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Oppenheimer, un film che tratta alla pari scienza ed etica

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Quella del fisico Robert Oppenheimer è una vicenda controversa e ricca di luci e ombre; già oggetto di numeroso biografie, ora è protagonista dell'omonimo film diretto da Christopher Nolan: lo recensisce per Scienza in rete Fabio Terragni.

È vero: non è stato Robert Oppenheimer a “inventare” la bomba atomica. Il più tragico conseguimento della scienza e della tecnologia del '900 è frutto del primo esempio di Big Science: il Progetto Manhattan, lo sforzo senza precedenti condotto dal governo americano per anticipare la Germania nazista, che è costato oltre due miliardi di dollari e che ha coinvolto decine di migliaia di fisici di primissimo piano, di ingegneri e tecnici.

Ma a Oppenheimer è toccata una sorte speciale: dopo aver creato e guidato per tre anni la città laboratorio di Los Alamos, dove è stata fisicamente creata la bomba, in piena Guerra Fredda ha osato mettere in dubbio la strategia americana della corsa agli armamenti, e in modo particolare alla bomba a idrogeno. Tanto è bastato perché i suoi scrupoli morali, le sue posizioni politiche, il suo aperto sostegno ai negoziati di controllo della proliferazione delle armi nucleari nell’America Maccartista, lo facessero precipitare dalle stelle alle stalle, dai vertici degli apparati scientifico-militari USA al sospetto di collusione con l’Unione Sovietica, da eroe della nazione all’esclusione dall’accesso alle informazioni più segrete e sensibili. Verrà riabilitato anni dopo, solo quando una commissione del Senato avrà chiarito la strumentalità delle accuse mossegli. Ma nel frattempo sarà stato umiliato: il Prometeo americano, colui che ha rubato l’energia atomica agli Dei per consegnarla nelle mani dell’uomo, avrà subito il suo supplizio.

Il percorso personale di Oppenheimer è ben noto ed è stato raccontato da diverse biografie; è una vicenda controversa, piena di luci e di ombre e, come tutto il Progetto Manhattan, ancora materia di discussione per gli storici della fisica. Mi guardo bene dal voler esprimere un parere a riguardo. Come spettatore appassionato di scienza, voglio invece esprimere un’opinione sul film che il regista inglese Christopher Nolan ha recentemente tratto dal libro di Kay Bird e Martin Sherwin, vincitore del Premio Pulitzer nel 2006. È semplice: andatelo a vedere! Credo che sia destinato a rimanere nella storia del cinema, anche perché ha il coraggio di trattare una vicenda storica di grande attualità, come quella legata alla produzione e all’uso degli ordigni atomici, rendendola al tempo stesso archetipica e profondamente umana. I temi sullo sfondo sono gli stessi che agitano il pensiero dalla “scoperta” del fuoco: l’ambizione e la frenesia della conoscenza, l’imbrigliamento della potenza naturale, l’uso del superpotere che ne deriva, la lotta per il controllo, le angosce della responsabilità. Temi che risuonano nella contraddittoria personalità di Oppenheimer, resa in maniera magistrale dal regista e dall’attore che lo interpreta, Cillian Murphy.

Il film è diviso in tre parti, che – come sempre accade nella cinematografia di Nolan – non si svolgono in serie, ma in parallelo. I tre tempi della vita del fisico americano (dalla formazione accademica in Europa, all’introduzione della meccanica quantistica negli Stati Uniti, all'edificazione di una scuola di fisica avanzata negli USA, alla bomba; la messa in stato di accusa nel '54; la riabilitazione a opera di una commissione senatoriale nel '58) si intrecciano e come in un thriller disvelano lentamente la verità. Tre ore di tensione, di passione, in cui si incontrano le compagne e i compagni di vita del fisico, le sue aspirazioni intellettuali, le sue debolezze, ma anche molti protagonisti della scienza del secolo scorso, i fisici che l’hanno resa grande, come Einstein, Born, Bohr, Heisenberg, Szilard, Fermi. Come in un improbabile corto circuito, Nolan riesce a portare il grande pubblico a vivere l’avventura della scienza e le preoccupazioni che ne derivano, nel caso specifico quelle che hanno condotto i fisici del 900 prima a promuovere le ricerche sull’utilizzo bellico dell’energia nucleare, per scongiurare il rischio di un dominio tecnologico del Nazismo, e poi a chiedere di non utilizzare quella prima bomba contro il Giappone, o addirittura a cercare il bando assoluto.

Devo ammettere la mia ammirazione. Nolan, regista e autore, riesce a non banalizzare le domande della scienza, anche le più complesse e di difficile comprensione (come i buchi neri o i paradossi spazio-temporali), rendendole fruibili e appassionanti per tutti, in alcuni casi addirittura poetiche, come in Interstellar. Gli attori, i più importanti, corrono a recitare nei suoi film, rendendo interpretazioni indimenticabili, come a mio parere è quella di Robert Downey Jr. in Oppenheimer. E in questo suo ultimo film riesce a dar dignità alla supposta naïveté dell’etica della responsabilità, che qui fronteggia e sfida la hybris scientifica e tecnologica e la logica spietata della lotta per il potere, in una dialettica difficile, contraddittoria, non lineare, dall’esito non scontato. La settima arte, quella della cinematografia, con Nolan tratta alla pari la scienza e l’etica.

Se potessimo trovare la stessa consapevolezza nei protagonisti della storia contemporanea, governi e grandi imprese tecnologiche, il dialogo sulle questioni del momento – come il cambiamento climatico e l’intelligenza artificiale – forse potrebbe essere meno banale e più risolutivo.

 


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