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Seminario: L'arte di narrare la chimica e il resto

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2014-03-12T14:00:00

Un giovane scrittore, studioso di teorie e tecniche delle narrazione, ha scritto che “Narrare significa raccontare un mondo attraverso una storia” . Pensiamo che sia proprio così, specialmente quando ripensiamo alle storie che ci raccontavano da bambini e che ci trasportavano in un mondo fantastico, meno triste di quello che avevamo sott’occhio e in cui eravamo sempre relegati a un ruolo subordinato. Ma che differenza c’è tra raccontare una storia di quel genere e raccontare la chimica? Dal punto di vista tecnico, oseremmo dire nessuna. La differenza sta nel fatto che raccontare la chimica vuol dire raccontare una “storia” vera. Una storia fatta di donne e uomini come noi, capaci di gioire o piangere per gli stessi motivi. Una storia di fatiche e di sudore, di rinunce e sacrifici. Vuol dire idee, numeri, “oggetti”, laboratori, colori e odori. Chi narra la chimica, perciò, evoca un mondo che non ha nulla di fantastico ma forse per questo è più bello e più vero. Chi riesce a narrare bene la chimica? Si potrebbe dire colui che è un po’ scienziato e un po’ scrittore. Il grande Robert Musil ha scritto: “Un uomo che vuole la verità, diventa scienziato; un uomo che vuol lasciare libero gioco alla sua soggettività diventa magari scrittore; ma che cosa deve fare un uomo che vuole qualcosa di intermedio fra i due?

Interventi:
GIANNI FOCHI (CHIMICO E DIVULGATORE)
MARCO CIARDI (STORICO DELLA SCIENZA)
MARCO MALVALDI (CHIMICO E SCRITTORE)
Introduzione:
MARCO TADDIA

I Relatori

Gianni Fochi (1950) ha fatto ricerca chimica accademica e industriale. Ha insegnato alla Normale di Pisa e, come esterno, nell’università. È stato nel comitato scientifico dell’agenzia nazionale per l’ambiente.Autore di libri di testo e divulgativi, collabora dal 1988 coi media: giornali, riviste da edicola, UNO Mattina... (http://homepage.sns.it/fochi).

Marco Ciardi insegna Storia della scienza e della tecnica presso l'Università di Bologna. Il suo settore di indagine concerne principalmente la storia del pensiero scientifico moderno e contemporaneo. Ha dedicato numerosi studi all'opera di Amedeo Avogadro, alla scienza italiana nell'eta del Risorgimento e alla storia del mito di Atlantide. Il suo ultimo libro, "Terra. Storia di un'idea" è entrato nella cinquina finalista del Premio Galileo 2014 per la divulgazione scientifica.

Marco Malvaldi (1974) ha sempre vissuto a Pisa, a parte una breve e umida parentesi in Olanda. E' sposato (con Samantha), ha un figlio (Leonardo) e due gatti. Marco è un tipo eclettico, e sa fare male parecchie cose: dopo la laurea in chimica, e contemporanei studi di conservatorio, ha provato a fare il cantante lirico professionista. La critica lo ha stroncato presto. Il pubblico, al contrario, non lo ha mai giudicato: fortunatamente, non era mai lì quando cantava. Sul fronte universitario non è andata molto meglio; il nostro ha un curriculum di tutto rispetto, ma purtroppo non è il solo. All'ultimo concorso da ricercatore a cui ha partecipato, si sono presentati in dieci per un posto. Tutti bravi, preparati ed agguerriti. La spietata concorrenza, unita ad una scarsa propensione del Malvaldi per lo sciacallaggio e l'omicidio, non fanno sperare in meglio per il futuro. Appesa l'ugola al chiodo, e messo in un cassetto chiuso male il mestiere di chimico, nel frattempo ha provato a scrivere. E lì, per fortuna, sembra andare meglio. Dopo La briscola in cinque (2007) ha perseverato con Il gioco delle tre carte (2008) e con Il re dei giochi (2010), che insieme all’ultimo La carta più alta” (2012) costituiscono la cosiddetta “trilogia del BarLume”, apparsa per l’editore Sellerio. Il fatto che per la prima volta una trilogia sia costituita da quattro romanzi è data dal fatto che i romanzi stessi sono molto leggeri. Malvaldi ha anche perpetrato un romanzo storico, Odore di Chiuso (2011, Sellerio), ed una piccola guida di Pisa, Scacco alla Torre (2011, Felici editore).

L’ARTE DI NARRARE LA CHIMICA E IL RESTO

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