fbpx Biocemento per ridurre la CO2 | Page 2 | Scienza in rete

Biocemento per ridurre la CO2

Primary tabs

Read time: 2 mins

Abitare in una casa viva, cangiante e che riduce l'inquinamento: questo potrebbe avverarsi grazie ad un nuovo materiale da costruzione, chiamato biocemento, creato e brevettato dal Gruppo di Tecnologia Strutturale dell'Universitat Politècnica de CatalunyaBarcelonaTech (UPC). La novità del materiale risiede nella sua capacità di creare un ambiente favorevole allo sviluppo di determinate microalghe, licheni e muschi che, attraverso il normale processo di fotosintesi, riducono la CO2 e trattengono una parte del particolato, causa delle più frequenti malattie riconducibili all'inquinamento dell'aria.

Il problema nella realizzazione di un cemento del genere era quello di creare un ambiente favorevole alla crescita e allo sviluppo del materiale biologico. In particolare bisognava lavorare sulla porosità, la rugosità superficiale e il Ph. Per questo il bio-cemento è stato realizzato in pannelli formati ognuno da tre strati: il primo, più interno, è quello impermeabile, che consente una minima dispersione di calore e quindi aumenta l'efficienza energetica della costruzione. Subito sopra si colloca lo strato che permette di sostenere lo sviluppo biologico dei microrganismi, immagazzinando l'acqua piovana. Infine, lo strato esterno è composto da un rivestimento discontinuo con funzione impermeabilizzante inversa, ossia permette l’ingresso di acqua piovana ma ne impedisce la fuoriuscita.

Al momento le criticità maggiori del nuovo materiale si riscontrano sul fronte dell'estetica: le pareti rivestite di alghe e licheni risultano di un colore verde-marrone spento. Gli scienziati, tuttavia, stanno già studiando nuovi bilanciamenti nella composizione degli organismi viventi, affinchè le strutture non solo abbiano un aspetto più gradevole, ma addirittura possano cambiare colore a seconda della stagioni.

Autori: 
Sezioni: 
Indice: 
Materiali

prossimo articolo

Cosa sanno davvero le neuroscienze su sesso, genere e identità?

cervello con elementi grafici

Uno studio pubblicato su Behavioral Sciences mette in discussione l’idea di un cervello rigidamente “maschile” o “femminile”, proponendo una lettura basata sulla complessità delle reti neurali: le differenze legate al sesso biologico, spiega l'autore, esistono ma si sovrappongono ampiamente, mentre il genere lascia tracce più diffuse, legate a emozioni e cognizione sociale. L’identità emerge così come il risultato dinamico di biologia, esperienza e contesto culturale.

Un anno fa, su queste pagine, si raccontava di uno studio che aveva fatto molto discutere: in quasi cinquemila preadolescenti, sesso biologico e genere sembravano lasciare “impronte” in reti neurali in parte diverse, suggerendo che ciò che chiamiamo sesso e ciò che chiamiamo genere non coincidono neppure nel cervello.