fbpx Tasse più alte per studi migliori | Scienza in rete

Tasse più alte per studi migliori

Primary tabs

Read time: 3 mins

Un gruppo di parlamentari (primo firmatario Pietro Ichino, più altri senatori PD, UDC e FLI) il 20 maggio hanno presentato un'interrogazione al governo invitandolo a contrastare la grave crisi organizzativa e  finanziaria che affligge le università seguendo l'esempio britannico sull'aumento delle tasse universitarie. A fine 2010 i Parlamento inglese ha approvato molto rapidamente una legge che consente alle università di aumentare le tasse annuali fino a un massimo di 9.000 sterline. Gli studenti meno abbienti avranno le tasse pagate dal sistema universitario, una sorta di prestito rimborsabile attraverso il prelievo fiscale se e quando potranno contare su un reddito di almeno 21.000 sterline.

Secondo la proposta (maturata anche in seno all'Osservatorio Università "oltre la Gelmini" del gruppo 2003), questo sarà di incentivo a iscriversi all'università, creando una sana competizione fra gli atenei che miglioreranno la loro offerta formativa. La misura dà più risorse agli atenei senza complicazioni burocratiche e amministrative, e premia il merito senza penalizzare i più poveri.

Così motivano la proposta i senatori: "L’interrogazione che abbiamo presentato si ispira essenzialmente a questa idea, della quale in Inghilterra sta avviandosi la sperimentazione:

  • gli ultimi tagli stanno strangolando gli atenei italiani;
  • probabilmente si possono liberare rilevanti risorse tagliando chirurgicamente i molti sprechi e rendite parassitarie che pullulano nelle nostre università, ma questo richiede tempo; e oggi l’Erario non può destinare somme maggiori agli atenei;
  • tuttavia c’è una certa quantità di famiglie ricche, che possono sicuramente permettersi tasse universitarie più alte;
  • quanto alle famiglie meno agiate, esse sono ancora più interessate di quelle ricche a università che funzionino meglio, fungendo molto più di quanto non facciano ora da “ascensore sociale”;
  • per consentire anche ai figli delle famiglie meno agiate di far fronte all’aumento delle tasse universitarie necessarie per un miglior funzionamento degli Atenei, si può pensare che lo Stato presti loro integralmente il necessario, con un meccanismo per cui la restituzione rateizzata – parziale o integrale – incomincerà soltanto da quando il laureato avrà un reddito superiore a determinate soglie (per esempio: 24.000 euro annui per la restituzione parziale e 30.000 euro annui per quella integrale);
  • naturalmente questo comporterà che si debba prevedere una certa percentuale di casi in cui la restituzione non avverrà; si può però evitare che ne derivi un maggior onere per lo Stato stabilendo che questa percentuale sia coperta (in tutto o in parte) dalle università stesse interessate, che così ne risulteranno responsabilizzate sia riguardo alla qualità degli studenti ammessi sia riguardo alla qualità dell’insegnamento;
  • la scelta non è soltanto tra il “polo alfa” (situazione italiana attuale, con tasse basse, grande facilità di accesso, responsabilizzazione degli studenti pressoché nulla e qualità media degli atenei bassissima) e “polo omega” (modello Regno Unito, con tasse molto alte, ostacolo all’accesso costituito dalla prospettiva del debito elevato che si accumulerà, responsabilizzazione degli studenti molto alta, qualità dell’insegnamento mediamente alta); la scelta è anche tra le infinite possibili soluzioni intermedie tra i due poli estremi".

L'interrogazione chiede inoltre se il Fondo per il merito istituito dalla riforma possa essere utilizzato a questo fine, e se no chiede di implemetare questa misura. Si chiede infine che l'esempio britannico venga seguito anche mettendo in campo una informazione chiara sulla riforma, affinché le leggi, oltre alla copertura finanziaria possano godere di un'adeguata "copertura informativa".

Leggi l'interrogazione sul sito del Senato


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

30 all'ora per la vita: mettiamolo nel Codice della strada

limite di velocità

Il limite a 30km/h non è una fissazione antiautomobilistica da fricchettoni, scrive Silvia Bencivelli: a mostrarlo sono i numeri. Eppure, mentre l’Europa rallenta in nome della vivibilità e della sicurezza, sulle strade italiane il Codice della Strada permette di continuare a correre - non appena il traffico lo consente. Insomma, con il nuovo Codice, ora all'esame del Senato, abbiamo perso un'occasione per avere strade più sicure.

Crediti immagine: Markus Winkler/Unsplash

Le associazioni per la sicurezza stradale hanno tutte il nome di qualcuno. Lorenzo, Michele, Sonia, Matteo: persone che avrebbero preferito intestarsi altro, semmai, e invece sono morte sulla strada. Morte, perché qualcuno alla guida di un mezzo a motore le ha investite e uccise. Eppure noi quell’evento continuiamo a chiamarlo “incidente”, come se fosse inatteso, sorprendente: come se non fosse evidente che tra un pedone e un automobilista la responsabilità dello scontro è quasi sempre dell’automobilista e a morire è quasi sempre il pedone.