fbpx Lo spuntino in diretta | Scienza in rete

Lo spuntino in diretta

Primary tabs

Tempo di lettura: 5 mins

Qualche anno fa, studiando la regione intorno a Sagittarius A*, il gigantesco buco nero al centro della Via Lattea, gli astronomi si sono imbattuti in uno strano oggetto che hanno battezzato G2. Nonostante quella del centro galattico sia una regione celeste terribilmente difficile da osservare per la presenza di un'impenetrabile coltre di polveri e gas, gli astronomi la tengono costantemente sotto controllo eludendo quella coltre con osservazioni infrarosse. A tal proposito sono molto attivi sia l'UCLA Galactic Center Group coordinato da Andrea Ghez, sia il MPE-IR Galactic Center Team presso il Max Planck Institute di cui fa parte Stefan Gillessen. Riuscendo a ricostruire, con continue e dettagliate osservazioni, i movimenti delle stelle che ronzano da quelle parti, infatti, gli astronomi hanno ottenuto informazioni cruciali sul buco nero supermassiccio - 4 milioni di masse solari - che si nasconde al centro della Galassia.

Lo strano caso di G2 sale prepotentemente alla ribalta all'inizio del 2012, con la pubblicazione su Nature (con l'onore della copertina) di uno studio dettagliato di Gillessen e collaboratori (a questo link il paper completo). Nello studio si suggerisce che G2 è una densa nube di polveri e gas con una massa all'incirca tripla di quella della Terra che si sta fiondando a folle velocità verso un destino devastante. La sua orbita, infatti, l'avrebbe portata, nel giro di un anno o poco più, ad attraversare la cosiddetta zona di accrezione di Sagittarius A*, la regione in cui la terribile attrazione gravitazionale del buco nero fa prepotentemente sentire la sua presenza. Secondo l'analisi di Gillessen, la nube sarebbe transitata nel punto di massima vicinanza al buco nero nell'estate 2013, ma già da prima avrebbe comunque cominciato a mostrare evidenti segni di disgregazione.

Per G2, insomma, il destino era segnato. Si trattava di capire cosa avrebbe davvero comportato quell'incontro ravvicinato con il mostro. Nel novembre 2012, su The Astrophysical Journal, quattro ricercatori (Peter Anninos, Chris Fragile, Julia Wilson e Stephen Murray) pubblicano uno studio in cui presentano attendibili simulazioni di ciò che capiterà a G2. Non si tratta di semplici simulazioni scenografiche. Anninos e collaboratori, infatti, tengono conto di ogni possibile parametro fisico che caratterizza la nube e l'ambiente in cui si muove. Il loro obiettivo è chiarire in che modo il destino della nube potrà influenzare l'emissione di radiazione che caratterizza Sagittarius A*. I ricercatori effettuano sei differenti simulazioni utilizzando il supercomputer Palmetto presso il Tech Center della Clemson University di Anderson (South Carolina). Nonostante l'algoritmo sia stato appositamente ideato e ottimizzato, ogni simulazione richiede oltre 50 mila ore di calcolo per i 3000 processori del supercomputer. Dalla pagina web in cui Chris Fragile presenta il lavoro del team e descrive sinteticamente il risultato è possibile osservare alcuni fotogrammi della simulazione e scaricare un paio di filmati davvero significativi. Probabilmente con meno bagaglio scientifico, ma certamente non meno spettacolare è la simulazione diffusa dall'ESO nel dicembre 2011, allorché venne annunciato il lavoro di Gillessen svolto con l'importante contributo del Very Large Telescope dell'ESO.

Stando alle previsioni iniziali, il devastante giro di boa di G2 intorno a Sagittarius A* avrebbe già dovuto compiersi nel 2013, ma successive analisi hanno in parte aggiustato il tiro. Secondo quanto presentato da Stefan Gillessen e collaboratori alla fine dello scorso settembre nel corso del Simposio sul Centro galattico organizzato dall'IAU a Santa Fe, il drammatico incontro sarebbe avvenuto nei primi mesi di quest'anno. Nel nuovo studio Gillessen presenta inoltre l'evidenza dei primi segni della deformazione di G2 imputabile alla terrificante azione gravitazionale di Sagittarius A*.

