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L’epidemia, la scienza e l’informazione: non perdiamo questa occasione

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Un'immagine del Festival della Scienza di Genova.

Tempo di lettura: 4 mins

La crisi da coronavirus rafforzerà la fiducia dei cittadini nella scienza? Ci si pone la stessa domanda in un articolo del 16 marzo, pubblicato sulla rivista britannica Times Higher Education, in cui Devi Sridhar - docente di salute pubblica globale dell'Università di Edimburgo - ha commentato: “La comunicazione rappresenta metà della battaglia per mantenere le persone al sicuro”. 

Devi Sridhar e molti altri esponenti della comunità scientifica di tutto il mondo si sono prestati a dare spiegazioni al pubblico, sebbene alcuni di loro abbiano dovuto affrontare le reazioni avverse di parte di popolazione, spesso guidata dalla fedeltà a certe linee politiche, come - nel caso degli Usa - quelle di Donald Trump, che fino a poco tempo fa liquidava lo stato di emergenza, definendo il coronavirus una “bufala”. Poi invero si è dovuto ricredere anche per la durissima presa di posizione del suo consigliere Anthony Fauci, fra i più importanti esperti al mondo di malattie infettive.

Pur con le resistenze iniziali, insomma, si percepisce un netto cambiamento nel modo in cui il pubblico ascolta l'opinione di esperti e ne accoglie la competenza. La gente comincia ad avere più fame di informazioni scientifiche, vuole saperne di più, vuole conoscere lo stato delle cose, sembra quasi disposta a imparare i rudimenti del linguaggio della matematica e della epidemiologia per andare ai dati stessi. E infatti, medici, scienziati esperti di vaccini, matematici e fisici statistici chiamati a creare modelli, sono diventati in questi giorni più popolari dei compilatori di oroscopi.

Anche in Italia, dove non è diffusa l'abitudine a informarsi su fatti e studi scientifici, sembra che il pubblico guardi con maggiore interesse a ciò che dichiarano gli esperti, come se in questo particolare momento i cittadini riponessero maggiore fiducia nella scienza, percepita sempre più come unico porto sicuro. È vero che, nonostante tutto, continuano a girare false notizie e pareri negazionisti sui social, ma è anche vero che in questo momento c’è obiettivamente meno spazio per gli scettici. Piuttosto, come è comprensibile, si registra l’aumento di segnalazioni non confermate di medicinali efficaci (come l’antivirale Avigan che salverebbe i giapponesi), ma è già cosa diversa dal sostenere la pericolosità dei vaccini o che la terra sia piatta.

Meno gossip, più informazione

Ma parte in causa è anche chi deve fare da tramite tra i cittadini e la comunità scientifica: la comunicazione. La chiave del calo di visibilità di gruppi negazionisti di cui spesso abbiamo letto e sentito parlare, sta con ogni probabilità anche nel mancato interesse di chi fino a poco tempo fa dava loro voce, facendoli apparire più rilevanti di quanto fossero. La disinformazione non arriva soltanto dai social: come riportato dal Centro di monitoraggio Newsguard della disinformazione relativa al Coronavirus, anche i media sono talvolta fonte di notizie false o forvianti. L'attenzione e l'interesse dei cittadini nelle fonti di informazioni sicure stanno in parte nelle mani di chi ha appunto il compito di informare: meno gossip e più informazioni fondate verranno proposte, maggiore sarà la volontà dei cittadini a prestare attenzione alle fonti attendibili. 

L'impegno degli enti di ricerca

È stato notato, per esempio, che anche su Scienza in rete gli articoli di maggiore interesse siano quelli scritti da esperti o che riportano dati e interviste a ricercatori. Si moltiplicano poi le iniziative di enti come il Consiglio Nazionale delle Ricerche, che per informare e sensibilizzare i cittadini, ha lanciato proprio nei giorni scorsi uno spazio chiamato “Il Cnr risponde” - accessibile dal portale o dai suoi canali social – dove vengono pubblicate delle pillole-video di due minuti, in cui i ricercatori introducono al pubblico i principali argomenti di attualità. “In questo particolare momento - dichiara il presidente del CNR Massimo Inguscio - il Cnr procede a tutto campo, comunicando i frutti della sua multidisciplinarietà, per aiutare i cittadini a non farsi disorientare da fake news. I ricercatori hanno unito le loro competenze e la loro esperienza, per dare il via alla ricerca sul Coronavirus a livello nazionale, come testimonia anche l'accordo con MUR, Regione Lazio e Istituto Spallanzani per mettere insieme le forze verso la messa a punto di un vaccino. In questo periodo di emergenza, grazie alla straordinaria sensibilità degli ospedali pediatrici Bambino Gesù di Roma, Meyer di Firenze e Gaslini di Genova e di Lega Serie B, un progetto inizialmente nato a sostegno dei familiari dei bambini ricoverati si è trasformato nel progetto “I più piccoli per i più grandi”, che sosterrà gli studi di terapie innovative sul Coronavirus del CNR, attraverso una raccolta fondi coordinata dall’Organizzazione Non-Profit B Solidale Onlus”.

A sua volta, come spiega il direttore dell'IIT Giorgio Metta, “l’Istituto Italiano di Tecnologia è impegnato nell’esaminare le possibili ricadute delle ricerche in corso in genomica, robotica, intelligenza artificiale, e altro per rispondere alle domande aperte dall’epidemia, sia per diagnosi e misure di contenimento sia per la gestione della vita online a cui siamo tutti costretti in queste settimane. L'Istituto vuole anche accompagnre questo lavoro di ricerca con la comuncazione al pubblico, come sta facendo con il suo IIT Open Talk”.

L'opportunità di cambiare registro si presenta quindi adesso, nel momento in cui il pubblico è più incline - fosse anche solo per la paura del momento - a cercare informazioni solide rilasciate dalla comunità scientifica. Ora più che mai, occorre una maggiore vicinanza tra la ricerca e l’intera comunità, per affrontare il difficile compito di domare l’epidemia e resistere in questa lunga quarantena. 

 


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