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Silenzio, va in scena la ricerca di base

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“Pare che siate tutti stupefatti, forse non ve lo aspettavate...” cosi’ commenta Göran Hansson, il segretario del comitato del Nobel per la Medicina alla platea ammutolita di giornalisti. Siamo al Karolinska Instutute a Stoccolma appena dopo l’annuncio del Nobel 2013 per la Medicina a Randy Schekman, Jim Rothman e Thomas Sudhof per la scoperta del sistema di trasporto vescicolare nelle cellule.

Perché lo stupore? Beh, perché tra vari pronostici si prevedeva un Nobel per i padri dell’epigenetica, uno dei processi che regolano l’espressione dei geni su cui molti ricercatori sperano di costruire la medicina del futuro.
E invece no, quest’anno il Nobel va agli scopritori dei processi di fusione tra membrane, un affare a base di grassi, in gergo lipidi, e di proteine.
Senza offesa per geni e DNA, che ovviamente anche di regolare la produzioni di lipidi e proteine si occupano, questo è un grande Nobel, a lungo atteso, che merita entusiasmo, soprattutto perché testimonia il grande valore della ricerca di base, non necessariamente fatta con fine medico (sono di parte dato che anche il mio laboratorio di occupa di ricerca di base appunto sul traffico vescicolare).
Qui di seguito spiego brevemente non la storia della ricerca che ha portato a questo riconoscimento, ma piuttosto un po’ della biologia affascinante che questo Nobel nasconde, e che pochi hanno raccontato in questi giorni.

Partiamo dal fatto più ovvio, portato alla luce principalmente da Sudhof e ampiamente ricordato, che il trasporto vescicolare e la sua fine regolazione sono il cuore della trasmissione sinaptica, il processo di comunicazione tra i neuroni nel cervello di tutti gli organismi che lo hanno (indipendentemente da come decidano di usarlo). Le percezioni di se’, degli altri e dell’ambiente negli esseri senzienti, e per esteso le loro reazioni ed emozioni, viaggiano attraverso i neuroni sotto forma di impulsi elettrici. Questi impulsi vengono però passati da un neurone all’altro, o da un neurone ad un muscolo, utilizzando eventi di fusione e internalizzazione di vescicole altamente regolati sulla superficie dei neuroni. Quindi nel cervello, se vogliamo usare una metafora, la musica è elettronica e parte dell’esecuzione è analogica e funziona a base di trasporto vescicolare.
Un altro ruolo chiave del trasporto vescicolare in ogni cellula - non solo nei neuroni - è di permettere l’impacchettamento, o anche più semplicemente la preparazione (letteralmente il ripiego, la zuccheratura e l’ingrassatura, secondo necessità), di proteine e altre molecole prodotte all’interno della cellula che devono venire spedite sulla superficie cellulare, o oltre confine, nel mare magno del resto dell’organismo. Questo succede perché molte proteine si associano o sono inserite nelle membrane, i foglietti di lipidi che formano le vescicole. Il processo di produzione è chiamato generalmente secrezione o esocitosi, e fa il paio con il processo opposto, l’endocitosi, ovvero l’introduzione dall’esterno della cellula, o dalla sua superficie, di molecole variamente impacchettate da recapitare in vari luoghi all’interno, come il nucleo, o il lisosoma, il cestino cellulare per la differenziata.
Nel lisosoma non ci va la plastica, ma piuttosto proteine di membrana da riciclare (per il riciclo delle proteine solubili in acqua c’è un altro cestino, il proteasoma). Quindi, il trasporto vescicolare regola tutta la vita, letteralmente dalla nascita alla morte, delle proteine che sono inserite o associate ad una membrana cellulare.

Un sistema postale perfetto

Endocitosi e esocitosi si basano sulla continua produzione, traffico e fusione di vescicole tra organelli come il Golgi, gli endosomi, e i lisosomi, vere e proprie stazioni di assemblaggio, smistamento e disasemblaggio della cellula. Per questo, in questi giorni si è parlato del trasporto vescicolare come autostrada nella cellula.
L’integrità stessa degli  organelli che fanno funzionare una cellula come le nostre dipende in larga parte dal corretto funzionamento del trasporto vescicolare, un po’ come se la dimensione delle stazioni di servizio dipendesse da quanti veicoli ci si fermino, per continuare con la metafora autostradale.
Le vescicole si originano grazie a un elaborato sistema di ripiegatura e scissione delle membrane, che coinvolge diversi sistemi di proteine in diversi luoghi nella cellula che non hanno niente da invidiare rispetto ai più fini origami. Poi le vescicole viaggiano in vari modi principalmente dopo essere caricati su motori molecolari che letteralmente camminano sulle reti di binari costituite dallo scheletro cellulare, o citoscheletro. Una volta alla stazione di arrivo, ovvero al momento di incorporare vescicole con gli organelli a cui sono destinate, si fa uso di un set di proteine SNARE (un acronimo, ma anche “laccio” in inglese) che allacciano le vescicole all’organello e, con l’aiuto di altre proteine con nomi egualmente evocativi come SNAP (in inglese “chiudersi a scatto”), permettono il contatto e la fusione della membrana della vescicola, cosi che diventi parte dell’organello di destinazione. Se siamo stufi di metafore autostradali possiamo pensare a un modulo sparato in orbita che deve essere agganciato alla stazione spaziale. Fuor di metafora, la fusione è un affare altrettanto complicato.
Le vescicole e gli organelli hanno membrane fatte di grassi e stanno in ambienti a base di acqua, come il citoplasma della cellula. Ad acqua e olio, come si sa, non piace mischiarsi, quindi le proteine SNARE sulle membrane delle vescicole e dell’organello di destinazione fanno si che questi si avvicinino abbastanza affinché la fusione avvenga. Un po’ come può succedere appunto a due gocce di olio in acqua. Con una trentina di proteine SNARE nella cellula, sappiamo che solo certe combinazioni di quattro di queste permetto eventi di fusione.
Questo è un bene perché così vescicole provenienti da Golgi che devono fondere con la membrana mantengono un set di SNARE diverse rispetto a vescicole che vanno verso l’endosoma, e a queste due destinazioni troveranno SNARE diverse. In sostanza, il sistema identifica i pacchetti in arrivo e permette di raggiungere solo la destinazione giusta, un po’ come la chiave giusta non solo apre solo la macchina giusta, ma ne identifica anche il proprietario (perlomeno il più delle volte). Più lo studiamo e più scopriamo complicazioni a questo paradigma, che è quello emerso dagli studi di genetica di Schekman e di biochimica di Rothman.

