fbpx Morti con e per Covid-19 | Scienza in rete

I morti "con Covid-19" sono una stima realistica dei morti "per Covid-19"

Primary tabs

Tempo di lettura: 9 mins

Immagine di Steve Juvertson (CC BY 2.0). 

L’ipotesi che una parte consistente dei decessi del sistema informativo ufficiale Covid-19 siano stati causati non dalla epidemia ma da altre patologie pregresse è ancora al centro della discussione. In questo ultimo periodo, la stessa considerazione è stata fatta anche sui ricoveri: si è diffusa l’idea che siano stati conteggiati tra i ricoveri per Covid-19 anche quelli di coloro che non avevano sintomi dovuti all’infezione, ma si trovavano in ospedale per altre ragioni.

Se fossimo in Inghilterra, questo dibattito sarebbe disinnescato dal rapporto sulla mortalità pubblicata ogni mese dall’Office for National Statistics che, grazie a un sistema di analisi automatica delle cause di morte, stima quante delle persone per cui Covid-19 compariva in un punto qualunque del certificato di morte sono morte a causa di Covid-19. I dati raccolti e analizzati da marzo 2020 a gennaio 2022 dall’ONS dicono che l’88% dei morti “con Covid-19” è morto “per Covid-19”. Dall’altra parte ci sono i morti ufficialmente attribuiti a Covid-19 in Inghilterra, coloro che sono deceduti entro 28 giorni da un tampone positivo. Questi sono un po’ meno di quelli “con Covid-19”: al 31 gennaio 2022 erano 137 442, l’88% circa di quelli con Covid-19 che erano 155 996. La conclusione che possiamo trarre è che il bilancio ufficiale delle vittime della pandemia è una stima realistica del numero di persone che sono morte a causa di Covid-19.

E in Italia? Da noi, il sistema informativo Covid-19 è gestito dalla Protezione Civile e dall’Istituto Superiore di Sanità (ISS) che pubblica giornalmente il numero dei soggetti positivi a Covid-19 che sono deceduti. L’ISS ha pubblicato il 10 gennaio 2022 il rapporto “Caratteristiche dei pazienti deceduti positivi all'infezione da SARS-CoV-2 in Italia” in cui analizza le caratteristiche di 138.099 pazienti deceduti e positivi a SARS-CoV-2 in Italia dall’inizio della sorveglianza. In un sottoinsieme casuale di 8.436 decessi sono state esaminate le cartelle cliniche e individuate le principali patologie preesistenti e le complicanze. Invece, l’Istituto nazionale di Statistica (ISTAT) è responsabile del sistema informativo di mortalità totale e per causa di morte. ISTAT ha recentemente rilasciato i dati preliminari di mortalità totale distinti per regione e comune fino a novembre 2021 (i dati di dicembre 2021 sono preliminari). L’unico rapporto completo sulle cause di morte si riferisce alla prima ondata del marzo-maggio 2020.

Il lavoro dell’Office for National Statistics e dalla UK Health Security Agency

All’ONS è affidata la valutazione della mortalità totale nel Regno Unito. L’agenzia è stata premiata recentemente per la sua attività informativa durante la pandemia di Covid-19. Responsabile delle analisi di mortalità è @SarahCaul_ONS, che personalmente risponde e interagisce con i suoi follower su Twitter.

Come abbiamo anticipato, i dati inglesi sono ottenuti tramite una procedura di codifica automatica dei certificati di morte che, ormai da qualche anno, è in uso in diversi paesi. I decessi in cui il termine Covid-19 è “menzionato” in una qualsiasi parte del certificato di morte sono chiamati “involving Covid-19” e sono quelli che in italiano vengono solitamente chiamati “con Covid-19”. I decessi “per COVID19” (“due to COVID19”) sono invece quelli in cui Covid-19 è identificata come causa iniziale del decesso (in inglese underlying cause). Le cause di morte, come nel certificato ISTAT, sono definite dai medici certificatori, in accordo con le regole internazionali che sono state rapidamente aggiornate dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per registrare la nuova mortalità Covid-19.

L’ ONS aggiorna i dati di mortalità totale ogni dieci giorni circa, analizzando i dati dei decessi “con Covid-19” registrati fino a due settimane prima (l’ultimo rapporto è stato pubblicato il 22 febbraio e si riferisce alle morti fino all’11 febbraio). Con cadenza mensile viene invece pubblicato un rapporto sui decessi “per Covid-19”, l’ultimo è stato pubblicato il 23 febbraio e considera le morti di gennaio 2022.

