Come spesso succede, parte della "battaglia ideologica" contro l'utilizzo per fini di "ricerca e conoscenza" delle cellule staminali embrionali si basa sulla scelta e/o sulla strumentalizzazione infelice delle definizioni. Se avessero chiamato "progenitori adulti" le staminali adulte, sarebbe stato più difficile usare le parole per tentare di proporre la loro equivalenza con le staminali pluripotenti, cioè con le embrionali. Ormai però il danno - e non solo lessicale - è fatto. Quindi, per cercare di liberarci della zavorra derivante dalle errate definizioni, bisogna spiegare con alcuni semplici esempi perché i progenitori adulti e le cellule ES sono concretamente diverse e che, quindi, entrambe meritano, quantomeno, attenzione da un punto di vista scientifico.
L'attenzione
e la comprensione critica delle parole porta alla vera comprensione
del problema
Le
cellule staminali embrionali (ES) umane sono cellule pluripotenti che
possono essere cresciute in laboratorio mantenendo la pluripotenza,
cioé la capacità di dare origine alle cellule specializzate dei
nostri tessuti, con l'eccezione dei tessuti extraembrionali.
Chiariamo subito che le cellule staminali embrionali umane sono
"cellule", non sono "persone". Si ottengono a partire dalla
massa interna della blastocisti, uno dei primi stadi di sviluppo
embrionale. Le blastocisti dalle quali le staminali embrionali,
utilizzate o utilizzabili per la ricerca, si ottengono sono il
residuo sovrannumerario di tecniche di fertilizzazione in vitro o
sono congelate e destinate alla "conservazione distruttiva", un
assurdo anche solo in termini logico-linguistici. Inoltre,
e non secondario, nella considerazione di molti, anche questa
blastocisti in vitro (un aggregato di circa 200 cellule) non è
"persona". Va anche considerato che, nella normale fisiologia
umana, molte blastocisti vengono direttamente eliminate dalla natura.
In una percentuale del 70-80%. Una
blastocisti che si annidi nell'utero materno procede, dopo alcuni
giorni, verso l'organogenesi, fenomeno che pone le cellule della
blastocisti di fronte a una serie di scelte successive e per certi
versi definitive. A ognuno di questi "bivi", la cellula acquista
una progressiva specializzazione e perde un po' della capacità di
andare verso le altre "strade". Se
la cellula
uovo
fecondata è totipotente,
in grado cioè di originare un individuo, le cellule
staminali embrionali
della blastocisti possono originare solo tessuti e organi, sono cioè
pluripotenti.
Questa distinzione è decisiva e va considerata attentamente quando
si affronta l'argomento. Il
"percorso" di queste cellule continua, fino a diventare cellule
con capacità replicativa e proliferativa piu' limitata, come le
staminali
adulte
che, in vari tessuti (fegato, pelle, midollo osseo), partecipano al
mantenimento dell'integrità ed efficienza dell'organismo e,
infine, diventeranno cellule
differenziate,
cioè con morfologia e funzione definite e irreversibili.
Un breve excursus e alcune considerazioni generali da non dimenticare
La
ricerca sulle ES umane inizia nel 1998,
quando J.Thomson le isola per la prima volta. Allora
come oggi, sono prelevate da blastocisti sovrannumerarie.
Queste cellule contengono tutti quei formidabili segreti che le
portano a generare gli oltre 250 tipi di cellule specializzate del
corpo umano.
Catturate
in laboratorio possiamo propagarle,
oggi,
come tra sei mesi,
mantenendo quella "pluripotenza a 250 carati". Crescono
adese al fondo del piattino di laboratorio, generando cellule figlie
quanto più uguali tra loro e alla cellula madre è (oggi) possibile
ottenere. Divisione
dopo divisione, come nessun'altra staminale (adulta) sa fare.
Ora
lo sforzo maggiore della ricerca consiste nel cercare di imbrigliare
la straordinaria capacità differenziativa di queste cellule ed
"educarle"
a differenziarsi solo nel tipo cellulare voluto.
Esistono,
ad esempio, protocolli che permettono di produrre dalle ES nuovi
cardiomiociti, come non è possibile fare con staminali adulte,
oppure neuroni specializzati che muoiono nella Corea di Huntington o
nel Parkinson, come nessun'altra staminale adulta sa fare.
