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Scienza e tv: quando la bufala è servita

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L'ultimo caso è scoppiato il 28 maggio scorso, dopo una puntata dedicata al tema dei risarcimenti per danni causati da vaccinazioni obbligatorie. Parliamo della popolare trasmissione tv Le Iene, ormai da tempo accusata dalla comunità scientifica e da molti giornalisti e commentatori di fare disinformazione pericolosa su delicate questioni legate alla salute, rincorrendo l'audience sulla pelle dei malati.

Nel 2010, per esempio, un servizio su un presunto farmaco antitumorale a base di veleno di scorpione prodotto a Cuba ha probabilmente contribuito ad alimentare tra gli italiani l'interesse per quel prodotto. Spingendo molti, tra pazienti e familiari, a procurarselo su Internet o a raggiungere l'isola per recuperarlo, nella speranza di sconfiggere definitivamente la malattia. Speranza vana, purtroppo, perché se il veleno ha dato qualche prova di efficacia in vitro, nessuno studio scientifico ne ha mai dimostrato l'efficacia in vivo, su malati in carne e ossa.

Vannoni e il metodo Stamina

All'inizio del 2013 i riflettori delle Iene si sono puntati sul cosiddetto metodo Stamina e sul suo artefice, Davide Vannoni. Al centro dei servizi ci sono alcuni bambini colpiti da gravissimi malattie degenerative e le loro famiglie.
I genitori di Celeste, Sofia, Federico, raccontano i miglioramenti osservati nei piccoli dopo l'infusione di cellule staminali mesenchimali con metodo Stamina e chiedono che quelle infusioni, effettuate agli Spedali civili di Brescia e sospese per ordine dell'Aifa, l'Agenzia italiana del farmaco, possano ripartire.
La vicenda è lunga e complessa e negli ultimi giorni ci sono stati nuovi colpi di scena, con il tribunale di Pesaro che ha imposto la ripresa delle infusioni a Brescia per un piccolo paziente, nominando come ausiliario il pediatra Marino Andolina, vice presidente di Stamina e tra gli indagati dalla procura di Torino, con Vannoni, per associazione a delinquere finalizzata alla truffa. Non sono mancate le reazioni, con il Consiglio superiore della magistratura che ha chiesto alla Cassazione di rivedere  l'ordinanza, mentre continua a mancare il minimo straccio di prova scientifica che il metodo non solo sia efficace ma sia prima di tutto sicuro.
Tra manifestazioni di pazienti, appelli di ricercatori, ordinanze di tribunali, commissioni di esperti ministeriali, insulti (in un tweet di pochi giorni fa, Vannoni ha definito "mentecatti" alcuni gruppi di "antiStamina"), il paese sembra impazzito e sono in molti a chiedersi se le cose sarebbero arrivate a questo punto se Le Iene non avessero cavalcato quell'onda. Se non avessero soffiato sul fuoco della naturale commozione per i bambini malati per mettere in luce un personaggio con più di un lato oscuro. Nel prossime settimane per approfondire le vicende legate a Stamina uscirà il libro, edito da Zadig, di Roberta Villa e Antonino Michienzi.

Non finisce qui, perché in primavera sono andate in onda alcune puntate dedicate al rapporto tra alimentazioni e tumori. Come sempre si è partiti da pazienti che hanno raccontato la loro esperienza: una tragica diagnosi di cancro, il peso di chemioterapia e radioterapia, le ricadute, per arrivare alla scoperta di una soluzione alternativa: la dieta. Un'alimentazione strettamente vegana, magari accompagnata da acqua alcalinizzata o succo d'aloe, che avrebbe permesso l'arresto, la regressione o addirittura la scomparsa della malattia. Anche in questo caso l'azzardo è grande. Se è vero infatti che una sana alimentazione può contribuire alla prevenzione di certe forme tumorali e può sostenere al meglio il paziente durante le faticose terapie antitumorali, è altrettanto vero che la dieta da sola non basta a curare il cancro.

