fbpx La guerra fa male alla salute. Anche un anno dopo | Scienza in rete

La guerra fa male alla salute. Anche un anno dopo

Tempo di lettura: 9 mins

A un anno dall’invasione russa dell’Ucraina il previsto impatto sulla salute delle popolazioni coinvolte è stato oggetto di un bilancio disastroso: quasi 10.000 vittime civili, 200.000 soldati uccisi tra uno schieramento e l’altro, ospedali distrutti, milioni di sfollati e rifugiati, soprattutto il degrado di un sistema di assistenza che già non era brillante. «Data la natura prolungata della guerra, è giunto il momento di passare da una risposta di emergenza e reattiva a una pianificazione sanitaria a lungo termine», scrivono su Lancet tre esperti. Ma è la pace il vero determinante di salute.

Crediti immagine: jean louis mazieres/Flickr. Licenza: CC BY-NC-SA 2.0

Dalla miriade di commenti apparsi prima e dopo il 24 febbraio, anniversario dell’invasione dell’Ucraina da parte della Russia, uno sembra raccogliere il maggior consenso: la guerra è entrata in una fase cronica ed è destinata a durare ancora a lungo. Non se ne vede la fine. Tanto che è venuto il momento di passare da una risposta umanitaria estemporanea e sulla base dell’emergenza a una pianificazione a lungo termine degli obiettivi sanitari. Lo sostiene un commento pubblicato dalla rivista Lancet lo scorso 21 febbraio a firma di Paul Spiegel, Pavlo Kovtoniuk e Katarzyna Lewtak, tre osservatori che vantano esperienze importanti sul campo. «Oltre a porre fine al conflitto - scrivono - è necessario prendere provvedimenti per salvaguardare la salute in tutta la regione, non solo per le atrocità di oggi, ma anche per la trasformazione dell'Ucraina e dell'Europa intera che seguirà». Stessi concetti ripresi in un editorialeL’invasione russa dell’Ucraina: un attacco alla salute, entrambi accessibili gratuitamente.

Il profilo di un disastro

L’impatto della guerra sul sistema di salute ucraino già in partenza non tra i migliori della regione europea, è già stato documentato a più riprese, anche su Scienza in rete, ma l’anniversario dell’invasione è stato l’occasione per fare di nuovo il punto sul disastro: al 6 febbraio, l'Ufficio dell'Alto commissario delle Nazioni Unite per i diritti umani registrava 7.155 vittime civili e 11.662 feriti, anche se è probabile che le cifre reali siano più alte. 200.000 soldati di entrambe le parti sono stati uccisi o feriti. Almeno 6 milioni di ucraini sono sfollati interni al Paese e oltre 8 milioni di rifugiati si registrano in Europa.

Secondo il ministero della Sanità ucraino, negli ultimi 11 mesi sono state danneggiate 1.035 strutture mediche, e altre 171 sono state demolite in modo irreparabile, e si stima che saranno necessari 15 miliardi di dollari per potenziare i servizi sanitari essenziali e ripristinare le infrastrutture. A dare un conto preciso dell’attacco deliberato alle strutture e al sistema sanitario ucraino come strategia di guerra russa interviene il rapporto realizzato da un gruppo di organizzazioni non governative: EyeWitness to Atrocities, Insecurity Insight, Media Initiative for Human Rights, Physicians for Human Rights e Ukrainian Healthcare Center e pubblicato nei giorni scorsi.

Il rapporto documenta l'entità degli attacchi ai centri sanitari e al personale dell'Ucraina da parte delle forze russe: nelle prime due settimane dell'invasione, per esempio, ogni giorno sono stati attaccati da quattro a cinque ospedali e cliniche. Al 31 dicembre 2022, si erano verificati 707 attacchi documentati, tra cui danni a 218 ospedali e cliniche (quasi il 9% degli ospedali del Paese), 181 attacchi ad altre strutture sanitarie (come farmacie, centri ematologici, cliniche dentistiche e istituti di ricerca), 65 attacchi alle ambulanze e 86 attacchi al personale medico. Alcuni centri sanitari hanno subito attacchi ripetuti, a conferma che non si è trattato di incidenti, ma di un disegno deliberato: per esempio, l'ospedale di Severodonetsk a Luhansk è stato colpito dieci volte tra marzo e maggio 2022.

