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Ghiacciaio dei Forni: la sofferenza del gigante bianco delle Alpi italiane

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Il ghiacciaio dei Forni, in Alta Valtellina nel cuore del Parco nazionale dello Stelvio, era il più grande ghiacciaio vallivo italiano. Circondato dalla “tredici cime” (nel gruppo Ortles-Cevedale), il ghiacciaio viene monitorato dall’Ottocento, e questo ha permesso ai ricercatori di testimoniare la sua “sofferenza”. Infatti, negli ultimi 150 anni la sua superficie glaciale si è ridotta di più di un terzo e la sua lingua è arretrata di circa 2 km, mentre il suo spessore si è ridotto di circa 70 m negli ultimi 80 anni.

Una catastrofe, per molti versi simile a molti altri ghiacciai, di cui ci parla in questo webinar la professoressa Guglielmina Diolaiuti, del Dipartimento di Scienze e Politiche Ambientali (DESP) dell’Università degli studi di Milano, che lo studia da anni e che insieme ai suoi colleghi ha messo a punto anche nuove tecniche di esperienza immersiva per rendere studenti e pubblico pienamente consapevoli dell’entità e irreparabilità d’un danno da inscrivere ai cambiamenti climatici in atto. Insieme a lei, Roberto Ambrosini, professore di ecologia presso lo stesso Dipartimento, che ci racconta il ghiacciaio come un ecosistema pullulante di vita, e purtroppo sempre più vittime di inquinamento e contaminazioni ambientali, fra le quali le microplastiche.

 


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parete di roccia

Nel cuore delle Alpi, a 2500 metri di quota, si conserva la memoria di un mondo perduto. Pareti quasi verticali di Dolomia Principale, un tipo di roccia sedimentaria, custodiscono migliaia di impronte lasciate 210 milioni di anni fa da dinosauri erbivori che camminavano lungo le rive di un mare tropicale ormai scomparso. Una scoperta eccezionale, avvenuta nel Parco Nazionale dello Stelvio, che apre una finestra senza precedenti sul Triassico europeo e sulla vita sociale dei primi grandi dinosauri.

Prima della formazione delle Alpi, qui esisteva un paesaggio incredibilmente differente. Immaginate una distesa tropicale pianeggiante, lambita dalle acque di un oceano poco profondo e ormai scomparso che oggi chiamiamo Tetide, con un clima che non aveva nulla a che vedere con le vette gelide di oggi. Proprio in questo luogo tanto diverso dall’attualità, 210 milioni di anni fa, il fango soffice ha registrato il passaggio di svariati giganti: si trattava di prosauropodi, dinosauri erbivori dal collo lungo, che si muovevano in branchi lungo le rive di un'antica piattaforma carbonatica.