fbpx Costante di Hubble più accurata | Scienza in rete

Costante di Hubble più accurata

Primary tabs

Read time: 2 mins

Le osservazioni infrarosse del telescopio spaziale Spitzer hanno permesso di abbassare l'incertezza della costante di Hubble al di sotto del 3 per cento, un traguardo davvero notevole per le misure cosmologiche.

La costante di Hubble deve il suo nome all'astronomo Edwin Hubble, che negli anni Venti suggerì che il nostro universo si stava espandendo. La costante, il cui valore ha subito continui e talvolta pesanti aggiustamenti nel corso degli anni, indica il tasso di questa espansione. La sua determinazione, dunque, è fondamentale per ogni studio di natura cosmologica. Da quando poi, negli anni Novanta, si è scoperto che questa espansione sta accelerando, la precisione della costante di Hubble è diventata ancora più importante.

Wendy Freedman (Carnegie Institution) e i suoi collaboratori hanno appena pubblicato su Astrophysical Journal uno studio nel quale definiscono il valore della costante con la precisione più alta mai raggiunta finora: 74,3 km/s/Mpc (chilometri al secondo per megaparsec). L'incertezza sul suo valore è di soli 2,1 km/s/Mpc, dunque meno del 3 per cento.

Questo traguardo è stato possibile grazie alle osservazioni del telescopio spaziale Spitzer, la cui incredibile vista nell'infrarosso ha permesso di determinare con grande precisione la luminosità di una decina di stelle pulsanti chiamate Cefeidi nella nostra Galassia e di altre 80 nella Grande Nube di Magellano, una galassia vicina alla Via Lattea. La pulsazione e la luminosità delle Cefeidi sono strettamente legate tra loro, dunque osservando il loro battito possiamo risalire a quanto sono luminose. Questo le rende perfette candele campione per misurare le distanze cosmiche, a patto che la relazione sia ben calibrata. Qualche anno fa la calibrazione era stata fatta ricorrendo al telescopio Hubble, ma le ultime osservazioni di Spitzer nell'infrarosso hanno reso questa operazione di gran lunga più accurata.

Fonte: NASA

Autori: 
Sezioni: 
Astronomia

prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.