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Quanta scienza per migliorare il grano duro

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La crisi tra Ucraina e Russia ha già provocato alcune ripercussioni economiche. C'è stato il solito allarme sull'approvvigionamento di gas in Europa occidentale, anche se le riserve garantiscono parecchi mesi di gas nell'ipotesi (improbabile) che Mosca chiuda i rubinetti. Ma ad aumentare di prezzo sono in questo momento soprattutto i cereali. L’Ucraina è "il granaio dell'Europa", uno dei maggiori produttori a livello mondiale, dove nel 2013 si sono raccolte circa 63 milioni di tonnellate di cereali, di cui più di 22 milioni di tonnellate di grano e oltre 30 milioni di tonnellate di mais. In pochi giorni il frumento duro è passato da 313 a 318 euro a tonnellata.
In Italia, fino agli anni '90, la produzione di grano duro era sempre stata eccedente ai consumi nazionali, ma oggi questo non è più così. Mentre la FAO spinge per un aumento della produzione agricola, la coltura nel nostro Paese ha perso in pochi anni oltre 600 mila ettari. Siamo costretti a importazioni crescenti di prodotto di qualità, per sopperire alle mancanza di casa nostra. C’è la necessità quindi di mettere a punto strategie di produzione innovative e nuovi modelli di commercializzazione.

Più frumento sostenibile in Italia

Tutelare la qualità per nutrire il Pianeta sarà uno degli assi portanti proprio dell’Expo 2015.
In questa ottica 13 fondazioni bancarie, nell’ambito dell’iniziativa AGER (AGroalimentare E Ricerca), hanno sostenuto 16 progetti a favore del settore agroalimentare italiano. Fra questi progetti c’è “Sostenibilità produttiva-ambientale, qualitativa ed economica della filiera del frumento duro” che dopo tre anni di studi e ricerche è giunto alla sua conclusione.
Al progetto hanno partecipato le università di Padova, Teramo, Firenze e Parma e come co-partner Pavan Map Impianti e lo Spin off Grainit dell’università di Padova. “Per capire come migliorare la produzione di frumento duro in Italia siamo partiti dal campo, passando per la macinazione fino al prodotto pasta”, spiega Giuliano Mosca dell’università di Padova e responsabile scientifico del progetto. Il progetto ha cercato di rispondere a 3 domande:
- si può sviluppare innovazione relativa alla coltivazione del frumento?
- le innovazioni introdotte rendono il frumento migliore?
- sapendo che il prodotto ottenuto è rispettoso dell’ambiente in tutte le componenti della filiera può avere una sua collocazione sul mercato?

Per un’agricoltura che pesi meno sul clima e la biosfera

Alla base del progetto due parole chiave: sostenibilità sia in termini economici sia ambientali e mitigazione degli impatti dell’agricoltura sulla biosfera, in particolare per mezzo del più razionale uso di mezzi agricoli ad alta produzione di CO2 e l’assorbimento di gas serra da parte dei sistemi produttivi.
L’agricoltura convenzionale ha, infatti, avuto un grande impatto sul global climate change, contribuendo al 25% del rilascio totale annuo di anidride carbonica, al 50% delle emissioni annue di metano e al 75% delle emissioni annue di protossido di azoto.
Le ricerche sono state sviluppate in due ambienti italiani con caratteristiche climatico-ambientali contrastanti: l’Abruzzo e il Veneto. A margine della laguna di Venezia sono state messe a punto strategie ad hoc per far sì che la pianta di frumento assorbisse una quantità di azoto ottimale. La concimazione azotata è molto importante e deve essere ponderata: nelle zone più produttive l’insufficiente disponibilità azotata non deve diventare il fattore limitante delle rese. Nelle zone meno produttive a causa delle condizioni climatiche, le concimazioni azotate devono essere fatte nei momenti più favorevoli per l’assorbimento e bisogna evitare le distribuzioni eccessive.

Azoto, con giudizio, e secondo le stagioni

Raramente le dosi di azoto vengono differenziate nelle diverse annate in funzione della piovosità del periodo invernale, nonostante sia risaputo che abbondanti piogge in tale periodo comportano lisciviazione dell'azoto in forma nitrica e conseguente minore disponibilità dell'elemento per la coltura. “In Pianura Padana la situazione è molto critica con composizioni di terreno molto disomogenee tra di loro. Per tre anni abbiamo dosato l’azoto con margini diversi facendo grande attenzione al limite critico ambientale. Attraverso nuove strategie agronomiche siamo stati in grado, quindi, di dimostrare quanto l’assorbimento di azoto sia diverso a seconda del terreno e del clima” continua Mosca. Le tecniche cosiddette “on the go” hanno permesso di variare l’apporto di azoto in funzione dell’effettivo stato nutrizionale della coltura. Utilizzando rilevamenti geo-referenziati poi, i ricercatori hanno potuto controllare su circa 3 mila punti geografici l’assorbimento delle colture.
Ma c’è di più, per poter garantire un prodotto di qualità ma soprattutto omogeneo, sulla mietitrebbia è stato istallato un apposito sensore NIRS (Near InfraRed Spectrometry) per determinare nel corso del raccolto il contenuto proteico della granella e costituire lotti separati di prodotto in base alla qualità. “Attraverso questa tecnologia, l’agricoltore potrà proporsi sul mercato offrendo un prodotto adeguato per cercare di contrattare un prezzo migliore ” sottolinea Mosca.

La rotazione delle colture è ancora valida

Così è andata la fase del progetto sviluppata in Veneto con condizioni climatiche particolari e non sempre compatibili con l’obiettivo prefissato. In Abruzzo invece gli sforzi si sono concentrati sul rischio erosione a cui i terreni sono sottoposti. Molte coltivazioni sono in pendio e c’è la possibilità col tempo della perdita di importanti quantità di terreno. Inoltre si aggiunga la scarsa disponibilità di sostanza organica nel terreno.
“Qui abbiamo capito, spiega Mosca, che l’antico concetto della rotazione agraria resta ancora valido e alternando la coltura di frumento duro con delle leguminose, il terreno da un lato si arricchisce naturalmente di azoto che sarà poi valorizzato dalla coltura seguente e dall’altro i residui colturali una volta sparsi sul terreno offrono una barriera anti erosiva.

La tecnologia ripaga

Questo tipo di ricerche “sul campo”, sia in Abruzzo sia in Veneto, sono state accompagnate dallo sviluppo di modelli meteorologici che permettono di predire come sarà il raccolto prima della maturazione, dando all’agricoltore la possibilità di tracciare scenari di mercato. In entrambe le esperienze una pianta che ha avuto un apporto sufficiente di nutrienti ha portato a produrre pasta di qualità nutrizionale migliore e quindi con un valore di mercato più alto. Si potrebbe obiettare però che tutta questa tecnologia al servizio dell’agricoltura non fa che aumentare i costi di gestione e di produzione.
“Chi investe in cooperazione specie con i contoterzisti, attraverso queste innovazioni potrà ottenere un prodotto di qualità che potrà trovare una collocazione verosimilmente di nicchia sul mercato, riuscendo così in poco tempo ad ammortizzare i nuovi costi di produzione. I nostri agricoltori dovrebbero aprirsi di più alla tecnologia e ai vantaggi che essa può portare” conclude Mosca. “I risultati prodotti da questo progetto sono stati possibili grazie alla collaborazione fra pubblico e privato. Abbiamo così dimostrato che questi due mondi possono insieme aprire nuove strade, non puntando alle stelle ma verso terra”.


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