Per molto tempo i chimici si sono domandati quali erano le forze che
spingevano sostanze di tipo diverso a combinarsi tra loro e ad originarne delle
nuove. Il problema era intricato, le variabili in gioco erano troppe e difficilmente
controllabili con i mezzi antichi, così si fece strada il concetto, a dire il
vero abbastanza vago, di mutua attrazione o affinità. Per avere sempre sott’occhio una panoramica di
queste affinità si compilarono tabelle riassuntive di uso pratico, così come
oggi succede per l’arcinota tavola di
Mendeleev.
Nel 1775 il chimico svedese Torbern
Olof Bergman (1735-1784) pubblicava in Nova Acta Regiae Societatis Scientiarum Upsaliensis la sua
“Tavola delle attrazioni elettive” inclusa nella “Disquisitio de attractionibus electivis”.
La tavola di Bergman ampliava di molto la Table des differents Rapports observés entre differentes
substances , una delle prime a uso dei chimici, pubblicata a Parigi
nel 1718 da Étienne-François Geoffroy (1672-1731). Circa un quarto di secolo
dopo la comparsa della “Disquisio”
toccò ancora a uno scienziato francese compiere un altro passo avanti nella
comprensione della dinamica delle reazioni chimiche.
Fu infatti Claude Louis Berthollet (1748-1822), il
celebre chimico che accompagnò il Bonaparte nella spedizione militare e
scientifica in Egitto, a condensare nelle Recherches
sur les lois de l’affinité (1801) i risultati che aprirono la strada a una
valutazione più precisa degli aspetti “quantitativi” del problema. Berthollet
attribuì per la prima volta un ruolo importante alle quantità dei reagenti nel
decorso delle reazioni chimiche. Anche sulla base del lavoro di Berthollet, i
norvegesi Peter Waage (1833 – 1900) e Cato
Maximilian Gulbderg (1836-1902), giunsero a una forma “grezza” delle legge
di azione di massa o meglio a stabilire che “La forza di sostituzione, a
parità di condizioni, è direttamente proporzionale al prodotto delle masse se
ciascuna di esse è elevata a un particolare esponente”. Aggiunsero poi che “se
le stesse masse delle sostanze reagenti sono contenute in volumi diversi,
allora l’azione di queste masse è inversamente proporzionale al volume”.
Quest’anno, si è celebrato il centocinquantenario della scoperta di Guldberg e
Waage. Correva infatti l’anno 1864 ed era esattamente l’11 di marzo, quando
Peter Waage lesse agli illustri componenti dell’Accademia delle Scienze di Oslo
(allora Videnskabs-Selskabet i Christiania),
una comunicazione di circa quattro pagine, dal titolo “Studier over Affiniteten” (Studi concernenti
l’affinità). Il lavoro portava anche la firma dell’amico e cognato Cato
Maximilian Gulbderg, con il quale Waage
aveva condotto una serie di esperimenti di laboratorio durata circa un
anno e mezzo. Dai Proceedings della
riunione non risultano domande o commenti su quell’intervento. Il pubblico era
eterogeneo e forse impreparato a discutere un argomento non particolarmente
attraente che richiedeva competenze specifiche.
La pubblicazione in lingua norvegese
degli Atti di quella riunione non favorì certo la diffusione della scoperta.
Anche gli altri due articoli che uscirono lo stesso anno erano in norvegese e
solo più tardi i due si decisero a pubblicare in francese (1867) e tedesco
(1879). Come scrisse il chimico e fisico
norvegese Otto Bastiansen (1918 – 1995)
nell’introduzione al libro “The
law of mass action – a centenary volume 1864-1964”, pubblicato da Universitetsforlaget (Oslo) nel 1964 in
occasione del centenario, passarono circa vent’anni perché venisse riconosciuta
l’importanza del lavoro di Guldberg e Waage.
Ricorrendo quest’anno il
centocinquantesimo anniversario della presentazione di quella memoria è
sembrato opportuno ricordarlo anche in Italia, tanto più che tra coloro che contribuirono
in maniera indipendente a risolvere il problema ci fu anche Faustino Malaguti
(1802-1878), con i suoi esperimenti sull’azione reciproca dei sali solubili
(1853).
La manifestazione celebrativa si
è svolta a Roma il 4 novembre, per iniziativa del Gruppo Nazionale di
Fondamenti e Storia della Chimica (GNFSC)
e dell’Accademia Nazionale delle Scienze
detta dei XL.
La relazione centrale della Giornata era
affidata a Sergio Carrà, professore emerito di Chimica Industriale al
Politecnico di Milano e Accademico dei Lincei. Nel suo intervento: “Legge di
azione di massa: dagli albori della Chimica Fisica alla sua estesa rilevanza e
pervasività nella scienza e nella tecnologia”, Carrà ha giustamente
sottolineato che senza nulla togliere a Guldberg e Waage bisogna riconoscere
che la successiva trattazione di Jacobus Henricus van 't Hoff
(1876) rappresenta un salto di qualità
nello studio degli equilibri chimici.
In conseguenza dell’esiguo spazio che la
maggior parte dei docenti riserva alle citazioni storiche, i nomi di Gulberg e
Waage sono purtroppo sconosciuti alla maggior parte degli studenti di chimica e
raramente associati alla legge di azione di massa. Quest’ultima poi è
genericamente presentata come “costante di equilibrio”, senza citarne la
genesi.
Chi vorrà saperne di più potrà consultare gli Atti della Giornata, contenenti anche le
relazioni di Di Meo (affinità), Calascibetta (sintesi dell’ammoniaca), Tifi
(didattica) e di chi scrive (Malaguti). Verranno pubblicati prossimamente sui Rendiconti
dell’Accademia dei XL.