Il rapporto conclude che «esiste una base ragionevole per ritenere che gli attacchi al sistema sanitario ucraino costituiscano crimini di guerra e comprendano una condotta che potrebbe potenzialmente costituire anche crimini contro l'umanità».

Naufragio di un sistema sanitario

Ma forse l’impatto peggiore della guerra sulla salute va misurato sul declino complessivo del sistema di assistenza, come avviene per tutti i conflitti ad alta intensità che durano nel tempo. A dispetto degli sforzi degli ucraini, dell'Oms e di altre organizzazioni non governative, sono diverse le aree che hanno visto ridursi la qualità dell'assistenza sanitaria e della fornitura di servizi di salute. Molte strutture non hanno acqua corrente o elettricità: nell'Ucraina orientale, gli ospedali possono fornire solo una piccola parte delle cure essenziali, costringendo i pazienti a percorrere grandi distanze o a non curarsi affatto.

Il ministero della Salute ucraino ha segnalato un forte calo delle vaccinazioni di routine dopo l'invasione. La copertura vaccinale infantile nel 2022 è stata stimata intorno al 60%, con il rischio di diffusione di poliomielite, morbillo, difterite e altre malattie. Sebbene le catene di approvvigionamento di farmaci essenziali riescano a mantenersi e i servizi siano disponibili nelle aree sotto il controllo del governo ucraino, si sa meno di altre regioni sotto il controllo russo, in particolare in termini di accesso alla terapia antiretrovirale e ad altri servizi per l'HIV.

Inoltre, la continuità delle cure per le patologie croniche, tra cui la tubercolosi, il cancro, il diabete e le malattie cardiovascolari, si è forzatamente interrotta, costringendo le persone a pagare di tasca proprio per curarsi, se sono in grado di farlo. Altre sfide sanitarie includono la fornitura di servizi per la salute mentale e la violenza di genere, la riabilitazione per i veterani e i civili colpiti dal conflitto e l'assistenza integrata a lungo termine per gli anziani e le persone con disabilità.

Sfollati e rifugiati

Il governo ucraino, la UE e molti Paesi confinanti con l’Ucraina hanno introdotto una legislazione per affrontare le complesse sfide della fornitura di servizi sanitari e sociali agli ucraini non sfollati e a quelli costretti invece a sfollare in altre zone del Paese o in quelli ospitanti. Il 4 marzo 2022, il Consiglio della UE ha attuato, per la prima volta in assoluto, la Direttiva 2001/55/CE che ha fornito protezione temporanea a tutti gli ucraini in tutti i Paesi UE. La direttiva offre agli ucraini il diritto di residenza e l'accesso al mercato del lavoro, agli alloggi, all'assistenza sociale e all'assistenza sanitaria. Il governo polacco, come quello di altri Paesi tra cui l’Italia, hanno dato seguito a queste indicazioni e in qualche caso approvato una propria legge sull'assistenza ai cittadini ucraini. (Purtroppo: «simili misure di protezione e socioeconomiche offerte dalla UE e dai suoi Stati membri non sono state offerte anche ai richiedenti asilo e ai rifugiati non ucraini che entrano in Europa», fanno comunque notare Spiegel, Kovtoniuk e Lewtak).

I sistemi sanitari dei Paesi che accolgono i rifugiati hanno mostrato una buona capacità di resistenza nell'erogazione dei servizi, aiutati da una popolazione sfollata relativamente sana, composta principalmente da donne e bambini ucraini, che tuttavia hanno comunque importanti esigenze sanitarie, come l'assistenza perinatale. Per esempio, dei 2.230 ucraini ricoverati negli ospedali polacchi dall'inizio della guerra fino al giugno 2022, 1.494 (67%) erano bambini e 578 (26%) donne adulte, tra cui 228 donne con problemi legati alla gravidanza.