Non è finita qui. Per l’Inghilterra, una delle quattro nazioni del Regno Unito, i dati di mortalità prodotti dall’ONS vengono poi analizzati per causa e luogo di morte dall’agenzia di salute pubblica britannica, la UK Health Security Agency (UKSHA). Ogni settimana UKHSA aggiorna e pubblica l’analisi in una applicazione che permette anche di scaricare i dati. L’analisi per causa di morte considera i decessi che hanno menzione di una causa specifica (cancro, malattia cardiovascolare, ecc.) in una qualsiasi area del certificato di morte e li attribuisce a uno tra tre gruppi: al primo gruppo appartengono i casi in cui Covid-19 è considerata causa iniziale; al secondo gruppo quelli in cui la causa specifica è la causa iniziale del decesso; al terzo gruppo vengono attribuiti i casi per cui la causa iniziale è un’altra (per esempio deceduto con cancro ma causa iniziale di morte è un trauma). Per ciascuna causa specifica viene indicato il numero atteso di decessi sulla base di quelli registrati con quella causa specifica nel periodo 2015-2019.

La mortalità totale in eccesso e i decessi “con Covid-19”

I dati dell’UKHSA permettono di analizzare l’eccesso di mortalità, ovvero la differenza tra le morti registrate in un certo periodo di tempo e quelle che ci saremmo potuti aspettare sulla base dei cinque anni precedenti (2015-2019). L’eccesso di mortalità totale è una stima della forza dell’ondata epidemica. Tuttavia, è importante ricordare che i decessi attribuiti a Covid-19 non sono l’unica possibile motivazione dell’eccesso di mortalità totale. Al di là dell’incertezza statistica legata alla stima dei decessi attesi, esiste infatti la possibilità di un aumento o di una riduzione dei decessi totali attribuibile ad altri fattori. Nel breve periodo, le politiche di contenimento del contagio che influenzano la mobilità potrebbero aver ridotto, per esempio, i decessi per incidente stradale o sul lavoro, e soppresso, come sembra essere accaduto, l’ondata di influenza stagionale e quindi l’eccesso di mortalità a essa associato. Al contrario, una ondata di calore particolarmente intensa potrebbe causare un eccesso di morti estive. Nel lungo periodo, un eccesso di mortalità totale potrebbe verificarsi a causa del ritardo di accesso ai servizi sanitari.

Nel sistema informativo ONS di mortalità totale, al 4 febbraio 2022, 1.053.921 sono i decessi totali registrati contro i 942.466 attesi sulla base del periodo di confronto 2015-2019 (che dal gennaio del 2022 è il 2016-2019). L’eccesso di mortalità totale nel periodo è stimato per differenza in 111.455 morti, con un rapporto tra morti registrate e attese di 1,12 (+12%) e con variazioni importanti nelle diverse fasi epidemiche e tra aree geografiche.

Le fasi della epidemia che consideriamo in questa analisi sono quattro. La prima considera i dati di marzo-maggio 2020 ed è paragonabile alla prima ondata italiana. La seconda fase è relativa al periodo settembre 2020 - aprile2021; la terza e quarta fase sono state scelte in base ai dati di prevalenza della variabile delta (maggio 2021 - novembre 2021) e omicron (dicembre 2021 – 4 febbraio 2022) pubblicati su OurWorldinData.

Il confronto tra i morti in eccesso e quelli “con Covid-19” in percentuale rispetto agli attesi ci dà un’idea di quanto l’eccesso di mortalità osservato sia attribuibile a Covid-19.

Nella prima ondata (marzo-maggio 2020) i morti attribuiti a Covid-19 sono circa il 46% di quelli attesi sulla base dei cinque anni precedenti, mentre l’eccesso di mortalità è quasi il 60% dei morti attesi. I dati sembrano quindi confermare che in quel periodo la scarsa disponibilità di test abbia causato la mancata attribuzione a Covid-19 in un numero consistente di decessi, in particolare nelle case di riposo. Nelle ultime due fasi, guidate da Delta e Omicron, l’elevata copertura vaccinale ha contenuto l’eccesso di mortalità totale sotto 10%. La proporzione di decessi “con Covid-19” della fase più recente (Omicron), mostra un eccesso del 9% (N=8151), ed è stimata su un totale registrato di circa 90 mila decessi.

Importante osservare che nella seconda e quarta fase i morti attribuiti a Covid-19 in percentuale sugli attesi sono superiori all’eccesso di mortalità percentuale. Questo potrebbe segnalare, fatta salva la variabilità statistica e le altre cause, un eccesso di attribuzione a Covid-19.

Le cause di morte e i decessi “per Covid-19”

L’analisi mensile sulla mortalità condotta dall’ONS permette di chiarire questo punto. L’ultima disponibile considera i dati dal 1^ marzo 2020 al 31 gennaio 2022. Il termine Covid-19 è identificato come causa iniziale di morte nell’88% dei certificati che menzionano l’infezione (i valori mensili variano dal 95% di marzo 2020 al 69% di maggio 2021). In altre parole, in Inghilterra dall’inizio dell’epidemia a oggi il 90% dei morti “con Covid-19” è morto a causa di Covid-19.

È da notare che la proporzione di “per Covid-19” è stata elevata negli ultimi mesi del 2021 ma con un calo tra dicembre 2021 e gennaio 2022 (dall’89% al 74%”).