Vaccini e autismo: il servizio de Le Iene riaccende la polemica

Per ultima c'è la faccenda degli indennizzi per i danni da vaccini. Nella puntata del 28 maggio sono stati messi a confronto due casi: quello di Andrea che, dopo aver ricevuto una diagnosi di encefalite causata da vaccinazione, ha ricevuto un indennizzo dallo Stato. E quello di Salvo, affetto da un disturbo pervasivo dello sviluppo (autismo) che ha cominciato a manifestarsi poche ore dopo una delle vaccinazioni infantili obbligatorie. In un primo momento, la commissione medica dell'ospedale militare che aveva analizzato il caso aveva attribuito il disturbo proprio alla vaccinazione. In seguito, però, il Ministero della salute non ha più riconosciuto il nesso di causalità, bloccando il risarcimento. La trasmissione non entra nel vivo della questione del rapporto tra vaccini e autismo (un rapporto, conviene ribadirlo, proposto da una truffa e negato da tutti i dati scientifici disponibili. Qui il dossier di Scienza in rete), ma sembra dare per scontato che quel rapporto ci sia e chiude con una considerazione inquietante: «Rimane il grande tema della pericolosità dei vaccini».

Insomma, una vera escalation su alcuni dei temi sanitari più caldi, con trasmissioni costruite in modo decisamente accurato: una testimonianza qui, un'insinuazione là, un ammiccamento del conduttore, un tocco di autorevolezza con l'intervista a un esperto in camice bianco, un montaggio  incalzante quando le risposte degli intervistati si fanno più critiche.
Risultato? Anche allo spettatore più cauto, il dubbio viene. Che le cose stiano davvero come raccontato. Che il veleno di scorpione o un bel succo di broccoli possano guarire dal cancro. Che un'infusione di presunte staminali, ottenute non si sa come e prive di qualunque indicazione scientifica di sicurezza e di efficacia, possa curare decine di malattie diverse, dal diabete, al morbo di Parkinson, alla leucodistrofia metacromatica. Che i vaccini saranno pure obbligatori, ma potrebbero anche essere rischiosi, e allora chi me lo fa fare? In un clima generale di sfiducia verso le istituzioni, siano quelle della politica o della cosiddetta "medicina ufficiale", il gioco è fatto: meglio rivolgersi a queste alternative "fuori dal coro", che hanno così tanti sostenitori, magari abbandonando le vie terapeutiche più tradizionali. Non senza grossi rischi, però. Perché rifiutare le vaccinazioni, per esempio, significa riaprire la strada a malattie che si potevano credere sconfitte e che, a partire dal morbillo, non sono affatto delle passeggiate. E preferire terapie improbabili proposte dalla sempreverde categoria dei ciarlatani a percorsi terapeutici consolidati e standardizzati significa rinunciare alle sole possibilità di cura che siano davvero realistiche. Per quanto magari faticose da sostenere e di sicuro non miracolose. Rimettendoci dunque in salute e anche in denaro, perché difficilmente queste alternative sono così a buon mercato come possono sembrare a prima vista.
Quando ancora operava in un infimo sottoscala torinese, per intenderci, Vannoni chiedeva svariate migliaia di euro per le sue infusioni, a titolo di donazione per la fondazione Stamina.
Mentre Robert Young, inventore della cosiddetta dieta alcalina, arrestato pochi mesi fa in California per esercizio abusivo della professione medica, chiedeva fino a 50.000 dollari per i suoi trattamenti. Per non parlare dello spreco di soldi pubblici: tre milioni di euro erano stati stanziati dal governo Letta per la sperimentazione sul metodo Stamina, per il momento ancora congelata.

Dal siero di Bonifacio al caso Di Bella

Certo, ciarlatani e bufale ci sono sempre stati, non può essere tutta colpa delle Iene. Basti pensare, per restare in Italia, alla storia del siero Bonifacio, un intruglio a base di acqua ed escrementi e urina di capra che, secondo il veterinario campano Liborio Bonifacio, avrebbe dovuto curare il cancro, a partire dall'assunto - per altro scorretto - che le capre non si ammalerebbero di questa malattia. Erano gli anni sessanta del secolo scorso, Internet non c'era e la tv non era ancora così diffusa, ma quando la stampa nazionale cominciò a raccontare il caso, cominciarono anche i viaggi della speranza verso l'abitazione del veterinario.
Per non parlare del notissimo caso del metodo Di Bella, una presunta terapia antitumorale costituita da diverse sostanze e messa a punto dal medico Luigi Di Bella. Anche in questo caso non esiste alcuna prova scientifica di efficacia, ma capita ancora che - Iene o non Iene - qualche tribunale ordini a un Asl il rimborso delle spese sostenute da un paziente per curarsi con questa terapia.

