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Amazzonia al bivio

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Uno studio rivela come in Amazzonia le delicate interazioni tra l'aria proveniente dall'Atlantico, la traspirazione della foresta e la radiazione solare cominciano a risentire dell'impatto esercitato dall'uomo, con possibili drammatiche conseguenze per il clima globale.

Lo studio, al quale hanno contribuito una quindicina di ricercatori coordinati da Eric Davidson (Woods Hole Resealch Center) e che è stato pubblicato su Nature, ha portato alla costruzione di un quadro d'insieme con cui valutare le complicate connessioni che legano tra loro le mutazioni climatiche, l'espansione dell'agricoltura, i rischi associati agli incendi e, nel contempo, anche le variazioni nella produzione di gas serra e i cicli fondamentali dell'energia e dell'acqua.

Dall'analisi è emerso che il bacino Amazzonico è un sistema che lentamente sta avviandosi verso un regime disturbato, nel quale la naturale resistenza del sistema alle inevitabili variazioni naturali appare notevolmente compromessa. Il terribile doppio colpo che la siccità del 2005 (considerata per la sua gravità un evento che capita una volta ogni cento anni) e quella del 2010 (ancora più devastante della precedente!) hanno inferto al sistema Amazzonico è stato micidiale, ma se a questo si aggiungono altri attacchi la situazione può davvero precipitare. Il segno più recente di questi disturbi è l'incredibile proliferare di incendi, di gran lunga più frequenti rispetto ai secoli passati, la cui origine è una sorta di sottoprodotto delle procedure di deforestazione.

Oltre alle cause naturali ricorrenti quali le periodiche siccità, il bacino Amazzonico deve dunque sempre di più fare i conti con la mano dell'uomo. A tal proposito desta molta preoccupazione tra gli ambientalisti una proposta di legge in discussione al Senato brasiliano che potrebbe sfociare in una maggiore libertà di deforestazione e molto forte è il sospetto che dietro le quinte si stia muovendo la potente Confederazione dell'agricoltura.

WHRC - Nature paper

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Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

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