Rendere il turismo sostenibile non è impossibile. Oltre a seguitare con la transizione ecologica, tra cui l'elettrificazione dei trasporti di cui il settore beneficerebbe, serve migliorare la gestione dei rifiuti e creare incentivi per premiare chi sta già facendo bene. Tra tutti il marchio Ecolabel, che è molto poco valorizzato dalle amministrazioni locali. In questo articolo consigli, dati, buone pratiche e - per l'Italia - una finestra su cosa prevede il PNRR.
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È notizia di questa estate: l’Unesco ha proposto di inserire Venezia nella lista dei patrimoni dell'umanità in pericolo, perché «gli impatti del cambiamento climatico e il turismo di massa minacciano di causare cambiamenti irreversibili all'eccezionale valore universale della proprietà». Ma anche perché «gli effetti combinati dei cambiamenti naturali e indotti dall'uomo stanno causando il deterioramento e il danneggiamento delle strutture edilizie e delle aree urbane». Nella lista sono presenti siti in pericolo causa conflitti armati e guerre, terremoti e altri disastri naturali, inquinamento, bracconaggio, urbanizzazione incontrollata e sviluppo turistico incontrollato: a oggi sono 55.
Il patto di Glasgow per il turismo sostenibile
Abbiamo visto su Scienza in rete come e quanto impatti il turismo sull’ambiente, ma quanto è diffusa questa consapevolezza nell’opinione pubblica? Secondo il rapporto a cura di Noto Sondaggi e Fondazione UniVerde:
Alla domanda se esiste oggi in Italia un’emergenza per i danni che il turismo può portare all’ambiente, è in crescita il campione che ritiene si tratti di un problema che riguarda il Paese in generale (55% contro il 53% della precedente rilevazione), il 18% ritiene che riguardi solo alcune aree (-3%), mentre è stabile la percentuale di quanti sono convinti che il turismo sia sempre una risorsa e non un problema (25%).
In più, nella prossima decade, il 71% degli italiani è convinto che aumenterà la sensibilità per il turismo sostenibile e l’ecoturismo.
Un sondaggio del 2019 di MMGY Travel Intelligence rileva che il 60% dei cittadini americani crede che il sovraffollamento turistico avrà «impatti significativi nelle destinazioni che si scelgono da visitare entro i prossimi 5-10 anni» e il 48% crede che i cambiamenti climatici avranno a loro volta impatti sulle mete turistiche.
Forti probabilmente anche di questi dati, alla COP26 di due anni fa è stata lanciata la dichiarazione di Glasgow per il turismo sostenibile, che oggi conta circa 450 organizzazioni aderenti in tutto il mondo. L’obiettivo è innanzitutto sostenere l’impegno internazionale di dimezzamento delle emissioni di gas serra entro il 2030 per arrivare allo zero netto entro il 2050. Questo attraverso l’adozione o l’aggiornamento di piani d’azione entro dodici mesi dall’adesione, allineandoli ai cinque criteri del documento: misurare, decarbonizzare, rigenerare gli ecosistemi danneggiati, collaborare, finanziare. Tutto all’insegna della trasparenza, perché gli aderenti sono tenuti a riferire ogni anno pubblicamente rispetto alle azioni in corso e a quelle programmate a medio e lungo termine, anche condividendo esempi e buone pratiche. I firmatari possono essere governi, amministrazioni locali, albergatori, fornitori, tour operator, OGN, associazioni, università e chiunque faccia parte della filiera del turismo mondiale.
