fbpx Una valutazione relazionale per una governance adattiva | Scienza in rete

Uno studio spiega come collaborare meglio nei progetti di ricerca

Tempo di lettura: 5 mins

È da tempo, ormai, che si parla di governance adattiva per i progetti di ricerca: come mediare tra esigenze interne al progetto, legate spesso alla diversità di prospettive culturali e scientifiche dei partner, e contemporaneamente far fronte ai cambiamenti economici e sociali sempre più rapidi che caratterizzano i fenomeni su cui i progetti si focalizzano? La fase di valutazione del progetto è il primo punto su cui agire, suggerisce uno studio del CNR-IRPPS.

Crediti immagine: Claudio Schwarz/Unsplash

Quando, a novembre dello scorso anno, si è tenuto l’European Partnership Stakeholder Forum – evento che, a un anno dall’avvio del programma quadro di ricerca Horizon Europe, ha riunito l'intera comunità di partenariati co-finanziati nell’ambito di ERA (European Research Area) - le parole d’ordine sono state agilità e flessibilità. Era prevedibile, considerando che l’incontro esteso è stato il primo dopo la pandemia, mentre le discussioni sulla crisi geopolitica e climatica sono arrivate al cuore del Vecchio Continente.

Come si sottolinea nel resoconto pubblico, a emergere è stata, appunto, l’esigenza di lavorare sin dalla fase di progettazione a partenariati capaci di adattarsi tanto ai bisogni di ricerca emergenti quanto alla diversificazione delle fonti di finanziamento. Di governance adattiva per i progetti di ricerca si parla d’altronde da diversi anni. Una forma di conduzione che permetta sia di mediare agilmente tra le esigenze interne al progetto, legate spesso alla diversità di prospettive culturali e scientifiche di cui i diversi partner sono portatori, sia di far fronte ai mutamenti sempre più rapidi, in termini economici e sociali, che caratterizzano i fenomeni su cui i progetti si propongono di impattare.

Adattabilità e collaborazione

Come si può costruire questo grado di adattabilità in un progetto collaborativo di ricerca come quelli sostenuti da Horizon Europe? Secondo Lucio Pisacane e Serena Tagliacozzo, che lavorano nel corpo di ricerca dell’Istituto di ricerche sulla popolazione e le politiche sociali (IRPPS) del CNR, un primo necessario passo in questa direzione è ripensare la fase di valutazione, come propongono nel loro recente articolo “A relations-based evaluation framework to support collaborative research and innovation (R&I) networks”, pubblicato su Innovation: The European Journal of Social Science Research.

Oggetto della valutazione, secondo questo framework, non sono i risultati delle collaborazioni (gli output), quanto le dinamiche e i meccanismi relazionali che sono alla base del funzionamento dei consorzi di ricerca stessi, considerati come sistemi complessi e in continua evoluzione. Creare ponti tra i membri della rete, aiutando a definire obiettivi condivisi e promuovendo un clima di equità e correttezza è lo scopo della valutazione relazionale, un lavoro funzionale anche alla creazione di legami con gli stakeholder esterni, oltre che a una maggiore flessibilità rispetto ai cambiamenti.

Si tratta di compiti e obiettivi che rientrano tradizionalmente tra quelli del gruppo di coordinamento ma che, sottolineano gli autori, richiedono attività specifiche di negoziazione che non sempre questo ha modo, tempo e competenze per svolgere e che quasi sempre finiscono per essere lasciate alla buona volontà dei partner del progetto. Per questo, il framework prevede investimenti su un team interno al progetto ma esterno al coordinatore che possa svolgere le attività valutative dopo essere stato specificamente formato. Il framework interessa la valutazione sia interna che esterna e si costruisce secondo modalità sia formali che informali, mirate a fornire feedback in tempo reale. Gli strumenti sono molteplici e attingono alle metodologie qualitative e quantitative (questionari, focus group, network analysis…), volti a comprendere il grado di collaborazione e adattabilità così come gli spazi di advocacy e la pertinenza e comprensibilità delle evidenze scientifiche prodotte per gli stakeholder.

Se nella internal evaluation il valutatore si pone come mentore e facilitatore, in quella esterna assume il ruolo di interprete e supervisore imparziale.

