta alle avversità e il processamento dei prodotti primari in cibi e materie prime. La mostra dettaglia il ruolo della pratica e dell'indagine scientifica, soprattutto nei tempi più recenti, che hanno permesso di aumentare la produttività e di migliorare spesso la qualità.
Questa mostra, che fino a 100 anni fa molti avrebbero bollato come ovvia e quindi inutile perchè molti conoscevano ancora i semplici fatti in essa raccontati, si è rivelata oggi non scontata e quindi importante per far capire il lungo percorso costellato di tentativi, errori, sofferenze e di persone dedicate per raggiungere risultati un tempo impensabili. Il percorso della mostra non trascura gli interrogativi etici e le domande di sostenibilità e adeguatezza del sistema agricolo, ma le inserisce nel contesto di questa storia. La mostra è affiancata da un agile catalogo che raccoglie testi, immagini e qualche approfondimento.

La mostra è stata presentata in anteprima al Meeting di Rimini nell'estate 2013, con un ricco e suggestivo allestimento, ed è stata già esposta a Bergamo Scienza. E' ora disponibile per essere esposta in scuole o in occasioni di festival o incontri.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Influenza aviaria: una marcia lenta ma continua

pollame

Il virus dell'influenza aviaria H5N1 sta dimostrando una preoccupante capacità di infettare non solo gli uccelli ma anche diverse specie di mammiferi, inclusi recentemente i bovini negli Stati Uniti. Sebbene il virus non abbia ancora acquisito la capacità di trasmettersi in modo efficace tra gli esseri umani, la sua continua evoluzione e adattamento a nuove specie rappresenta un rischio significativo per una futura pandemia, per la quale il mondo appare poco preparato, nonostante le lezioni apprese durante la pandemia di Covid-19.

Il mondo scientifico aveva previsto già diverse decadi fa la pole position dei virus dell’influenza per l’innesco della prossima pandemia umana, con previsioni catastrofiche soprattutto basate sull’esperienza della famosa pandemia di “spagnola” (almeno in Italia fu chiamata così) del 1918. Ma non sempre le previsioni si avverano: infatti la pandemia più recente e disastrosa è stata causata dal coronavirus Sars-CoV-2 e ci siamo trovati a fronteggiarla con piani pandemici influenzali, anche non aggiornati, ma soprattutto basati su parametri e modalità di contagio inadeguati.