Per agevolare l’attività di misurazione e quantificazione degli obiettivi posti, l’Organizzazione mondiale del turismo ha scritto da poco il rapporto Climate action in tourism sector: an overview of methodologies and tools to measure greenhouse gas emissions. A oggi, infatti, sono ancora il 20% le organizzazioni che misurano il loro impegno, e non vi è ancora uno standard di misurazione trasversale e soddisfacente per tutti i tipi di aziende. Tra gli indicatori utilizzati, in ogni caso, ci sono già varie metriche relative alle emissioni di CO2 equivalenti: emissioni per cliente, per prenotazione, per ospite a notte, per passeggero e per ora di riunione. (Segnaliamo che nell’allegato 2 del documento è riportato un dettagliato elenco di metodologie e strumenti per la misurazione dell’impatto ambientale del turismo ad ampio spettro)
Tre consigli su imballaggi, tasse e comunità
Il Fondo monetario internazionale, in un breve rapporto sullo stato del turismo nei Caraibi, suggerisce di incentivare la decarbonizzazione del settore con misure fiscali: «Finché le emissioni di CO2 sono gratis, non c'è alcun incentivo effettivo per chi le emette a modificare il proprio comportamento. Al contrario, l'imposizione di un prezzo sulle emissioni di CO2 trasmette un segnale potente a tutta l'economia. […] I Paesi caraibici dovrebbero introdurre un'ampia tassa sul carbonio, destinata ad aumentare gradualmente fino a 50 dollari per tonnellata di CO2 entro il 2030».
Per promuovere lo sviluppo di un turismo sostenibile sono da tenere presenti anche le green community, ovvero piani di gestione attuati a livello locale che servono a integrare i servizi sul territorio per minimizzare gli impatti ambientali. Dalla gestione delle risorse energetiche (come per le comunità energetiche) alla mobilità, dall’industria all’edilizia consapevoli, ovviamente passando per il turismo. La legge identifica le disposizioni che devono verificarsi per costituire una green community. Nel PNRR sono previsti 135 milioni di euro per investire nelle comunità verdi.
La sostenibilità del turismo passa anche dalla riduzione dei rifiuti, come previsto dalla Global tourism plastics initiative, ideata dal Programma ambientale delle Nazioni Unite e dall’Organizzazione mondiale del turismo in collaborazione con la Fondazione Ellen MacArthur. L’iniziativa è rivolta alle organizzazioni turistiche e chiede entro il 2025 di
- eliminare gli imballaggi e gli articoli in plastica problematici o non necessari
- adottare misure per passare da modelli monouso a modelli di riutilizzo o ad alternative riutilizzabili
- coinvolgere la catena del valore per arrivare al 100% di imballaggi in plastica riutilizzabili, riciclabili o compostabili
- agire per aumentare la quantità di contenuto riciclato in tutti gli imballaggi e gli articoli in plastica utilizzati
- collaborare e investire per aumentare i tassi di riciclaggio e compostaggio della plastica
- riferire pubblicamente e annualmente sui progressi compiuti verso questi obiettivi.
Il turismo può imparare dalle buone pratiche
Nel 2018, il World travel and tourism council (composto da imprenditori del turismo, 150 in totale) ha annunciato una partnership con la Convezione quadro dell’ONU sul clima per ridurre i contributi al cambiamento climatico nel settore turistico. All’occorrenza ha indicato dieci buone pratiche per ciascuno dei seguenti rami d’azione: alimentazione sostenibile, energie rinnovabili, monitoraggio dati, tecnologia, gestione di acqua ed energia, mobilità, compensazione delle emissioni, bici, infrastrutture e design, biodiversità. È il caso per esempio della turbina eolica da dieci chilowatt di Xanterra Parks & Resorts, della dashboard di Earth Check usata da oltre 70 paesi per analizzare dati vari sul turismo, o degli 800 chilometri quadri del resort di Misool in Indonesia dove è vietato pescare, tagliare le pinne degli squali e raccogliere le uova di tartaruga e molluschi (grazie a questa misura, si è già registrato un aumento di biomassa ittica del 250%).
In Italia, undici parchi nazionali e diciassette regionali hanno ottenuto la Carta Europea per il Turismo Sostenibile nelle Aree Protette, che permette una migliore gestione delle aree protette per lo sviluppo del turismo sostenibile, dice l’ISPRA. Nella stagione estiva 2015, quasi il 90% delle acque di balneazione è stato classificato come eccellente. Ancora pochi però i circoli golf con certificazione ambientale, poco più del 10%. L'ISPRA ricorda come ancora il «turismo contribuisce in maniera preponderante all’aumento del traffico aereo, grazie anche alla crescita delle compagnie low-cost», trasporto aereo che raddoppia ogni 15 anni a livello globale.