Carica, mira. e spara

Gli eventi di fusione tra membrane si prestano a una moltitudine di usi molto creativi in cellule specializzate del nostro corpo. Uno tra i più stupefacenti avviene nei linfociti T-killer.
I T-killer, adeguatamente battezzati, sono a tutti gli effetti i sicari del nostro sistema immunitario. Puntano una cellula da eliminare perché infetta o mal funzionante. Lo fanno attaccandosi e formando un tipo specializzato di sinapsi, la sinapsi immunologica. Dopodiché puntano i loro lisosomi verso la sinapsi e... - bang! - ne fondono la membrana con la superficie scaricando il contenuto letale verso la cellula da eliminare.
Ora i lisosomi, da buon cestino, sono ripieni di sostanze per degradare grassi e proteine, e in queste cellule vengono ulteriormente caricati per fare danno. Più che riciclo, qui pare che si butti la pattumiera dalla finestra, ma almeno lo si fa per una buona ragione. Quindi, riassumendo, i T-killer fanno uso della fusione di membrane per sbarazzarsi del nemico. Passiamo per finire dall’individualismo a fin di bene dei T-killer, all’altruismo sfrenato delle cellule che formano i tessuti nei nostri organi. Per fare un organo durante lo sviluppo embrionale, e per farlo funzionare nell’adulto, queste cellule devono aderire tra loro, muoversi e comunicare tra loro. Sono baci, abbracci e chiacchiere tra milioni di cellule, che seguono una coreografia altamente dinamica e precisamente regolata e che utilizza intensamente il sistema di trasporto vescicolare. Inseriti nella membrana sono i recettori per i segnali che dicono alle cellule come comportarsi, e associati a membrane sono i trasduttori che amplificano e passano i messaggi arrivati dall’esterno, che vanno verso nucleo, dove il DNA li interpreterà, mettendo in atto i programmi generici corrispondenti. La nascita di segnali e recettori e molecole di adesione nella via secretoria, quanto la loro morte nella via endocitica, sono quindi indissolubilmente legati al trasporto vescicolare. Visto che molti dei tumori si originano da alterazioni dell’adesione o dei segnali tra le cellule, non è sorprendente che moltissime mutazioni in proteine che regolano il traffico vescicolare siano associate a tumori.

Queste storie, spero affascinanti, sono il frutto della passione per la scienza di tantissimi ricercatori che hanno letto delle scoperte di Schekman, Rothman e Sudhof.
Quelle che ho raccontato brevemente qui, non costituiscono che un’infinitesima finestrella sul panorama rappresentato dalla diversità che si evoluta a partire dalla conquista del trasporto vescicolare da parte della cellula. Il trasporto vescicolare è un’invenzione antica ma quella che forse più ha permesso il passaggio evolutivo da cellule semplici, come quelle dei batteri, a cellule complesse, come quelle nostre e di animali e piante, fortemente  caratterizzate da una varietà di traffici e di compartimenti interni (come lo sono il Golgi, gli endosomi, e il reticolo endoplasmatico, il mitocondrio e il cloroplasto). Tale invenzione, come tutte le altre è frutto del caso e della selezione a cui è soggetta l’acquisizione di tratti vantaggiosi, i due pilastri dell’evoluzione. Senza trasporto vescicolare, non saremmo che una triste brodaglia di un centinaio di miliardi di cellule senza arte ne' parte, visto che gli organismi multicellulari come noi hanno preso piede solo dopo averlo evoluto.
Essenzialmente il Nobel di quest'anno ci parla di quanto è bella la vita complessa delle nostre cellule. Quella per cui' l’acqua - che ci permea e permette le reazioni chimiche all'interno del nostro corpo - e l’olio - i grassi di cui sono fatte le membrane cellulari - vengano mantenuti separati usando energia, in modo infinitamente più elaborato che nelle cellule semplici dei batteri, grazie appunto al trasporto vescicolare, in un'eterna danza che separa l'ordine - e la vita - dall'entropia - e la morte. 


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