Guardando all’Italia più da vicino, i dati del ministero dell’Interno danno conto di 173.000 profughi ucraini giunti nel nostro Paese dall’inizio della guerra, di cui circa 169.000 hanno fatto richiesta di protezione temporanea in base alla direttiva 55/2001. Tra loro ci sono almeno 5.000 minori non accompagnati o comunque giunti in Italia con persone diverse dai propri genitori. Gli arrivi, comunque non si sono fermati: secondo la protezione civile ogni mese entrano in Italia circa 2.000 nuovi rifugiati.

L’Europa ha prorogato la validità della direttiva 2001/55 per un altro anno (anche l’Italia si sta adeguando), tuttavia, nonostante gli sforzi già fatti esistono ancora grandi problemi per quanto riguarda la salute delle persone sfollate e rifugiate. Il 15 febbraio scorso, l'Ufficio delle Nazioni Unite per il Coordinamento degli affari umanitari e l'Agenzia delle Nazioni Unite per i Rifugiati hanno lanciato un appello, insieme a più di 650 partner, cercando di raccogliere almeno 6 miliardi di dollari necessari a contenere i danni per la salute dovuti alla guerra.

Pianificazione sanitaria a lungo termine

Gli esiti della guerra in Ucraina sono gravi e potrebbero peggiorare nei prossimi mesi, incidendo ancora più negativamente sulla salute degli ucraini e forse causando ulteriori sfollamenti e ancora più sofferenza. «Data la natura prolungata della guerra, è giunto il momento di passare da una risposta di emergenza e reattiva a una pianificazione sanitaria a lungo termine e a strategie di risposta, che tengano conto delle questioni umanitarie e di sviluppo. Queste strategie devono garantire flessibilità in base ai diversi contesti (per esempio, aree abbastanza stabili, territori occupati dalle forze russe, aree di conflitto attivo, deflusso o ritorno dei rifugiati) e agli eventi in rapida evoluzione all'interno dell'Ucraina», affermano i tre autori del commento su Lancet.

Il Servizio sanitario nazionale dell'Ucraina (Nhsu) è stato creato nel 2018 come regime di assicurazione sanitaria governativa obbligatoria e la nuova legislazione del 2022 fornisce un quadro giuridico per un sistema sanitario pubblico. Tuttavia, per garantire un'attuazione completa ed estesa, il Nhsu e la relativa legislazione sanitaria richiedono finanziamenti coordinati da parte del governo ucraino e dei donatori, con una rigorosa responsabilità per ridurre la corruzione e gli sprechi. La guerra ha cambiato drasticamente le dimensioni e la demografia della popolazione ucraina. A seconda dell'evoluzione del conflitto e del futuro ritorno dei rifugiati, l'Ucraina potrebbe avere milioni di persone in meno, con una popolazione più anziana e aree rurali spopolate.

«I futuri investimenti di capitale dovrebbero tenere conto di questi fattori e occorre concentrarsi sulla ricostruzione e sull'espansione dell'assistenza sanitaria di base e dei servizi di comunità, piuttosto che sulla ricostruzione di costose infrastrutture ospedaliere», scrivono Spiegel, Kovtoniuk e Lewtak. Oltre all'estensione dello status di protezione temporanea agli sfollati ucraini, sono necessarie strategie a lungo termine nei Paesi vicini. La UE e gli stati membri devono fare i conti con la realtà che gli ucraini risiederanno nei loro Paesi per molto più tempo di quanto inizialmente previsto, aumentando in previsione il carico assistenziale e delle cure dell’intera popolazione presente sui diversi territori nazionali. Soluzioni sostenibili per l'alloggio, l'istruzione, l'occupazione e i servizi sanitari e sociali devono essere sviluppate in modo coordinato e trasparente. In Germania, per esempio, nel 2022, il 63% dei rifugiati ucraini ha dichiarato di voler rimanere per almeno altri 2 anni e il 20% di loro ha un lavoro.

