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L'esempio di Giacomo Ciamician

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ritratto di ciamician“La scienza è sorgente d’ogni progresso: in essa l’Italia deve eccellere se vuole mantenersi fedele alle sue tradizioni: questo è il migliore augurio che nell’odierna solennità si possa fare al nostro Paese”. Eravamo nel 1911 e la solennità che si celebrava era il 50° anniversario dell’Unità Nazionale. Con queste parole, Giacomo Ciamician, allora Presidente della Società Italiana per il Progresso delle Scienze (SIPS), terminava il discorso inaugurale che dava inizio alla quinta riunione della SIPS (Roma 12-18 ottobre). Giacomo Ciamician (Trieste, 1857 – Bologna, 1922), era un chimico famoso sia in Italia che all’estero. Aveva studiato a Vienna, dove, non ancora laureato, aveva pubblicato le sue prime ricerche di carattere spettroscopico, citate più tardi anche da Mendeleev, il padre del sistema periodico. Si laureò a Giessen, poi tornò in Italia per lavorare con Cannizzaro. Diventò professore straordinario a Padova nel 1887 e, dopo soli due anni, fu chiamato a ricoprire la cattedra di Chimica Generale a Bologna. Qui fondò una vera e propria “Scuola” da cui uscirono allievi illustri.

Nel piccolo laboratorio di Bologna, nonostante la scarsità dei mezzi e delle strutture, Ciamician ottenne risultati importanti nel campo della chimica organica, della fotochimica, della chimica delle sostanze naturali e delle piante. Fu il primo chimico italiano candidato ripetutamente al Nobel da colleghi sia italiani che stranieri. Tra questi anche Emil Fisher, probabilmente il maggior chimico organico dell’epoca. Ma Ciamician non era solamente un chimico che eccelleva nella propria disciplina. Sosteneva con vigore un approccio multidisciplinare ai problemi scientifici, incoraggiava la cooperazione delle scienze, puntava il dito sui rischi di uno sviluppo fondato esclusivamente sui combustibili fossili e, vero profeta, indicava nell’energia solare il motore di nuova civiltà. L’anno prima era stato nominato Senatore del Regno e il suo discorso alla SIPS risentiva di una visione generale dei problemi italiani.

Quell’anno (1911), furono almeno due i discorsi importanti pronunciati fuori dalla sua Università. Il primo in occasione della solenne commemorazione del centenario dell’ipotesi di Avogadro, che ebbe luogo a Torino il 24 settembre, alla presenza del Re. Il secondo, appunto, per l’inaugurazione della riunione della SIPS. I testi dei due discorsi furono pubblicati entrambi dall’editore Zanichelli (Bologna, 1912). Era il prediletto da Ciamician e aveva già pubblicato: “I problemi chimici del nuovo secolo”, “La chimica organica negli organismi” e “La cooperazione delle scienze”. Questi contributi, insieme a quello intitolato “La fotochimica dell’avvenire”, presentato a New York nel 1912, riassumono efficacemente il suo pensiero. Tornando al discorso di Roma, intitolato “Per un cinquantenario della scienza”, dopo aver ricordato come si era giunti a scegliere quella sede per la celebrazione, Ciamician, che nella presidenza era subentrato a Vito Volterra, pure lui Senatore, fece un riassunto conciso, ma non banale, di cinquant’anni di vita scientifica. Ricordò innanzitutto che quel periodo si era avviato tra profonde riforme e si era contraddistinto per una fioritura di concetti che comprendevano: fondamenti dell’energetica, analisi spettrale, teoria dell’evoluzione, riforma della chimica per opera dell’atomismo e sviluppo delle teorie cinetiche. Poi passò alla fisica matematica e alla fisica sperimentale le quali, “fecondate dalla termodinamica”, affrontarono con nuove idee i problemi dell’elettrologia. Non dimenticò le conquiste della tecnica che avevano portato a superare le distanze fra i continenti e a trasmettere la voce umana attraverso un filo. Esaltò le scienze fisiche che erano penetrate nel mondo invisibile per scoprire l’intima essenza della materia. Parlò dei raggi Röntgen e Becquerel, della radioattività e degli elettroni. A proposito di chimica fisica citò la teoria delle soluzioni e l’elettrochimica, mentre per la chimica organica ricordò la stereochimica. Prima di passare ad altri campi (biologia, fisiologia e biochimica), si soffermò su quelle “astruse questioni della fisica” che sembravano avviarsi a soluzione: il fatto che la materia era di origine elettromagnetica e si confondeva con l’energia, l’inerzia non era indipendente dalla velocità, mentre il tempo, come lo spazio, era relativo, così sorgeva una nuova meccanica fondata sul principio di relatività.

Ciamician parlò infine delle scienze morali, dei loro progressi e ripeté un concetto che gli stava a cuore: la cooperazione fra scienze fisiche e morali doveva condurre a nuova riforma sociale. Ammonì i filosofi a non far prevalere un indirizzo antiscientifico, perché solo il diavolo poteva desiderare che Faust avesse in dispregio la scienza. Ricordò che “nella ragione e nella scienza sta la potenza umana” e che esse sono “tolleranti ma non imbelli”. Auguriamoci che sia così anche in questo nuovo anno.

Giacomo Ciamician e l'assistente Riccardo Ciusa intenti a una dimostrazione didattica.
Giacomo Ciamician e l'assistente Riccardo Ciusa intenti a una dimostrazione didattica.     


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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