Le partnership al centro

Nonostante sia un elemento chiave per determinare il successo del progetto, la dimensione relazionale delle reti collaborative di R&I è rimasta largamente trascurata e scarsamente affrontata sia dalla letteratura scientifica che dalle analisi di valutazione formale, affermano Pisacane e Tagliacozzo.

È un aspetto interessante, soprattutto considerando che le partnership sono centrali nelle politiche della ricerca a livello europeo in generale e, in particolare, nel Programma Quadro Horizon Europe. Questo è infatti passato da un approccio basato sul progetto a uno basato sulla mission, che punta a orientare gli investimenti in Ricerca e Innovazione verso obiettivi specifici, mirati e concreti che affrontino grandi sfide sociali, ed è pensato per favorire sperimentazione e cross-apprendimento.

Di questa centralità delle partnership dà conferma l’impegno della Commissione europea che, all’alba dell’avvio del Programma Quadro corrente, ha incaricato un Expert group di pensare strumenti per processi di coordinamento più coerenti, aperti e strategici. Il lavoro del gruppo è condensato in una serie di raccomandazioni che riguardano le fasi di monitoraggio, di raccolta dati, gli strumenti di policy e i temi per il mutuo apprendimento.

In particolare, il primo report dà indicazioni per armonizzare e semplificare i diversi framework di monitoraggio (che in maniera stretta è legata a quella di valutazione). Gli indicatori individuati afferiscono a 7 aree di interesse, che interessano il livello di singola partnership e il livello generale di tutte le partnership afferenti ad ERA e incrociano le diverse fasi di vita dei progetti: addizionalità (come si evolve il quadro dei finanziamenti e degli attori coinvolti), coerenza e sinergia (tra partenariati e tra i partenariati e le attività del Programma quadro, altre azioni dell'UE e azioni nazionali), direzionalità (rispetto alla visione espressa dal Parlamento europeo), flessibilità (nell'adeguamento di obiettivi, attività e risorse alle mutevoli esigenze del mercato e delle politiche), visibilità internazionale, preparazione all’auto-sostenibilità economica, trasparenza e apertura (verso gli stakeholder e verso gli enti).

Secondo il gruppo chiamato dalla Commissione, un monitoraggio siffatto apporterebbe valore sia all’interno delle partnership, migliorando le motivazioni dei membri, sia all’esterno, supportando la "licenza sociale a operare".

Monitoraggio e valutazione rientrano dunque in quell’insieme di strumenti e amministrativi e di outreach che servono a delineare un funzionamento più efficace, agile e flessibile dei partenariati. Per affrontare la sfida lanciata dalla Commissione, come ha rilevato lo stesso gruppo esperto, è fondamentale identificare fonti di dati affidabili, di alta qualità e disponibili tempestivamente e distinguere tra dati a livello di progetto e a livello di partenariato. Preziosa può apparire in questo contesto l’apporto della prospettiva recente di un framework relazionale, che prevede il finanziamento e la formazione di figure ad-hoc, in grado di muoversi tra il livello interno ed esterno dei partenariati, contribuendone al miglioramento.

 


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Non possiamo dimostrare che Dio esista, ma abbiamo qualche prova

Le dimostrazioni assolute appartengono al dominio teorico, come la matematica, dove un ragionamento corretto conduce a una conclusione immutabile. Nel mondo reale, però, le informazioni a disposizione sono sempre incomplete, e anche un ragionamento corretto può portare a conclusioni errate: gli autori del saggio Dio, la scienza, le prove rispondono all'articolo di Hykel Hosni e Angelo Vulpiani.

Nell'immagine: dettaglio de La creazione di Adamo di Michelangelo (immagine speculare). Crediti: Wikimedia Commons. Licenza: pubblico dominio
 

Nell’articolo intitolato Perché la scienza non può dimostrare l’esistenza di Dio, Hykel Hosni e Angelo Vulpiani scrivono che il libro Dio, la scienza, le prove, che abbiamo scritto e pubblicato recentemente in Italia per le Edizioni Sonda, si sbaglia cercando di dimostrare l’esistenza di Dio attraverso la scienza.