I Paesi ospitanti devono anche considerare le implicazioni di potenziali scenari futuri. Per esempio, dopo la revoca della legge marziale in Ucraina, un'ondata di rimpatri potrebbe essere controbilanciata da un flusso verso Ovest di persone che migrano per ricongiungersi con le loro famiglie, compresi gli operatori sanitari. Alcuni Paesi europei hanno accelerato la legislazione per consentire agli operatori sanitari ucraini di lavorare nei Paesi ospitanti. Il governo polacco, per esempio, ha semplificato le norme per consentire ai medici ucraini di lavorare nelle loro specialità e, entro il dicembre 2022, circa 7.000 medici, infermieri e dentisti ucraini avevano presentato domanda di assunzione e circa 3.000 permessi di lavoro sono stati rilasciati agli operatori sanitari ucraini in Polonia. Il rischio di impoverire ulteriormente l’Ucraina di risorse e competenze umane nazionali come uno degli esiti del conflitto è elevato. All'interno della stessa Ucraina, gli operatori sanitari avrebbero bisogno di maggiori supporti per la salute mentale a causa dei lunghi orari di lavoro, a volte in aree sotto l'occupazione russa.

E domani?

Spiegel, Kovtoniuk e Lewtak spingono la loro analisi fino a proporre modifiche importanti nell’organizzazione non solo dell’Ucraina, ma della stessa Unione Europea. «L'Ucraina e i Paesi della UE devono prendere in considerazione politiche innovative e lungimiranti in materia di personale sanitario, garantendo al contempo che l'Ucraina disponga di una forza lavoro sanitaria adeguata e ben formata dopo la guerra. Le modifiche alla legislazione, l'accettazione da parte delle organizzazioni professionali del settore sanitario e l'adozione di tecnologie informatiche sono alcune soluzioni potenziali», scrivono.

Tuttavia, più la guerra si aggrava e si protrae non solo la pace è difficile e urgente (come dice Edgar Morin nel suo ultimo libro Di guerra in guerra. Dal 1940 all’Ucraina invasa), ma, aggiungiamo noi, necessaria per una sopravvivenza dignitosa e per la salute di tutti. Gli esiti diretti (per esempio quelli dei bombardamenti) e indiretti (per esempio quelli delle sanzioni) di un conflitto ad alta intensità e che si protrae nel tempo intaccano seppur in modo ed entità diversa lo “star bene” dei belligeranti, ma anche dei sostenitori di parte (per esempio con i costi degli aiuti militari). Per la loro complessità, gli esiti di un conflitto li subiscono tutti, fintanto che gli orrori delle guerre si rinnovano nel tempo. Non ci sono quindi né vincitori né vinti, perché la guerra, come la salute, va prevenuta, perché la pace è un determinante della salute.

 

Articoli correlati

Scienza in rete è un giornale senza pubblicità e aperto a tutti per garantire l’indipendenza dell’informazione e il diritto universale alla cittadinanza scientifica. Contribuisci a dar voce alla ricerca sostenendo Scienza in rete. In questo modo, potrai entrare a far parte della nostra comunità e condividere il nostro percorso. Clicca sul pulsante e scegli liberamente quanto donare! Anche una piccola somma è importante. Se vuoi fare una donazione ricorrente, ci consenti di programmare meglio il nostro lavoro e resti comunque libero di interromperla quando credi.


prossimo articolo

Solo il 3,5% delle città europee monitorate ha una buona qualità dell’aria

Inquinamento atmosferico cittadino

Solo 13 città europee tra quelle monitorate su 370 circa rispettano il limite OMS di 5 microgrammi per metro cubo annui di PM2,5. La svedese Uppsala è la prima. Nessuna di queste è italiana. Nonostante la qualità dell'aria e le morti associate sono in continuo calo in Europa, serve fare di più.

Immagine: Uppsala, Lithography by Alexander Nay

La maggior parte delle città europee monitorate non rispetta il nuovo limite dell’OMS del 2021 di 5 microgrammi per metro cubo all’anno di concentrazione di PM2,5. L’esposizione a particolato atmosferico causa accresce il rischio di malattie cardiovascolari, respiratorie, sviluppo di tumori, effetti sul sistema nervoso, effetti sulla gravidanza.