Non
si tratta di cure ma di scoperte che
riteniamo straordinarie per capire come si formano i nostri tessuti,
e che, pensiamo, possano aiutare a capire come ci si ammala e magari
aiutare a procedere verso le cure. Ma con le ES vogliamo
anche capire come mutazioni geniche,
che provocano danno nell'età postnatale, siano
inizialmente silenti.
O quanto efficienti siano le ES dopo il trapianto.
E'
a questi segreti, interrelati fra loro, che punta la ricerca.
Le cellule staminali adulte sono di diverse tipologie (ad esempio, quelle del sangue, della pelle, del cuore...). Nei nostri laboratori lavoriamo anche con staminali adulte, anche ottenendo la possibilità di un confronto, utilissima per gli studi di tutte le staminali, e una "fertilizzazione" incrociata e continua di risultati, forieri di sempre nuovi sviluppi cognitivi oltre che di idee.
Ma
vediamo anche che, una volta estratte dal tessuto, le staminali
adulte di alcuni distretti faticano a proliferare e quindi non
possono essere espanse e faticano a specializzarsi, come se non
avessero più memoria del loro destino.
Altre staminali adulte,
come ad esempio quelle della pelle, possono invece dare origine a un
gran numero di cellule discendenti. Queste produrranno solo pelle,
ottime quindi per curare. Non ci aiutano, però, a capire come si
formi il cervello o il cuore!
Molte altre staminali adulte, dopo alcuni cicli di divisione, daranno invece origine a una popolazione variegata per morfologia e caratteristiche biologiche, in continua, spesso imprevedibile, evoluzione. Per questo motivo, per alcuni di noi, non adatte allo studio sperimentale in corso nei nostri laboratori... ma certamente adatte per le ricerche di altri colleghi che le ritenessero interessanti. Questo è parte "vitale" della Scienza.
La ricerca sulle staminali embrionali è importante?
Pensate di poter vedere il Big Bang, la nascita dell'Universo. Pensate di poterlo anche ripetere in laboratorio, a disposizione degli scienziati perché possano studiarlo e capire come sia avvenuto, cosa abbia prodotto e attraverso quali passaggi. Nel nostro caso, il nostro Big Bang, è la nascita dei nostri organi e tessuti a partire dalle staminali embrionali.
Potendo
osservare direttamente il Big Bang, vedremmo, quindi, dispiegarsi
l'Universo fino a divenire galassie, stelle, pianeti, satelliti. Un
livello di conoscenza immenso.
Per noi che ci occupiamo di
cellule, capire le tappe che portano una cellula staminale a
specializzarsi, a crescere, a perfezionarsi o, viceversa, a rimanere
incompleta, difettosa, inefficiente, significherebbe non solo
"conoscere"
ma col tempo "prevedere,"
e poi "cercare
di prevenire"
eventuali gravi malattie.
I
"detrattori" delle staminali embrionali - e, in seconda
battuta, degli studi che su di esse si possono fare - dicono che
queste cellule non hanno portato a nessuna "cura diretta". Vero.
Questa affermazione è stata, però, più volte utilizzata,
strumentalizzata e contrapposta alla "presunta dimostrazione"
che, viceversa, con le staminali adulte si siano curate molte
malattie. Affermazione apodittica, vera di per sé solo se lasciata
avulsa dal contesto della ricerca nel suo complesso, ed invece
scientificamente impropria e scorretta se contestualizzata
correttamente.
E', fra l'altro, un'affermazione che ci
porterebbe - nostro malgrado - su un altro piano di discussione
rispetto a quello che abbiamo sinora affrontato. Cioè: le
staminali come terapia.
Ed anche volendo restare su questo piano di discussione, prima di
tutto, sarebbe d'obbligo una precisazione, non secondaria. Oggi,
con cellule staminali adulte si "cura" un numero limitato di
malattie, molto simili tra loro, come alcune leucemie (cure esistenti
da trent'anni e purtroppo non ancora di totale efficacia), le
lesioni della pelle e della cornea (e molti scienziati ancora
studiano le ES-embrionali, per produrre una pelle migliore di quella
attualmente ottenibile). Le staminali adulte sono in sperimentazione
anche per altre malattie ma, in alcuni casi, il loro uso - fra
l'altro a volte avventato - in malattie cardiache ad esempio, ne
ha tristemente decretato il fallimento. In altre situazioni vi sono
stati seri problemi procedurali ed etici (vedasi quanto riportato da
Nature nell'agosto del 2008, dove si descriveva un trial clinico
con cellule staminali adulte muscolari -o pseudo tali- per
l'incontinenza urinaria proposto all'Università di Innsbruck).