E certo, le bufale non sono tutte uguali: a volte si tratta si tratta di vere e proprie truffe, ordite con l'obiettivo di spillare soldi ai malcapitati, malati e disperati, a volte di proposte fatte in buona fede, da qualcuno che crede veramente nell'efficacia del metodo ideato. Però è indubbio che tutte corrano più veloci, se spinte dalla potenza dei canali di informazione. Come internet, o come una trasmissione tv di successo. Per questo c'è chi si chiede se sia corretto che un programma di infotainment con tanto seguito come Le Iene tratti in modo così spudorato e superficiale argomenti tanto delicati, e come sarebbe possibile evitarlo.
È quello che hanno fatto di recente Elena Cattaneo, Michele De Luca e Gilberto Corbellini in un editoriale pubblicato sulla La Stampa il 31 maggio scorso. «Non troviamo un argomento etico valido per giustificare coloro che gettano benzina sul fuoco della sofferenza causata da gravissime malattie, per generare conflitti tra malati, scienziati, medici e politici. In sostanza, tra scienza e società» scrivono. E ancora: «Si dovrebbe seriamente, intervenire sia con un codice etico condiviso dagli enti televisivi e d’informazione, sia mettendo sull’avviso i malati e i cittadini di non prender sul serio certi programmi televisivi o mezzi d’informazione attraverso specifiche avvertenze circa l’assenza di vaglio scientifico di quanto trasmesso».
La questione è effettivamente critica e affrontarla non è semplice. La proposta di un'avvertenza - un po' come quella presente sui pacchetti di sigarette, qualcosa del tipo «questo programma nuoce gravemente alla salute» - può essere un'interessante provocazione, ma è impraticabile. Agire contro certa tv e certa stampa, indignarsi, muoversi, denunciare - come hanno fatto per esempio un mese fa gli aderenti dell'associazione Pro-Test Italia, che hanno organizzato un sit-in di protesta contro la "sistematica disinformazione delle Iene in campo sanitario" davanti agli studi di Cologno Monzese - è necessario e sacrosanto, ma può non bastare. Ancora più fondamentale sarebbe riuscire a fornire a tutti i cittadini gli strumenti per giudicare criticamente quanto vedono e leggono, rifiutando approcci di un certo tipo. Sono in tanti a poter fare la loro parte, in questo senso, a partire dagli organi di informazione, certo. Ma anche da iniziative come quella di Italia Unita per la Scienza, movimento culturale che punta sul dialogo diretto tra scienziati e cittadini per promuovere una corretta informazione scientifica e la costruzione di nuova fiducia nei confronti delle istituzioni scientifiche.

A maggio l'associazione ha organizzato "La bufala è servita", una settimana di incontri in varie città su temi al confine "tra scienza e pseudiscienza. A Verona, per esempio, si è parlato sia delle basi neurobiologiche e psicologiche che rendono particolarmente affascinanti bufale e leggende metropolitane, sia di alimentazione e tumori, cercando di fare chiarezza su quanto c'è di noto e consolidato su questa relazione. E sottolineando i tanti aspetti condivisi tra le varie proposte  alternative per la cura del cancro (che si tratti di dieta o di altri rimedi), che possono rappresentare altrettanti campanelli d'allarme per un lettore o spettatore.
Qualche esempio? La presenza di testimonial, di qualcuno che dichiari (non sempre - va detto - in buona fede) di essere migliorato o guarito seguendo quella particolare terapia. La presenza di un "guaritore incompreso", qualcuno che ha trovato una "soluzione miracolosa" a una o più malattie, ma vive fuori o ai margini della comunità scientifica, dalla quale è fortemente osteggiato.
Il "guaritore" dà spesso voce all'ipotesi del complotto, secondo la quale la scienza ufficiale saprebbe benissimo che la sua soluzione funziona, ma non lo dice per tutelare gli enormi interessi commerciali in gioco.
Per altro, come se i guru delle proposte alternative non guadagnassero dalle loro bufale. Solo per citare un caso, il biglietto per partecipare a una conferenza di Colin Campbell, l'autore di The China Study, la "bibbia" di chi ritiene la dieta vegana utile a battere il cancro , in programma a Verona a novembre, costa 300 euro più Iva. Infine, un certo "scientific sounding", per cui vengono sempre indicati riferimenti a dati, risultati e studi detti "scientifici". Anche se poi, a ben guardare, si tratta di dati e risultati parziali o incompleti, di studi progettati e condotti male, di indagini magari eseguite soltanto in vitro.
E naturalmente, un ruolo importante nella costruzione di questo spirito critico spetta anche alla scuola. Perché a distinguere il vero dal falso, il possibile dall'improbabile, il dato scientifico dalla bufala, si deve imparare fin da piccoli.

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