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Orizzonti energetici al futura festival

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La rivoluzione verde in campo energetico - prevista e auspicata dai più - sembra ancora, soprattutto in Italia, un’eventualità difficile da attuare in tempi brevi. Quali sono, quindi, le ragioni e gli interessi che ostacolano oggi lo sviluppo di sistemi di produzione dell’energia in grado di salvaguardare i già compromessi equilibri del nostro ambiente? E’ questa la difficile domanda a cui Fernando Ferroni, presidente dell’Istituto Nazionale di Fisica Nucleare (INFN), ha cercato, durante FuturaFestival, manifestazione dedicata alla divulgazione di tematiche scientifiche e culturali - che si sta svolgendo proprio in questi giorni (dal 25 luglio al 3 agosto) a Civitanova Marche - , di dare una risposta.

Per sperare, in un futuro prossimo, di raggiungere un benessere mondiale che sia realmente equo e sostenibile, ha sostenuto il professor Ferroni nel suo intervento a FuturaFestival, il primo passo da compiere è quello di rendere consapevoli i cittadini di quanto le loro scelte influiscano sulle politiche energetiche globali.
Le abitudini e gli stili di vita che contraddistinguono i paesi più industrializzati, infatti, richiedono una spesa energetica che non può essere sottovalutata.
Considerando “il consumo medio giornaliero di una famiglia, che è pari a circa 20000 watt ora, possiamo notare come questo sia solo una parte trascurabile della grande energia, più o meno nascosta, che impieghiamo quotidianamente per alimentarci, provvedere ai nostri spostamenti e far funzionare gli strumenti elettronici di uso comune come smartphone o computer”. Per assicurare l’approvvigionamento di una simile richiesta energetica, destinata a crescere a causa dell’aumento della popolazione mondiale e delle esigenze dei paesi in via di sviluppo, gli stati sono costretti a implementare interventi adeguati e ad adottare misure che tengano conto tanto dei costi dell’energia quanto delle risorse a disposizione di ogni singolo territorio. Questi molteplici - e non trascurabili - fattori contribuiscono a dettare l’agenda odierna dei programmi energetici.

“Attualmente”, ha affermato Ferroni in maniera provocatoria, “l’unica energia buona è quella che può essere prodotta con spese di produzione contenute”. Pertanto, petrolio e gas naturale, i cosiddetti combustibili fossili, - a dispetto dei danni che il loro utilizzo provoca all’ambiente - rappresenteranno, per ancora molto tempo, le uniche fonti di energia realmente spendibili, poiché soddisfano – ad oggi - il criterio di mercato del miglior prezzo disponibile. La comunità scientifica, impegnata in prima linea su tali questioni, è lontana dall’individuazione di fonti di energia alternative a quelle attuali realmente sicure ed efficienti; inoltre, nonostante le evidenze che  provano l’esistenza del rapporto tra inquinamento e innalzamento delle temperature (global warming), ha spiegato il presidente dell’INFN, “a causa della natura complessa delle variabili in gioco, non siamo in grado di comprendere appieno meccanismi che spiegano questa relazione”.

L’irraggiamento solare produce, nell’arco di una giornata, molta più energia di quanto serva per soddisfare il fabbisogno energetico mondiale. Tuttavia, i sistemi che utilizziamo per sfruttare questa risorsa non permettono di garantire il trasferimento e l’afflusso costante di energia nelle zone in cui ne avremmo più bisogno. Per superare queste difficoltà, e consegnare alle future generazioni un pianeta vivibile, servirebbero investimenti immediati, al fine di costruire centrali fotovoltaiche nella aree con la maggiore esposizione alla luce della nostra stella, come i deserti, e una rete di distribuzione in grado di consentire l’accesso su scala globale all’energia così prodotta. Tutto ciò, però, ha concluso Ferroni, non sarà  possibile senza una volontà comune supportata dalle scelte - anche e soprattutto politiche – della popolazione mondiale.                

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Energia e sostenibilità

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La favola del taglio dei posti letto e degli ospedali in Italia

È di pochi giorni fa un appello del Forum delle Società Scientifiche dei Clinici Ospedalieri e Universitari Italiani, secondo cui «Si stima che, negli ospedali italiani, manchino almeno 100mila posti letto di degenza ordinaria e 12mila di terapia intensiva». Ma è giustificata quest'implicita richiesta? 
Le politiche di riduzione dei posti letto e degli ospedali sono iniziate già nel Piano Sanitario Nazionale 2003-2005, per trasferire al livello territoriale parte dei ricoveri e della loro durata. Molti altri paesi hanno meno posti letto rispetto all’Italia, che rimane nelle migliori posizioni quanto a vita attesa alla nascita, mortalità evitabile e indicatori di qualità dei servizi.

Crediti immagine: Levi Meir Clancy/Unsplash

Nei media generalisti, e purtroppo anche di settore, che si occupano di sanità pubblica in Italia, cioè praticamente tutti in questo periodo, si favoleggia del taglio dei posti letto ospedalieri e di interi ospedali in Italia. Basta usare come parole chiave “taglio posti letto in Italia” con qualunque motore di ricerca ed escono interventi degli ultimi giorni su Fanpage, la Stampa e Quotidiano Sanità.