Nei giorni scorsi una società americana ha ufficialmente dichiarato la sua intenzione di concretizzare al più presto l'idea di uno sfruttamento minerario degli asteroidi: le miniere celesti si avviano dunque a diventare realtà.
A dare il via alla rivoluzionaria corsa alle ricchezze spaziali è la Planetary Resources, un'impresa privata con quartier generale a Bellevue, nello stato di Washington, fondata da Eric Anderson e Peter Diamandis e conosciuta finora con il nome di Arkid Astronautics. Stando a quanto dichiarato e alla potenziale copertura economica garantita dai sostenitori della società, non siamo affatto in presenza di una boutade. La Planerary Resources sembra veramente intenzionata a fare ciò che dice e ha già pianificato le possibili tappe intermedie di questa sfida spaziale.
Ma cosa possiamo ricavare da un asteroide? Dimentichiamoci l'idea cara alla fantascienza di improbabili nuovi elementi chimici o di fantasiose riserve energetiche: gli asteroidi sono fatti degli stessi materiali di cui è composta la Terra. Gli elementi più preziosi – e non pensiamo solamente all'oro, ma soprattutto a quelli più appetibili per le nuove tecnologie – qui da noi sono sprofondati nelle viscere del pianeta e quelli che estraiamo dal suo guscio più superficiale ci sono stati portati dagli asteroidi. Secondo le stime di alcuni planetologi, un asteroide di 500 metri ricco di platino potrebbe contenere una quantità di metalli del gruppo del platino equivalente a quanto estratto finora dalle miniere terrestri. Non parliamo poi della disponibilità di acqua, elemento chiave nell'ottica dell'esplorazione spaziale. Acqua che non solo è indispensabile alla vita dei coloni spaziali, ma che può trasformarsi in altrettanto pregiate riserve di ossigeno e di propellente per le astronavi.
Il primo passo dichiarato dalla Planetary Resources è il lancio di piccole sonde spaziali verso i potenziali obiettivi in modo da acquisire il maggior numero possibile di informazioni. La nuova corsa all'oro spaziale, insomma, è ormai alle porte.