Un altro indicatore piuttosto considerato per la qualità delle località costiere è la Bandiera Blu assegnata dalla Fondazione per l’Educazione Ambientale: «Spagna, Francia, Grecia, Turchia, Italia, Portogallo e Danimarca sono i paesi con il maggior numero di Bandiere Blu per le spiagge nel 2016 (più di 200 per paese)». Anche la certificazione Ecolabel europea è utile a identificare luoghi che rispettano certi criteri ambientali, come l’uso di energie rinnovabili, la riduzione di rifiuti e la sensibilizzazione ambientale. La commissione europea ha pubblicato un manuale dedicato alle strutture ricettive in cui sono elencati tutti i criteri da rispettare. Nonostante siano in crescita dalla sua creazione nel 2003, ancora solo lo 0,14% (dati 2016) dei servizi europei possiede il marchio, anche a causa di una cattiva legislazione locale.
Per esempio, Trentino-Alto Adige, Puglia, Toscana e Sicilia sono le regioni italiane in cui il marchio Ecolabel è più diffuso, non tanto perché siano le più vocate al turismo quanto perché le amministrazioni locali hanno emanato bandi apposti per promuoverne l’adesione. In più, spesso, le amministrazioni non premiano i possessori del marchio tramite benefici dedicati, come «la riduzione dell’imposta di soggiorno o dei costi per i trasporti e/o per l’utilizzo di impianti ricreativi, ingressi gratuiti a fiere». Un’iniziativa di questo tipo, continua l'ISPRA «costituirebbe, senza dubbio, uno stimolo per i turisti a scegliere le strutture ricettive in possesso del marchio Ecolabel UE e, per queste ultime, rappresenterebbe una forte leva competitiva a favore della diffusione dell’Ecolabel UE».
L’ISPRA segnala anche che si dovrebbe fare di più per promuovere la certificazione EMAS per la gestione ambientale: lo 0,04% del totale delle strutture alberghiere europee, concentrate soprattutto in Germania, Spagna e Italia.
Cosa prevede il PNRR per il turismo in Italia
La Missione 1 del Piano nazionale di ripresa e resilienza contiene una componente dedicata al turismo di 2,4 miliardi di euro; sommando anche gli investimenti distribuiti nel resto del piano, il settore turistico ottiene complessivamente 2,92 miliardi. Openpolis ci offre una panoramica delle misure e del loro monitoraggio. L’unica riforma prevista dal piano è quella della modifica dell’ordinamento delle professioni delle guide turistiche, che deve essere completata entro fine 2023. Gli altri otto sono investimenti: quello per l’attrattività dei borghi è «l'unico finora a essere stato distribuito tra i territori, con 228 progetti in 288 comuni», scrive l’analisi di Openpolis. Il think tank ricorda che dal miliardo di euro a disposizione per questo investimento mancano quasi 260 milioni, visto che il riparto è ancora da completare. «Dati e informazioni sugli interventi del Pnrr sono soggetti ad aggiunte e cambiamenti continui. È proprio tale ragione a rendere necessari aggiornamenti frequenti degli open data a disposizione su Italia domani. Un impegno che il governo si è assunto recentemente – almeno a parole – nella terza relazione sullo stato di attuazione del piano».
Si legge nella componente “Turismo e cultura” che le misure sono pensate anche «per favorire la nascita di nuove esperienze turistiche/culturali, bilanciare i flussi turistici in modo sostenibile (“overtourism”), sostenere la ripresa dello sviluppo e delle attività turistico-culturali nelle isole minori, in quanto aree particolarmente fragili e distribuite in ampia parte del territorio nazionale». Per esempio, è presente l’investimento dedicato al miglioramento dell’efficienza energetica in cinema, teatri e musei. A parte questo e un accenno al congestionamento delle mete turistiche nell’investimento “Caput Mundi” dedicato agli eventi giubilari, di azioni specifiche sulla sostenibilità nel turismo non ce ne sono. Saranno piuttosto le misure contenute nella Missione 2, quella per la transizione ecologica, a produrre benefici per il settore turistico, in particolare per quanto riguarda la mobilità. Sempre che il Governo non cambi idea.
Infine, per rendere il turismo un settore davvero sostenibile, non si possono trascurare le aree protette e il loro ruolo benefico per la biodiversità e l'economia del luogo. Ne riparleremo.