fbpx Con la luce 'compressa' il grafene dà il meglio | Scienza in rete

Con la luce 'compressa' il grafene dà il meglio

Primary tabs

Read time: 2 mins


cascata di elettroni prodotti nel reticolo di grafene
(credits Andrea Freccioni, SNS)

Il grafene si conferma ‘materiale delle meraviglie’. Un team di ricercatori dell'Istituto nanoscienze (Nano-Cnr) e dell'Istituto di fotonica e nanotecnologie (Ifn-Cnr) del Consiglio nazionale delle ricerche (Cnr) ha osservato per la prima volta un fenomeno che potrebbe essere sfruttato per aumentare l'efficienza di dispositivi fotovoltaici come le celle solari: il grafene, sottoposto a impulsi luminosi estremamente brevi, innesca un processo di moltiplicazione a cascata degli elettroni. Il risultato, in collaborazione con Politecnico di Milano, Scuola normale superiore e Università di Cambridge e Manchester, è pubblicato su Nature Communications.
“Studiare il comportamento degli elettroni nel reticolo bidimensionale di questo materiale, che è costituito da un foglio monoatomico di atomi di carbonio, è la chiave per capirne e sfruttarne al meglio le eccezionali proprietà: conduzione di elettricità e calore migliore del rame, leggerezza e resistenza maggiori dell'acciaio”, spiega Marco Polini di Nano-Cnr di Pisa. “Un aspetto ancora poco noto, per esempio, è cosa accade agli elettroni dopo che un lampo intenso e ultra-breve di luce li ha fortemente perturbati: abbiamo pertanto indagato le primissime fasi successive alla foto-eccitazione, quando gli elettroni, riscaldati dalla luce a temperature di migliaia di gradi, si raffreddano in un tempo brevissimo”.
I ricercatori hanno dimostrato che in questo caso i fotoni incidenti innescano un processo di ‘moltiplicazione a cascata’ degli elettroni. “Un fenomeno noto come 'carrier multiplication', grazie al quale, per ciascun fotone assorbito dal grafene, più elettroni si mettono in moto e incrementano la corrente elettrica”, continua Polini. “La possibilità di innescare questo fenomeno potrebbe migliorare le prestazioni delle tecnologie fotovoltaiche e dei dispositivi optoelettronici in termini di efficienza, robustezza, risparmio energetico”.
“La moltiplicazione di carica è estremamente difficile da rilevare poiché dura appena un centinaio di femtosecondi, meno di un milionesimo di milionesimo di secondo!”, spiega Giulio Cerullo di Ifn-Cnr e Politecnico di Milano. “Per studiare effetti fisici su scale temporali così brevi servono impulsi luminosi altrettanto brevi, che siamo stati in grado di ottenere con tecniche di spettroscopia ultra-veloce capaci di 'comprimere' la luce. Il nostro esperimento rappresenta al momento l’evidenza sperimentale più chiara del fenomeno nel grafene”.
I gruppi di Nano-Cnr, Ifn-Cnr, Politecnico di Milano, Sns, Cambridge e Manchester, autori dello studio, hanno un ruolo di primo piano nella Graphene Flagship, il progetto europeo premiato con un maxi-finanziamento di un miliardo di euro per i prossimi dieci anni, che ha ufficialmente preso il via il primo ottobre scorso e coinvolge oltre 70 partner scientifici e industriali, con lo scopo di portare il grafene dai laboratori di ricerca alle applicazioni, attraverso tecnologie in una vastissima gamma di settori.

 

Ufficio Stampa CNR 

Autori: 
Sezioni: 
Materiali

prossimo articolo

La Valle dei dinosauri ritrovata nel Parco dello Stelvio

parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.