fbpx ss | Scienza in rete

ss

Read time: 3 mins

Il centro RIKEN di Kobe ha annunciato di aver avviato un inchiesta sulle presunte irregolarità nel lavoro della ricercatrice Haruko Obokata. La biologa giapponese è salita alla ribalta nelle ultime settimane per aver pubblicato sulla rivista Nature due studi relativi a un metodo innovativo per la creazione di cellule staminali. La studiosa aveva dimostrato come immergendo in una soluzione con pH globuli bianchi maturi queste cellule ringiovanivano. Le cellule sopravvissute al “bagno” perdevano le caratteristiche di globuli bianchi e acquisendo i marker delle cellule embrionali. Un approccio rivoluzionario e semplice in grado di far tornare una cellula somatica adulta allo stato di pluripotente. Un grande potenziale per la medicina rigenerativa, ma purtroppo secondo Nature News questi risultati sono oggetto di esame da parte del Riken Istitute. "Gli esperti hanno già iniziato le audizioni con i ricercatori coinvolti negli articoli", ha detto il portavoce dell’istituto.

L'indagine prende il via dalle accuse comparse sui siti e blog circa l'uso di immagini duplicate nei documenti di Obokata, e dai numerosi tentativi falliti di replicare i suoi risultati.
Sul blog scientifico PubPeer sono apparsi, nei giorni scorsi, molti commenti che sottolineano alcune anomalie nelle immagine che corredano i due paper di Nature.
In particolare un’immagine che riporta un’analisi genetica: viene riportato una linea di gel con uno sfondo diverso, che la fa sembrare come incollata al resto e non parte dello stesso gel, ma anche la foto della placenta delle cellule chimera STAP sembra essere stata ruotata e riutilizzata in una altra figura. Teruhiko Wakayama, co-autore su entrambe le ricerche e  che ha proodotto la maggior parte delle immagini placentari ammette che le due immagini sembrano simili ma spiega che può essere un caso di semplice confusione.
Confusione nello scegliere le foto? Andando più in fondo nella vicenda si scopre però che il gruppo della Obokata già con una ricerca del 2011 era stato accusato di aver utilizzato una stessa immagine. Ma ritornando alle due pubblicazione di Nature, un altro aspetto che rende questa vicenda alquanto strana è la difficoltà che stanno trovando molti scienziati nel cercare di riprodurre le cellule STAP. Va sottolineato però che alcuni di questi ricercatori non hanno adoperato lo stesso tipo di cellule di Obokata.
Qi Zhou, un esperto di clonazione presso l'Istituto di Zoologia di Pechino, spiega la maggior parte delle sue cellule di topo sono morte dopo il trattamento con acido, ma mette in dubbio l’autenticità del metodo proposto da Obokata. "Un esperimento facile in un laboratorio grazie all’esperienza accumulata può essere estremamente difficile per gli altri”, dice Zhou.

Non resta allora che aspettare gli ulteriori sviluppi di questa vicenda, ma occorre sottolineare come però è importantissimo anzi di vitale importanza per la ricerca scientifica la pubblicazione dei dati. Sena la verifica e l’analisi dei risultati di un lavoro da parte di un pubblico di esperti la vera scienza non esisterebbe.

Autori: 
Sezioni: 

prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.