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Allarme nucleare in Giappone

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Il rincorrersi di voci, dichiarazioni ufficiali, allarmi e smentite rende molto difficile delineare con precisione tipologia ed entità dei danni subiti dall'impianto giapponese di Fukushima Daiichi e il conseguente rischio nucleare.Tentiamo comunque di ricostruire l'accaduto.

Al momento del sisma, presso l'impianto di produzione di energia gestito dalla compagnia TEPCO (Tokyo Electric Power Company) sono in funzione i reattori 1, 2 e 3 mentre altri tre sono spenti per ispezione. Il black-out causato dal terremoto mette automaticamente in funzione i generatori diesel incaricati di alimentare le pompe per il raffreddamento dei noccioli. Tutto funziona per circa un'ora, ma l'arrivo dello tsunami dà il colpo di grazia mettendo fuori uso i generatori: pompe ferme e temperature dei noccioli che cominciano pericolosamente a crescere.

Le squadre di pronto intervento riescono a piazzare pompe di emergenza, che sembra facciano correttamente il loro dovere. Il reattore 1, però, viene coinvolto in un'esplosione che, fortunatamente, sembra interessare solamente le infrastrutture esterne e non le robuste opere di contenimento del nocciolo. Le misurazioni di radioattività registrano livelli centinaia di volte superiori al normale e le autorità decidono di procedere all'evacuazione della popolazione (si parla di circa 170 mila persone) entro un raggio di 20 km dalla centrale. Già il giorno successivo, comunque, l'agenzia giapponese NISA (Nuclear and Industrial Safety Agency) segnala che i livelli di radioattività stanno diminuendo. Ancora non è chiaro se la fuoruscita di vapore sia stata accidentale o un gesto resosi necessario per evitare danni ancora più gravi.

Comincia invece a diventare più preoccupante la situazione del reattore 3. I tentativi di raffreddamento sembra non funzionino come dovuto e l'innalzamento della pressione induce i tecnici a rilasciare in modo controllato vapore in atmosfera. Fonti ufficiali – dichiarazione di Yukio Edano, Chief Cabinet Secretary – ammettono che i livelli di radiazione all'esterno dell'impianto hanno raggiunto i 1204 microsievert per ora, oltre il doppio del limite imposto dalla normativa giapponese. Continuano comunque i tentativi di raffreddamento del nocciolo per evitarne la fusione e si procede anche a pompare acqua di mare.

Nell'ultimo comunicato della IAEA (International Atomic Energy Agency), rilasciato domenica alle 13:35, non si esclude la possibilità che si possa pericolosamente accumulare una sacca di idrogeno. Preoccupazioni alle quali fa da sfondo la possibilità concreta che, con la chiusura – forzata o precauzionale – di numerose centrali nucleari, Tokyo e il Tohoku (regione settentrionale dell'isola di Honshu) finiscano al buio. Possibilità che induce alcune grandi aziende, tra le quali la Toyota, a decidere di fermare la produzione.

Con il profilarsi di questi scenari davvero drammatici è inevitabile che il pensiero corra a Three Mile Island (marzo 1979), a Chernobyl (aprile 1986) e agli altri episodi che hanno visto come protagoniste le centrali nucleari. Inevitabile anche che quanto sta succedendo in Giappone finirà col pesare dalle nostre parti, obbligandoci a riconsiderare i pro e i contro di una possibile scelta nucleare.

Comunque la si pensi, si potrà trovare nell'episodio un punto a proprio favore. E' infatti vero che all'origine di tutto vi è un evento eccezionale qual è un sisma di magnitudo 8,9 e che le strutture di contenimento hanno retto, ma è altrettanto vero che, nonostante i rigorosi criteri di realizzazione delle centrali in un territorio a elevatissimo rischio sismico come quello giapponese, si sta comunque consumando un'autentica tragedia. E' vero che i sistemi di sicurezza sono entrati in funzione correttamente, ma è vero altresì che la loro dislocazione, in balia delle onde del mare, non si è mostrata certo ottimale, vanificando di fatto ogni piano di sicurezza. Ha ragione, infine, chi dice che l'impianto di Fukushima utilizza una tecnologia vecchia di quarant'anni e ampiamente superata (reattori ad acqua non pressurizzata), ma come dar torto a chi osserva che i limiti dell'attuale tecnologia ancora non li abbiamo provati fino in fondo?

Inevitabile – si diceva – che i fatti di Fukushima finiranno col giocare un ruolo chiave anche qui in Italia. Speriamo sia l'occasione buona per provare finalmente ad affrontare il tema del nucleare non a colpi di slogan e luoghi comuni.

Aggiornamento del 14 marzo 2011

IAEA annuncia che questa mattina alle 11:01 (ora di Tokyo) si è verificata una violenta esplosione di idrogeno al reattore numero 3. L'esplosione ha interessato l'edificio del reattore, ma sembra che l'involucro primario sia indenne. In via precauzionale sono state distribuite 230 mila unità di iodio stabile nei centri di prima accoglienza dell'area dei due impianti di Fukushima (F. Daiichi e F. Daini). Lo iodio stabile, per il momento non ancora somministrato, dovrebbe aiutare a prevenire l'accumulo di iodio radioattivo nella tiroide. Anche il reattore 2 ha grossi problemi: la pericolosa diminuzione del livello dell'acqua refrigerante nel nocciolo del reattore rischia di innescare la sua fusione. Anche in questo reattore, come da ieri avviene per il numero 3, si sta tentando di porre rimedio pompando acqua di mare.

IAEA - NISA

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