Serie di diagrammi posizione-velocità estratti dai dati raccolti da SINFONI tra il 2004 e il 2013. Si vedono chiaramente sia il drammatico aumento di velocità sia le conseguenze esercitate su G2 dalle forze gravitazionali di SgrA*.
(Credit: Gillessen et al., 2013)

Il momento più scenografico, dunque, è alle porte. E' logico attendersi, infatti, che la cattura da parte del buco nero del materiale di cui è composto G2 sfoci in un aumento della produzione energetica di Sagittarius A*. Per il buco nero non si tratterà di una abbuffata, ma di un frugale spuntino, le cui conseguenze saranno comunque ampiamente rilevabili. Proprio in vista di ciò, da un paio d'anni gli astronomi tengono accuratamente sotto controllo il centro galattico. Tra i più diretti interessati possiamo certamente segnalare Deryl Haggard (Center for Interdisciplinary Exploration and Research in Astrophysics), che sta tenendo sotto controllo quanto accade esaminando i dati raccolti sia dall'osservatorio orbitante Chandra (per quanto riguarda la radiazione X), sia dal Very Large Array (per le onde radio). Non meno attiva e interessata Nathalie Degenaar (University of Michigan), che può contare sui dati che l'osservatorio orbitante Swift ha raccolto e sta raccogliendo in quella che è stata battezzata Galactic center monitoring campaign. E' addirittura dal 2006, infatti, che questo telescopio spaziale per la radiazione X dedica ogni giorno 17 minuti alla sorveglianza del centro galattico. Uno dei maggiori pregi del progetto Swift è l'incredibile rapidità con la quale vengono diffusi i dati che raccoglie. In genere, infatti, un paio d'ore dopo la loro raccolta i dati sono già a disposizione della comunità astronomica. In collaborazione con due colleghi dell'Università del Michigan, però, Degenaar ha reso ancor più interessante la campagna osservativa del Centro galattico. Con Jon Miller e Mark Reynolds ha infatti realizzato un sito web aperto al pubblico nel quale vengono quotidianamente pubblicati i dati di Swift per consentire a chiunque di seguire praticamente in tempo reale i cambiamenti dell'attività di produzione di radiazione X di Sagittarius A* all'avvicinarsi della nube di gas G2.

Come viene sottolineato in una nota INAF, ciò che succederà durante l’avvicinamento massimo non è ancora del tutto chiaro. Sul tavolo ci sono diversi modelli che delineano scenari diversi. C'è, per esempio, chi suggerisce che all'interno di G2 si nasconda un oggetto stellare, in grado dunque di resistere maggiormente al passaggio ravvicinato. Solamente al termine dello spettacolo, insomma potremo sapere con precisione ciò che è avvenuto.
Dovendo ascoltare le previsioni, G2 dovrebbe già trovarsi sufficientemente vicino a Sagittarius A* da risultare visibile ai raggi X. Le elevatissime temperature raggiunte dal gas sottoposto all'azione gravitazionale del buco nero innescano infatti la produzione di radiazione X. Qualcosa, però, non quadra. “La nostra più recente osservazione con Chandra - ha dichiarato Deryl Haggard - non mostra una maggiore emissione nei raggi X. Possiamo dire che almeno dal punto di vista dei raggi X, la nube di gas è in ritardo per la festa.”
La speranza degli astrofisici è che, pur con qualche ritardo, la festa abbia finalmente inizio. L'occasione è davvero ghiotta per osservare in diretta e nel posto a noi più vicino un fenomeno in grado di svelarci alcuni importanti meccanismi che governano quei misteriosi oggetti cosmici che sono i buchi neri supermassicci.

 

Per approfondire:
Gas Cloud Wiki (Stefan Gillessen)


Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Intelligenza artificiale ed educazione: la ricerca di un incontro

Formazione ed educazione devono oggi fare i conti con l'IA, soprattutto con le intelligenze artificiali generative, algoritmi in grado di creare autonomamente testi, immagini e suoni, le cui implicazioni per la didattica sono immense. Ne parliamo con Paolo Bonafede, ricercatore in filosofia dell’educazione presso l’Università di Trento.

Crediti immagine: Kenny Eliason/Unsplash

Se ne parla forse troppo poco, almeno rispetto ad altri ambiti applicativi dell’intelligenza artificiale. Eppure, quello del rapporto fra AI ed educazione è forse il tema più trasversale all’intera società: non solo nell’apprendimento scolastico ma in ogni ambito, la formazione delle persone deve fare i conti con le possibilità aperte dall’IA.