L’analisi per causa di morte realizzata da UKHSA permette poi di approfondire quali sono le patologie maggiormente associate alle morti causate da Covid-19.

A gennaio 2022, la demenza e la malattia di Alzheimer sono state le principali causa di morte, seguite dalle malattie ischemiche vascolari e da Covid-19. Nell’ultimo rapporto quadrimestrale del 2021 erano documentate le patologie preesistenti associate alla causa di morte Covid-19: circa il 20% dei decessi classificati come Covid-19 non hanno altre cause indicate nel certificato di morte.

Nella figura sotto sono riportati le percentuali dei decessi in cui il certificato di morte menzionava una delle patologie elencate ma indicava come causa iniziale della morte la Covid-19.

Nella prima fase (in verde) è evidente come l’eccesso di cause di morte “per Covid-19” sia trasversale a tutte le patologie, seppure con ampie differenze. Le frequenze più alte di “per Covid-19” le troviamo associate alle malattie infettive respiratorie acute e croniche (caratteristiche patologie associate a Covid-19) e per diverse patologie croniche come, per esempio, “Demenza e Alzheimer” e il diabete. Meno frequente l’associazione sui decessi che hanno “cancro” menzionato sul certificato di morte.

Nella seconda fase (in magenta), l’associazione con Covid-19 continua a essere alto, superiore al 10% per quasi tutte le patologie, mentre nella terza e quarta fase (in blu e arancio) l’associazione è superiore al 10% nel caso delle infezioni respiratorie acute.

Dati veloci e aperti

In Inghilterra, la codifica automatica, in uso da qualche anno in molti paesi, ha permesso una valutazione rapida dei dati di mortalità totale che sono stati integrati con le nuove classificazioni OMS, specifiche per l’infezione Covid-19. L’attribuzione a Covid-19 della causa iniziale richiede un giudizio clinico-patologico dei medici certificatori, come ben descritto nel documento dell’ISS sulle Cause di Morte ed è quindi correlata alla qualità della certificazione. Una qualità che è sempre da migliorare, ma salvaguardando la universalità e le regole internazionali. Negli ospedali (il luogo di morte di circa il 50% delle persone) si concentrano sicuramente le cause di morte meglio definite, come quelle selezionate come respiratorie, che possono avere sia un ricovero ordinario che uno specialistico (pneumologie o terapie intensive). Su questi decessi è possibile avviare studi di maggior dettaglio per definire meglio i casi “per Covid-19” e capire l’impatto della pandemia. Sono studi complessi, che richiedono reti clinico-epidemiologiche di sorveglianza specializzata (per esempio GIVITI, Istituto Mario Negri per le terapie intensive). Nel caso delle patologie croniche il dato è difficile da valutare. Queste cause di decesso sono spesso proprie delle case di riposo, altri luoghi di degenza e ricoveri ospedalieri non specializzati. Ricostruire la documentazione di questi decessi porta ad altri tipi di errore, legati alla selezione della casistica.

È interessante notare quanto numerosi siano gli indicatori statistico-epidemiologici disponibili attualmente sul sito di Our World in Data, un patrimonio mondiale impensabile prima di questa pandemia. Il dato sull’eccesso di mortalità è ormai pienamente integrato con altri sistemi informativi (ricoveri, terapie intensive) e con dati di tipo socioeconomico. Lo sviluppo dei sistemi informativi clinico-epidemiologici e dei sistemi di intelligenza artificiale, conseguente anche a questa pandemia, consente di rispondere rapidamente e con modalità condivise a queste domande e facilitare scelte di politica sanitaria. Per questo servono sistemi informativi epidemiologico-clinici integrati, su base universalistica, come sono i registri di popolazione. Le competenze in Italia non mancano, ma alcuni recenti articoli fanno pensare che non basterà il prossimo PNRR, dove i piani di digitalizzazione sembrano preoccupati soprattutto dell’informatizzazione più che dei contenuti clinico-epidemiologici e di sanità pubblica, per superare i ritardi che si sono verificati in questa pandemia.


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Intelligenza artificiale ed educazione: la ricerca di un incontro

Formazione ed educazione devono oggi fare i conti con l'IA, soprattutto con le intelligenze artificiali generative, algoritmi in grado di creare autonomamente testi, immagini e suoni, le cui implicazioni per la didattica sono immense. Ne parliamo con Paolo Bonafede, ricercatore in filosofia dell’educazione presso l’Università di Trento.

Crediti immagine: Kenny Eliason/Unsplash

Se ne parla forse troppo poco, almeno rispetto ad altri ambiti applicativi dell’intelligenza artificiale. Eppure, quello del rapporto fra AI ed educazione è forse il tema più trasversale all’intera società: non solo nell’apprendimento scolastico ma in ogni ambito, la formazione delle persone deve fare i conti con le possibilità aperte dall’IA.