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L’urgenza nascosta: gli eventi climatici estremi e la salute mentale

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salute mentale

All'aumentare degli eventi estremi a causa delle crisi climatica, diventa evidente che il loro impatto si ripercuote anche sulla nostra salute mentale. Si tratta di un legame che solo da poco la ricerca ha iniziato a indagare, ma che evidenzia la necessità di considerare anche la salute mentale nello sviluppare azioni preventive e di tutela.

Crediti immagine: Chris Gallagher/Unsplash

Nel maggio del 2016 la città canadese di Fort McMurray è stata colpita da un grave incendio, le cui cause risultano ancora oggi ignote. Il disastro, uno dei più grandi nella storia del paese, ha ridotto in cenere 3200 edifici e ha costretto all’evacuazione quasi 90.000 residenti. Complici i venti forti e il clima secco, i piccoli roghi presenti nelle zone limitrofe alla cittadina hanno continuato a divampare fino ad agosto del 2017, mese in cui l’incendio è stato ufficialmente dichiarato estinto.

Durante quell'estate, mentre le fiamme continuavano imperterrite a distruggere le foreste canadesi, un team di psicologi e psichiatri guidato da Genevieve Belleville ha realizzato una serie di interviste per valutare la salute mentale dei cittadini colpiti dal disastro. Dei 379 partecipanti, più della metà mostrava alcuni dei segnali tipicamente associati allo stress post traumatico: difficoltà ad addormentarsi, flashback ricorrenti nei quali rivivevano l’evento e un costante stato di vigilanza ansiosa. Anche leggere un libro o vedere un film era diventata improvvisamente un’attività difficile da svolgere.

Tra ottobre e novembre dello stesso anno, quando oramai la maggior parte dell’incendio era stato estinto e iniziavano le operazioni di ricostruzione, lo psichiatra Vincent I. O. Agyapong e i suoi colleghi svolsero una nuova indagine per verificare il processo di guarigione degli abitanti di McMurray. Dei 500 nuovi intervistati, più del 20% presentava un disturbo di ansia generalizzato esacerbato da saltuari attacchi di panico.

Un futuro di eventi estremi

Il cambiamento climatico in corso sta aumentando la frequenza e l’impatto degli eventi estremi, soprattutto in alcune aree del pianeta più vulnerabili - vedi Turchia e Siria. Uragani, incendi e inondazioni, lasciano dietro di sé distruzione materiale, ma hanno anche delle ripercussioni sulla nostra salute mentale. Ripercussioni che solo di recente abbiamo iniziato a indagare.

Tra i disturbi psicologici più frequenti, proprio come abbiamo visto per i cittadini di Fort McMurray, ci sono lo stress post traumatico (PTSD), la depressione e l’ansia.

Per capire meglio il fenomeno, gli esperti hanno diviso i fattori di rischio in tre categorie principali: demografici, legati all’evento traumatico e associati alla fase di recupero.

Nei fattori demografici, rientrano il genere, l'età, i disagi psicologici preesistenti, lo status sociale e il reddito. Sono legati all’evento la perdita della propria abitazione, i danni materiali ai propri beni e la morte di una persona cara. Infine, si accompagnano alla fase di recupero il supporto fornito dal governo e quello ricevuto dai familiari superstiti, la presenza di traumi ripetuti nel tempo – come ad esempio città soggette a inondazioni frequenti - e lo stress cronico che deriva dalla vita dopo il disastro: dover cambiare casa, adattarsi a una quotidianità diversa e gestire le conseguenze che il disastro naturale ha lasciato dietro di sé.

Per chi si è trovato di fronte a un evento estremo, che si tratti di uragani, incendi o inondazioni, poter contare sul supporto del governo – tramite i fondi stanziati per le emergenze – e delle associazioni locali – tramite iniziative di riabilitazione per la comunità – può mitigare il rischio di sviluppare disturbi psicologici e la loro gravità.

Al contrario, se i cittadini non hanno fiducia nel governo, e pensano che i decisori politici non stiano investendo abbastanza nella prevenzione contro futuri disastri naturali, questo ha un impatto negativo sul loro processo di recupero. Lo stesso vale per assistenza economica e terapeutica: se un individuo crede che i fondi stanziati non siano equi, e si sente abbandonato dalle autorità, avrà un rischio maggiore di sviluppare la depressione.

In Europa, l’evento estremo più frequente sono le inondazioni. Ogni anno più di 250.000 persone sono esposte ai rischi fluviali e costieri.

Tra il 2013 e il 2015, l'Inghilterra è stata colpita da una serie di inondazioni che hanno causato danni significativi alle abitazioni, alle infrastrutture stradali e ai ponti, generando notevoli disagi e costi di ripristino. Alcune città nelle aree meridionali e settentrionali del paese sono state evacuate, rimanendo inagibili per diversi giorni. La salute mentale dei cittadini inglesi coinvolti è stata messa a dura prova.

Per comprendere meglio la durata degli impatti delle inondazioni sul benessere generale della popolazione, la Public Health England (PHE) ha istituito lo Studio Nazionale Inglese di Coorte sulle Inondazioni e sulla Salute.

L’indagine, che ha seguito un campione di cittadini per tre anni, ha evidenziato un lento processo di recupero: coloro che avevano dovuto abbandonare senza preavviso le proprie abitazioni vivevano con la paura costante che quanto accaduto in passato potesse ripetersi. E nei casi più estremi, una giornata di pioggia poteva provocare ripetuti attacchi di panico e rendere difficile uscire di casa. Tornare alla normalità dopo un evento traumatico non è mai semplice, e gli effetti sulla salute mentale possono perdurare nel tempo. Al termine dello studio più del 25% dei partecipanti manifestava ancora segni di disagio psicologico: 11,8% PTSD, 8,1% ansia e 5,7% depressione.

Negli ultimi anni, psicologi e psichiatri hanno evidenziato come alcune fasce di popolazione siano più colpite dalle conseguenze di un evento climatico estremo. Coloro che appartengono a un basso status socioeconomico o che hanno una storia pregressa di salute mentale risultano essere più vulnerabili a causa della minore accessibilità alle risorse sanitarie e alla mancanza di un adeguato supporto sociale. Anche i giovani, che si trovano ad affrontare il peso di una crisi ambientale ereditata, sono stati inseriti nelle categorie più a rischio di sviluppare un disturbo psicologico: la preoccupazione per i cambiamenti causati dall’azione dell’uomo unita alla sensazione di non poter fare nulla per un futuro migliore, generano uno stato di ansia e depressione crescente.

In un mondo sempre più soggetto a eventi climatici estremi, la necessità di considerare la salute mentale alla stessa stregua della salute fisica diventa ogni giorno più urgente. A oggi la ricerca ha solo scalfito la superficie di tutto ciò che influenza un individuo nel suo percorso di recupero post trauma. In futuro, per poter sviluppare azioni preventive e tutelare nella maniera corretta i cittadini colpiti da disastri naturali, sarà fondamentale comprendere appieno i fattori di rischio e le dinamiche dei disturbi psicologici.

 


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