Però, ripetiamo, questo discorso è talmente scorretto, almeno nelle forme e nei modi in cui viene impostato (per incompetenza e/o malafede?), che, pur con le dovute precisazioni di cui sopra, non vogliamo sia quello principale, neppure se tirati per i capelli. Per noi, la ricerca tutta, quella seria, ha una sua dignità in quanto frutto delle idee e della volontà di comprendere ciò che siamo e che ci circonda. Non può essere ridotta, strumentalmente, ad un mero confronto di "meglio o peggio", di "con questo si cura e con questo no (o non ancora)". Questo è il ragionamento, astruso, che porterebbe all'abbandono di tutte le ricerche che non hanno ancora portato a cure! Il solo pensiero è concettualmente raccapricciante.
Quello che ci interessa, invece e con coerenza, è ricordare che un successo chiaro, lampante, le cellule staminali embrionali lo hanno già ottenuto. Le cellule riprogrammate (Staminali Pluripotenti Indotte, iPS) sono cellule adulte, differenziate, non staminali, che possiamo ringiovanire, come in una macchina del tempo, fino allo stadio di staminale embrionale. I bottoni che i ricercatori hanno imparato a premere per ottenere questo successo sono quegli stessi geni che hanno scoperto essenziali nelle ES. La faccia e il corredo biochimico e funzionale che queste cellule iPS assumono sono quelle che abbiamo imparato a capire e coltivare con gli studi sulle staminali embrionali. Certo, anche le iPS devono essere educate a diventare il tessuto specializzato giusto, e per questo il loro studio sarà condotto in parallelo con le ES. Questo avverrà in molti paesi, senza dubbio.
La domanda non è quindi "se e quando succederà". Quello che oggi ci dobbiamo chiedere è: "perché non da noi?"
Che
senso ha "assolvere moralmente" le cellule iPS (perché di
assoluzione o condanna si tratta), ottenute con la "complicità
morale" delle ES, i cui risultati verranno in virtù di questo
ipotetico peccato originale?
Il punto essenziale, quello che ci
sta a cuore, parte dalla libertà di ricerca (sancita dalla
Costituzione Italiana) e passa attraverso ricerche permesse dalla
legge italiana e prevede ricadute di scoperte che evidentemente tutti
(senza alcuna esclusione, neppure da parte di chi "predica o
predicava" l'uso delle sole staminali adulte) hanno già
consacrato e deciso di utilizzare.
Ma in Italia si cade poi,
inevitabilmente e purtroppo, sull'incoerenza dei fatti. Il
Ministero della Salute si accinge, infatti, ad aprire un bando
per il finanziamento della ricerca sulle cellule staminali dal quale
intende escludere la ricerca sulle cellule staminali embrionali.
Si intende cioé escludere dai finanziamenti, e quindi di fatto
chiuderle in un angolo, ricerche su cellule che esistono già e che
sono utilissime per crescere nella conoscenza e nella competenza
anche
in Italia.
Per non essere fraintesi, ripetiamo che si tratta di cellule.
Esistono, sono disponibili e sono cellule, non persone. Fatti non da
poco. Vogliamo ripetere con forza: cellule che persone non sono. E
questo non è secondario nel ragionamento globale della ricerca fatta
in Italia. Si tratta di ricerche che diversi laboratori (anche da
noi) sono in grado di intraprendere (anche) per potere lavorare con
maggior cura sulle cellule riprogrammate. Ricerche finanziate ad
alcuni laboratori italiani dai fondi europei, così come sono
copiosamente finanziate molte ricerche sulle staminali adulte.
Dall'Europa va bene, dall'Italia no?
Che senso ha limitare al
nostro Paese tutto ciò? Dove sta l'intelligenza di tutto ciò? E
la coerenza etica e, infine, politica? Restiamo quindi in attesa
del bando definitivo, interessati a conoscere le motivazioni di
questa esclusione aprioristica. Convinti, come ha detto Barak Obama
lo scorso marzo, che "le
scelte sulla ricerca scientifica devono essere basate sui fatti, non
sull'ideologia".